Dopo l’epoca delle ideologie quella dello spazio? La politica in un mondo più complesso (original) (raw)
Abstract
terzo incontro del ciclo organizzato in collaborazione con Limes – Rivista Italiana di Geopolitica dal titolo “Nuovi orizzonti del pensiero geografico: la geopolitica oggi. Discussione a partire dal documentario ‘Cos’è geopolitica’ di Edoardo Boria”. interventi di: GERMANO DOTTORI, Limes – Rivista Italiana di Geopolitica CARLO GALLI, Università di Bologna FLORIANA GALLUCCIO, Università di Napoli “L’Orientale” MATTEO MARCONI, Sapienza – Università di Roma Modera FRANCO SALVATORI, Presidente emerito Società Geografica Italiana La caduta del muro di Berlino non si è limitata a produrre uno stravolgimento nelle relazioni internazionali, nonostante i cambiamenti fondamentali negli attori principali e nel loro peso specifico. Sottilmente, ma al tempo stesso in maniera inesorabile, si è soprattutto prodotta una frattura nel modo di intendere il rapporto con le categorie fondamentali della politica. Dunque, non soltanto è venuto meno un mondo, ma prima ancora un modo di vederlo e interpretarlo. È entrato in crisi il vecchio mondo delle ideologie e la loro visione indifferente al fatto che la realtà politica si dipana entro un quadro spazio-territoriale e lo subisce. La rinascita della geopolitica, forse non casualmente, è coincisa con l’evidenza che il mondo della politica era molto più complesso di quanto previsto dagli schemi fissi delle ideologie e dalla dittatura della ragione. Se nel vecchio mondo la politica si restringeva a un’opzione ideologica e all’equilibrio relativo tra le potenze, nel nuovo mondo del terzo millennio le certezze dottrinarie sono venute meno, mentre la politica non sembra più riducibile alla sola volontà degli attori di performare il mondo secondo le proprie intenzioni o ragioni. Siamo dunque in una fase di passaggio oppure definitivamente entrati in una nuova era in cui lo spazio rappresenta una modalità attraverso la quale i soggetti politici leggono la realtà e ispirano le proprie azioni? E sarebbe questa una modalità che rende le situazioni più comprensibili agli stessi analisti? Oppure si tratta solo di una moda passeggera, che indica nient’altro che l’incapacità dell’Occidente di produrre nuove grandi narrazioni?
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