Bibbona. Castello, terre e famiglie nel Cinquecento (original) (raw)
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Santa Maria della Pietà di Bibbona tra Cinque e Seicento, 2019
Nell'ultimo decennio del Cinquecento si verificò nel territorio di Bibbona un evento centrale che ne determinò la storia successiva e interessò anche la Santa Maria della Pietà. Ebbe un prologo lontano, sulla montagna pistoiese allorché il 26 maggio 1594 ...
Vibo Valentia tra Cinquecento e Settecento
Il Dispaccio, 2021
Il prestigioso riconoscimento ottenuto da Vibo Valentia, proclamata "Capitale italiana del libro per il 2021" dal ministro della Cultura Dario Franceschini, offre lo spunto per ricordare le descrizioni dell'antica Monteleone fatte da autori di età moderna come Barrio, Mazzella, Marafioti, Fiore, Pacichelli e Alfano. Articolo pubblicato su «Il Dispaccio» del 25 maggio 2021.
Il Castello di Gorizia tra Sei e Settecento
Gorizia Historical Yearbook, 2022
The castle is the symbol of Gorizia in Friuli. Considered an exclusively medieval monument after its reconstruction completed in 1937 following the First World War, the castle nevertheless played a considerable role in the modern age. It carried out three functions: representation of the power of the Habsburg ruler, defense from external (Venetians and French) enemies and detention of criminals. The castle was the official residence of the captain of the County of Gorizia. The archival documents illustrate the renovation and expansion works that gave the monument its almost final shape around 1700, when it mainly lost its military function – but as garrison and prison, the castle of Gorizia remained in use until 1914.
Merlo A. (ed.), Il castello di Pietrabuona, Edizioni ETS, Pisa 2012., 2012
Volume sull'analisi dei processi formativi dell'insediamento alto-medievale di Pietrabuona (Pescia, Pistoia). Nel libro l'autore sintetizza gli esiti di una ricerca pluridisciplinare (i contributi estesi sono racchiusi a loro volta in una pubblicazione digitale a sé stante) all'interno di un più vasto progetto di ricerca sulla Valleriana.
Calabro-valdesi nel Cinquecento
Nel 1517, con 95 tesi Lutero lanciò la Riforma. Le 95 tesi del monaco tedesco contro il traffico delle indulgenze furono affisse alla porta della chiesa del castello di Wittenberg. Si aprì così la dura controversia religiosa con Roma che portò alla Riforma protestante. Furono così tanti i rivolgimenti che presero vita in quel periodo che secondo il Bainton dovrebbe essere considerato il vero momento di transizione dal Medioevo all’età moderna . Cinque secoli fa l’Europa mieté i primi frutti dell’umanesimo, scoprì il ritorno alle fonti originali dei testi sacri e si aprì all’emancipazione spirituale, politica e sociale che la Riforma protestante portò con sé , mentre la Penisola, col supporto del braccio se-colare, subì le chiusure del Concilio di Trento. Benché l’“abbruciamento” di Giovan Luigi Pascale a Roma presso il Ponte di Castel Sant’Angelo il 16 settembre 1560, che anticipò di pochi mesi “l’horrenda Justitia” di migliaia di Calabro-valdesi del giugno 1561, sia lontano centinaia di anni, il lettore si accorgerà che quel sangue cristiano «parla ancora» , per ricordare la necessità di non spegnere i riflettori su una vicenda che appare, salvo l’epilogo cruento, tutt’altro che anacronistica. Questa realtà è ben conosciuta da quelle minoranze etniche e religiose che operano nel territorio italiano e che solo qualche decennio fa furono oggetto di leggi razziali, perfezionate per il popolo pentecostale nella circolare Guido Buffarini Guidi del 1935. Pertanto, non passino inosservate le ultime sentenze del TAR del Lazio in merito al principio del pluralismo, e quella ancora più significativa della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo dove si ricorda che «lo Stato, dopo aver sancito il postulato costituzionale dell’assoluta, inviolabile libertà di coscienza nelle questioni religiose, di professione e di pratica di qualsiasi culto "noto", non può conferire ad una determinata confessione una posizione "dominante"» . All’alba del terzo millennio la vicenda dei Calabro-valdesi aiuta a ricordare che l’Italia deve continuare a percorrere il proprio cammino di legalità costituzionale per-ché la laicità e il pluralismo sono lo spirito, lo stile e le regole della democrazia costituzionale. Lo spirito evangelico e la visione cristiana predicata dalle minoranze contribuì nel recente passato in maniera significativa a fare del popolo italiano una nazione dove condurre «una vita tranquilla e quieta in tutta pietà e dignità», ed è questo il testimone lasciato alle nuove generazioni.