L'Evento dell'Antropocene (original) (raw)

Antropocene. Fine, medium o sintomo dell'uomo? [XXII, 2016 (III)]

Fin dal suo esordio, il termine ‘Antropocene’ si è presentato come un ‘evento’ (secondo la definizione data da Christophe Bonneuil e Jean-Baptiste Fressoz nel loro L’Evénement Anthropocène. La Terre, l’histoire et nous, edito nel 2013 per i tipi Seuil), tanto nel senso di uno shock rispetto all’umanità, quanto per ciò che concerne le risposte provenienti da discipline anche molto distanti tra loro. Coniato dal Nobel per la chimica Paul Crutzen nel 2000, e indicante la supposta era geologica, successiva all’Olocene, in cui l’uomo sarebbe diventato il principale fattore di trasformazione delle condizioni ambientali terrestri, l’Antropocene ha conosciuto negli ultimi quindici anni un enorme successo anche nelle scienze sociali e in filosofia. Se lo strato più superficiale del suo significato è direttamente connesso con il cambiamento climatico indotto dall’industrializzazione, le questioni soggiacenti riguardano, infatti, diversi nodi problematici su cui si è retta e continua a reggersi l’attitudine del pensiero occidentale, nonostante le scosse telluriche ricevute almeno da Nietzsche in poi: in primis l’opposizione tra natura e cultura e, come in un effetto a valanga, l’antropocentrismo, l’etnocentrismo, l’androcentrismo, il prometeismo, la razionalità illuministica, la stessa idea di telos e di storia universale nei suoi rapporti intrinseci con il Neolitico. In ultimo, ciò a cui l’Antropocene sembra chiamare, dagli scienziati naturali fino ai filosofi, agli economisti e alla politica, è la possibilità/necessità di pensare il futuro in quanto tale.