Editorial | Editoriale: "Ecclesia orans" 35 (1/2018) (original) (raw)
Il Motu proprio Magnum principium, promulgato da Papa Francesco il 3 settembre 2017, segna un passo importante anche per quanto riguarda gli studi scientifici sulla liturgia e la loro applicazione nella traduzione dei nuovi testi liturgici. In realtà il documento in questione fa un passo indietro per poter procedere più spediti in avanti. In esso, infatti, la mens del Pontefice è chiaramente quella di ritornare al "magnum principium" della Sacrosanctum concilium, ossia a che il popolo possa penetrare il mistero celebrato anche attraverso la traduzione nelle lingue volgari e dunque la comprensione dei testi, come sottolineato al n. 21 della Costituzione liturgica. Ma, ciò che appare ancor più interessante nel Motu proprio di Papa Francesco è la volontà di ritornare al principio secondo il quale «spetta alla competente autorità ecclesiastica territoriale, di cui all'art. 22-2 […] decidere circa l'ammissione e l'estensione della lingua nazionale. Tali decisioni devono essere approvate ossia confermate ("probatis seu confirmatis") dalla Sede Apostolica. La traduzione del testo latino in lingua nazionale da usarsi nella liturgia deve essere approvata ("approbari debet") dalla competente autorità ecclesiastica territoriale di cui sopra» (Sacrosanctum concilium 36).
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