Di alcune edizioni del Viaggio da Venetia al S. Sepolcro sconosciute a Edit16 (spettri, e presunti tali, compresi) (original) (raw)
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Italienisch. Zeitschrift für italienische Sprache und Literatur, 2018
Giorgio Bassani e Gianfranco Rossi nascono entrambi a Ferrara, e qui vivono la loro prima giovinezza, tra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento. Sono cugini, e si frequentano con una certa assiduità. Il più giovane, Rossi, è costretto a rifugiarsi in Svizzera insieme alla famiglia, mentre Bassani prende altre vie di fuga. Non vi sarà mai un riavvicinamento: la biografia bassaniana non si sovrapporrà mai a quella oscura, provinciale, del più giovane cugino. Rossi torna a Ferrara dopo la guerra, e qui e nei dintorni insegna in varie scuole superiori, scrive di cinema, e a partire dal 1953 inizia la sua carriera di narratore. Pubblica alcune «storiacce», come lo stesso autore ama definirle, racconti in cui l'elemento erotico è prevalente. 1 Il successivo riavvicinamento alla religione ebraica significa per Rossi un processo di sublimazione che lo porta dalla prosa alla poesia. 2 L'ultima sua fase letteraria è tuttavia un ritorno alle «storiacce». 3 In mezzo vi è la parentesi della «trilogia ferrarese», costituita dai romanzi Gli spettatori dimenticati, Puttaneggiar coi regi e Conversazioni con il silenzio della prima metà degli anni Novanta. 4 Questa cosiddetta «trilogia» è a dire il vero un raggruppamento alquanto debole, o almeno lo è se si considerano i dati macrostrutturali. Ne Gli spettatori dimenticati vi è un continuo andirivieni, per scene, tra il presente dell'io narrante e il passato; il secondo si concentra su un personaggio isolato, punto focale e insieme di visione del mondo romanzesco; il terzo, infine, è un romanzo a più voci, in cui i destini di diversi personaggi più che intrecciarsi si costeggiano, collegati il più delle volte soltanto dal reciproco vedersi. Fanno superficialmente parte di una 'trilogia' per l'ambientazione spaziale e temporale che condividono, la Ferrara degli anni del fascismo, ma più profondamente perché, come in una complessa architettura sinfonica, personaggi, scene e perfino locuzioni isolate riemergono di continuo nelle tre opere, legandole insieme, ma in sottotraccia. The novel 'Puttaneggiar coi regi' by Gianfranco Rossi constitutes an evident re-narration of Giorgio Bassani's masterpiece 'Gli occiali d'oro'. This article attempts to reconstruct the strategies of this dialectic process of ré-écriture. Rossi places the protagonist in a social sphere which is more complex compared to Bassani's. Furthermore, the doctor in Rossi's novel shows a more ambivalent attitude towards fascism: such attributes as Jewishness or homosexuality, seen as bad in the Ferrara Society, are described more as personal signs of diversity and less as in Bassani, as criticized generally by society. However, both authors work in a similar manner towards their shard intent of showing their protagonist as exemplary scapegoat and the tragedy of fascism in a provincial city.
Antichi versi popolareggianti tra Venezia e Padova (pre-print)
rò più. Non è più tempo per me di fare altre ricerche, ma di pensare a pubblicare quello che ho raccolto: ho 71 anno, e in dicembre ho dovuto sottopormi a una grave operazione chirurgica allo stomaco, onde mi considero un sopravvissuto. Ho ormai ripreso a lavorare come prima, e specialmente all'edizione e al commento dei P. Sposi per il centro manzoniano di Milano: saranno tre grossi volumi. Gradisca i miei più cordiali saluti e m'abbia Suo dev. mo M. Barbi Cartolina postale. Indirizzo: Alla signora | prof. Renata Krandel | Viale P. e Umberto 8 | Udine. Timbro postale: Firenze | 23-24 | 5.IV | 38.XVI. VITTORIO FORMENTIN ANTICHI VERSI POPOLAREGGIANTI TRA VENEZIA E PADOVA * 1. A proposito dell'uso antico della consonanza atona Come ci sono fenomeni di carsismo linguistico così ci sono fenomeni di carsismo letterario: nell'un caso e nell'altro forme e modelli documentati (per lo più parcamente) in un certo momento della storia di una comunità si sottraggono ad un tratto alla vista per riapparire, vitali e rigogliosi, dopo un periodo di per le utili indicazioni che mi hanno