"«...in umbilico Oppidi Arone...» ubicazione del Convento della Purificazione di Arona", "Luogo di sepoltura delle Madri della Purificazione" e tavole planimetriche (original) (raw)
Related papers
The aim of this article is a typological approach to a ceramic type which was particularly common among the funerary finds, the flat votive plates. These do not show any distinctive morphological or iconographic element which may allow to any possible, even approximate, dating. Widely attested all over the Etrusco-Italic funerary area for several centuries, with a peak in the Hellenistic period and still during Romanization, the flat plates due to this lack of dating elements can be considered from a typological point of view. Starting from their presence in the Necropoli della Cupa at Vignanello (VT), this survey attempts at a morphological classification of the plates within a pattern which includes different shapes, according to some distinctive features: the rim, more or less round, the brim, more or less bending downwards, the presence or the lack of a distinct foot, the central basin, separate or one with the brim, besides further painted or incised elements. What results is a typological pattern where the different plate shapes can be set, though without any chronological connotation which ought to be detected among the other ceramic evidences of funerary sets. In questa sede si tenta un approccio tipologico per una classe ceramica molto diffusa in ambito funerario come i piattelli piani votivi, i quali per loro natura non presentano particolari elementi morfologici o di apparato iconografico che possano fornirne una datazione, anche approssimativa. Abbondantemente attestati in ambito funerario nell’area etrusco-italica in un periodo plurisecolare, con un picco in età ellenistica senza però scomparire con la romanizzazione, i piattelli votivi piani, proprio a causa della mancanza di particolarità datanti, sono tuttavia approcciabili da un punto di vista tipologico. Prendendo ad esempio la loro presenza nella Necropoli della Cupa di Vignanello (VT), si tenta, in questo contributo un loro inquadramento morfologico all’interno di uno schema che distingue per tipi alcune particolarità delle loro forme: il bordo, più o meno arrotondato, la tesa più o meno ricadente verso il basso, la presenza o la mancanza di un piede distinto sul fondo esterno, la vasca interna separata o meno dalla tesa, oltre ad eventuali caratterizzazioni dipinte o incise. Se ne ricava uno schema tipologico in cui inquadrare le varie forme di piattello, pur senza fornirne connotazioni cronologiche che vanno cercate nelle altre attestazioni ceramiche dei corredi di appartenenza.
L'esercizio della tutela. Restauri tra Modena e Reggio Emilia (1985-1998), a cura di L. Bedini, J. Bentini, A. Mazza, Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Modena e Reggio Emilia, Modena, 1999
Provenienti dalla chiesa esterna delle Monache della Madonna o dell'Assunta, fondata in Modena nel 1607, le due tele appartenevano a un ciclo pittorico nella cappella maggiore, il cui altare innalzava la celebre Assunta di Ludovico Carracci, trasferita alla Galleria Estense nel 1783, a seguio delle soppressioni ducali di vari monasteri. Andarono così disperse le tele a contorno della pala di Ludovico, tutte ascritte a Olivier Dauphin (1634-1683) sin dalla loro prima menzione nel 1714. I due dipinti sono ora nella sagrestia di S. Biagio nel Carmine. Ben s'inseriscono nel catalogo di Dauphin, nipote e collaboratore di Jean Boulanger. Sembra qui allentarsi la nobile misura, d'impronta reniana, che il Boulanger aveva tramandato a Dauphin; a quella classicistica elezione subentra una sintassi più sciolta, espressa da una grande mobilità di pennello, in uno stile fortemente sintetico. La gestualità si fa ampia e appassionata e asseconda il fluire delle emozioni, con una conclamata didascalicità dell'immagine.
The aim of this contribution is to offer a new interpretation of the so-called Bluebeard pediment, originally exposed on the Ur-Parthenon (proto-Parthenon or Archaic Parthenon) of the Athenian Acropolis. My special focus is on the sculptural group on the right. It includes a three-bodied being and a figure in front of it. Having discussed the previous interpretations, I now propose to recognise in Bluebeard a wind, namely Boreas, the North wind, depicted in a specific narrative context, referring to the ancestral past of Archaic Athens: the abduction of the Athenian king Erechtheus’ daughter, Oreithyia. The king’s daughter would be recognisable in the dressed female figure standing in front of the three-bodied being, smaller than this and depicted before her abduction. According to the oldest version of the myth, the abduction took place on the Acropolis, when Oreithyia carried out the role of kanephoros. The identification of the Bluebeard and of Oreithyia is based on comparisons with both iconographic and literary evidence. With the depiction of a famous story from early Athens, linked to the cult of the goddess Athena and related to the cruel central scene of two lions killing a bull, perhaps an allusion to the sacrifices in honour of Erechtheus, and the fight between Nereus and Heracles, Athena’s protégé, a Panathenaic frame was given to the pediment. Such themes were very appropriate to decorate the first great peripteral hexastyle poros temple on the Acropolis, dedicated to the patron goddess of the polis and inaugurated in 566/5 BC to celebrate the foundation of the Great Panathenaea.
