Del sacrificio, in Lettera. Rivista di psicoanalisi e contemporaneità, gennaio 2018. (original) (raw)
Note su Contro il sacrificio. Al di là del fantasma sacrificale di Massimo Recalcati (Cortina 2017) 1. L'uomo è l'animale del sacrificio, l'animale che si sacrifica, che fa cose sacre: sacre perché, innanzitutto, care al Dio. C'è uomo, quindi, dove c'è sacrificio, dove c'è azione sacra, letteralmente: "consacrata a un Dio". Solo l'uomo, infatti, può consacrare qualcosa a un Dio, qualcosa come la sua vita o la vita degli altri esseri viventi. Solo l'uomo può modificarne o sospenderne il corso a vantaggio di un simbolo o di un ideale: la buona e giusta Causa. La lotta antropomorfica per il puro prestigio che Hegel descrive nella celeberrima quarta sezione della sua Fenomenologia dello Spirito è una lotta tra e per i significanti, uno scontro simbolico in cui, chi si attacca alla vita è perduto, indegno. Chi non ha il coraggio di sacrificarla non merita il titolo di "umano" perché umanità significa, qui come altrove (si pensi all'antropologia filosofica tedesca di fine '800 e inizio '900), saper tenere le distanze, le distanze anzitutto dalla vita, dalla vita istintuale e biologica, regno coatto e sciatto del bisogno e delle urgenze fisiologiche. Il signore, futuro proprietario della terra e della coscienza, è colui che non ha paura di morire alla vita per rinascere alla gloria eterna. Il signore è il signore del sacrificio: sacrificio di questa vita in vista di un'altra, ancora a venire ma garantita. Parola di Dio.