dato. Userò le abbreviazioni seguenti: BALDUINO = Rimatori veneti del Quattrocento, a cura di A. BALDUINO, Padova, Clesp, 1980 (alle pp. 24-67 sono pubblicate 12 canzonette del Giustinian secondo il testo «provvisoriamente fissato» da A. E. Quaglio); BARBI = M. BARBI, Poesia popolare italiana. Studi e proposte, Firenze, Sansoni, 1939; BELLETTI = G. C. BELLETTI, Sui mss. 7.1.32 della Biblioteca Capitolare Colombina di Siviglia e Vaticano Barberiniano Latino 3953: accertamenti a proposito del testo del Canzoniere di Nicolò de' Rossi, in Omaggio a Camillo Guerrieri-Crocetti, Genova, Fratelli Bozzi, 1971, pp. 61-95; BOERIO = G. BOERIO, Dizionario del dialetto veneziano, Venezia, Tipogr. Cecchini, 1856 2 ; BRIQUET = C. M. BRIQUET, Les Filigranes. Dictionnaire historique des marques du papier dès leur apparition vers 1282 jusqu'en 1600, Genève, Jullien, 1907; BRUGNOLO I = F. BRUGNOLO, Il Canzoniere di Nicolò de' Rossi. I. Introduzione, testo e glossario, Padova, Antenore, 1974; BRUGNOLO II = F. BRUGNOLO, Il Canzoniere di Nicolò de' Rossi. II. Lingua, tecnica, cultura poetica, Padova, Antenore, 1977; BRUGNOLO, Meandri = F. BRUGNOLO, Meandri. Studi sulla lirica veneta e italiana settentrionale del Due-Trecento, Roma-Padova, Antenore, 2010; CASINI = T. CASINI, Da un repertorio giullaresco, in Studî di poesia antica, Città di Castello, Lapi, 1914, pp. 117-275; CIAN = V. CIAN, Ballate e strambotti del sec. XV tratti da un codice trevisano, «Giornale storico della letteratura italiana», 4, 1884, pp. 1-55; CIRESE = A. M. CIRESE, Ragioni metriche. Versificazione e tradizioni orali, Palermo, Sellerio, 1988; Corpus TLIO = banca di dati dell'italiano antico, consultabile in rete all'indirizzo www.vocabolario.org; D'ANCONA = Strambotti di Leonardo Giustiniani, in A. D'ANCONA, La poesia popolare italiana, Livorno, Giusti, 1906 2 , pp. 543-561; FERRARI = S. FERRARI, Una raccolta di strambotti e rispetti dei secoli XIV e XV, «Biblioteca di letteratura popolare italiana», 1, 1882, pp. 65-128; MORPURGO = S. MORPUR-GO, Canzonette e strambotti in un codice veneto del secolo XV (Marciano it., cl. IX, n. 346),
Del Convivio e del perché Bartolo da Sassoferrato non lo conoscesse
Forum Italicum: A Journal of Italian Studies
Il contributo porta avanti l’analisi della repetitio alla lex si ut proponitis del dodicesimo libro del Codice del giurista Bartolo da Sassoferrato dedicata alla dignitas e alla nobilitas. Si dimostra, con elementi interni al testo, che Bartolo conosceva la canzone Le dolci rime d’amore ch’io solea, che commenta minuziosamente nel suo approfondimento giuridico (repetitio), ma che non conosceva il Convivio. Giunto a discutere la seconda delle opiniones in materia di nobiltà che Dante espone nella canzone Le dolci rime, Bartolo interpreta erroneamente il verso che recita “e altri fue di più lieve savere / che tal detto rivolse / e l’ultima particula ne tolse” dimostrando di non conoscere l’auto-commento che Dante fa della canzone medesima nel quarto libro del Convivio. Il volgarizzamento procurato da Lapo da Castiglionchio nella seconda metà del Trecento, fedelissimo al dettato latino della repetitio ci fornisce una controprova di questa posizione critica.
Noterella sulle edizioni dell'ode pariniana "A Silvia
2016
Tra i testimoni dell’ode pariniana “A Silvia”, il piu autorevole, individuato da Dante Isella (e confermato come tale da Franco Longoni e Mirella D’Ettorre, successivi editori dell’opera), e un opuscolo privo del nome dell’autore le cui lezioni sono piu corrette dell’esemplare comasco ritenuto l’editio princeps. I due testimoni, benche tipograficamente simili, non furono tuttavia stampati dallo stesso tipografo – come ritiene Isella – dal momento che il primo e identico a un esemplare dell’ode “Alla Musa”, stampato a Milano e conservato presso la Biblioteca Ambrosiana. A short note about the editions of the Parini’s ode “A Silvia”The most authoritative text of Parini’s ode A Silvia has been identified by Dante Isella, then confimed by Franco Longoni and Mirella D’Ettorre. It is an opuscule whose text is considered more correct than the one published in Como, considered the editio princeps. The two opuscules are typographically similar, although published by different printers: the ...