Una cupola su colonne. Nuovi elementi per la comprensione di Sant'Agnese in Agone
in "Annali di architettura", 24, 2012, pp. 109-130
Fra gli episodi salienti del Seicento romano la chiesa di Sant'Agnese in piazza Navona è l'architettura che meno si presta a essere interpretata come il frutto del genio assoluto di un unico artista 1 . Nel corso del secolo si sono avvicendati alla guida del cantiere Girolamo e Carlo Rainaldi, Francesco Borromini, poi nuovamente Carlo Rainaldi, insieme a Domenico Castelli, Camillo Arcucci, Francesco Contini, Giovan Battista Mola e Antonio del Grande, seguiti da Alessandro Baratta, Gianlorenzo Bernini, e infine Pietro da Cortona e Ciro Ferri 2 . Ognuno di loro è intervenuto modificando quanto già costruito dai predecessori, sì che la chiesa attuale è l'esito di una sommatoria di progetti interrotti innestati l'uno sull'altro. Numerosi disegni e documenti d'archivio testimoniano come le ricerche dei vari architetti succedutisi nella fabbrica siano state volte soprattutto a conferire un appropriato grado di monumentalità all'esterno (ill. 1) e a definire i piloni di sostegno della cupola (ill. 2). La costante di quest'ultima sono rimaste le otto colonne libere in marmo cottanello rosso, decise fin dal primo momento ed effettivamente collocate in opera nella posizione prevista, ai vertici di un ottagono cupolato intersecato con una croce greca 3 . I piloni retrostanti le colonne, invece, sono uno degli elementi che più portano il segno dei continui mutamenti di progetto. Infatti, al di sopra del rivestimento in marmo del livello inferiore, che dà forma a un invaso ottagonale, si innalzano pennacchi concavi, che configurano una pianta circolare e che non trovano corrispondenza nei piloni sottostanti (ill. 2, 15) 4 . Una pianta inedita ritrovata presso la British Library di Londra consente adesso di gettare nuova luce sulla genesi dell'edificio, sulle prime idee di Borromini per i piloni nel 1653 e sulla loro successiva rielaborazione dopo la sua uscita dal cantiere nel 1657. Attraverso questo disegno rileggeremo le vicende della chiesa per fissarne le tappe fondamentali ed enucleare i temi progettuali di maggiore rilievo.
2009
Sito sul versante mondragonese del monte Crestagalle, a circa 280 m s.l.m., il monastero di Sant'Anna de aquis vivis domina la fascia pedemontana da quel lato, adagiato su un ampio terrazzamento. Il particolare toponimo si deve alla presenza di una sorgente posta nei pressi. Abbandonata all'incuria per molti anni, la struttura è un interessante esempio di complesso monastico medioevale, che ha avuto discreta importanza nel corso dei secoli, giovando di una serie di interventi da parte di fedeli e governanti. Il monastero ha forma quadrangolare ed è scandito da vari corpi di fabbrica, in origine con funzioni diverse. Sebbene ci si trovi, all'attualità, dinanzi ad un rudere imponente, risulta ancora agevole studiare il complesso in termini storico-architettonici.
La redazione di questo contributo è frutto della collaborazione degli autori; si segnala, tuttavia, che M. Amodio ha redatto i paragrafi "Le aree funerarie", "L'impianto planimetrico delle aree funerarie", "Le tipologie tombali" e C. Ebanista i paragrafi "Chiese e santuari rupestri", "L'utilizzo cultuale delle catacombe di S. nella Crypta Neapolitana", "La chiesa rupestre dei santi Donato e Isidoro a Caianello", "La chiesa rupestre di S. Nicola sul Monte Epomeo a Serrara Fontana nell'isola d'Ischia"; le restanti parti sono state elaborate in comune.