Francesco Negri e le edizioni della sua opera Viaggio Settentrionale
Francesco Negri e le edizioni della sua opera Viaggio settentrionale "Mi stimolò sempre fin dai primi anni il genio curioso inseritomi dalla natura a far qualche gran viaggio per osservar la varietà di questo bel mondo"j, inizia così 1'avvertenza "A chi legge" posta dal sacerdote ravennate Francesco N egri (1623-1698) all'opera Viaggio Settentrionale, pubblicata postuma nel 1700 e narrante il suo viaggio in Scandinavia. Poco oltre egli cita un pensiero di S. Basilio Magno, secondo il quale il mondo è come un libro dove ogni foglio mostra la gloria di Dio, e aggiunge "[ ... ] però risolsi, poiché io non mi conosceva abile a legger tutto questo gran volume, di leggerne almeno un foglio,,2. Ma se il foglio che Negri poteva leggere di questo libro era uno solo, allora esso doveva almeno essere "il più curioso e meno praticato da altri,,3 e così scelse la Scandinavia motivando la preferenza data a questa parte del mondo con le seguenti ragioni. La Scandinavia si estende fino alla zona glaciale, dove la notte è continua per due mesi e il giorno per altri due, dove a causa del freddo non può crescervi nessun frutto, ma dove, nonostante tutto ciò, vivono delle persone. Paese straordinario, e degno, quindi, di essere visitato e studiato, eppure finora trascurato dagli esploratori di cui mancano resoconti oculari perché, nota con rammarico Negri, gli europei preferiscono osservare il lontano Oriente o il Nuovo Mondo tralasciando di conoscere proprio quello che è a loro più vicino. Riguardo ad un tale comportamento degli europei, considerato stranamente anomalo dal nostro candido autore, si potrebbe controbattere con la citazione da Plini0 4 , che egli stesso riporta molto più avanti nella sua opera, cioè che i più: "lucri, non scientiae causa navigant".5
Venezia e il mondo jacopeo-compostellano in De peregrinatione, pp. 725-746, Spolaore
De peregrinatione Studi in onore di Paolo Caucci von Saucken, 2016
Venezia e il mondo jacopeo-compostellano La mappatura in un determinato territorio delle tracce di culto jacopeo, in termini di edifici di culto, di ospitali e di associazioni confraternali dedicati a Giacomo, di testi liturgici che ne registrano la memoria, di presenza di reliquie ed altro rappresenta la premessa indispensabile di un percorso di ricerca finalizzato a individuare le tracce di culti di pellegrinaggio. L’identificazione di luoghi di culto dedicati a san Giacomo, rappresenta però una condizione necessaria, ma non sufficiente per identificare segni di pellegrinaggio. Come è noto, non vi è infatti un rapporto biunivoco tra il culto di un Santo ed il pellegrinaggio; se il movimento di popolo verso un luogo presuppone l’esistenza in quello stesso luogo di un culto, di una storia devozionale che lo ha sacralizzato, l’esistenza di un luogo sacro non comporta necessariamente un movimento di popolo verso di esso. La ricerca di tracce dell’epopea dei grandi pellegrinaggi, romei, compostellani o gerosolimitani che fossero, deve orientarsi pertanto ad individuare sia le tracce del patrimonio devozionale del Santo (la dimensione verticale del pellegrinaggio espressa in termini di fisionomia liturgica, patrimonio reliquiario, edifici di culto allo stesso Santo dedicati etc.), sia le tracce della dimensione orizzontale del pellegrinaggio (in termini di rete di supporto al pellegrino: monasteri, ospitali, rete viaria, etc.). Nel caso del culto jacopeo, oltre alla nota complessità degli studi agiorafici, vi sono peculiari criticità determinate dalla figura di questo Santo, cosi come emerge dalle sacre fonti e dai testi dei padri della Chiesa, nei quali ritroviamo tra l’altro più figure di Giacomo. Questo 726 PAOLO SPOLAORE fatto diede origine, fin dall’inizio, a differenti culti jacopei, con differenze di caratteri e storia devozionale tra Chiese orientali e Chiesa latina e successive contaminazioni tra le diverse figure di Giacomo. Nella stessa Chiesa occidentale il patrimonio devozionale jacopeo non si esaurisce nel patrimonio devozionale compostellano, non solo, ma la stessa figura di Giacomo il Maggiore, assume nei secoli volti differenti, con ovvi riflessi sulla sua rappresentazione e sui profili devozionali. Queste dimensioni di complessità assumono, come atteso, particolare rilievo in una città come Venezia che, fin dalle origini, è sempre stata anello di congiunzione tra Oriente e Occidente e snodo strategico delle grandi vie di pellegrinaggio, in ispecie nel periodo aureo dei pellegrinaggi compostellani. Non ci si può che limitare pertanto, in questo ambito, a descrivere le tracce che “dall’alto” sembrano cariche di suggestioni circa possibili rapporti tra il mondo devozionale jacopeo-compostellano e Venezia, nella prospettiva di approfondimenti successivi. Si tratta di segni i cui contorni si fanno via via più marcati dall’inizio del secondo millennio, anche se qualche tenue bagliore sembra venire pure dai secoli precedenti. La loro lettura-interpretazione non può che avvenire alla luce delle rispettive situazioni politiche, che, ovviamente, mutano con lo scorrere dei secoli. Il lungo arco temporale considerato è stato pertanto, suddiviso sommariamente in alcune grandi fasi storiche: 1. Fase precedente l’“inventio” del sepolcro in Galizia 2. Origini del culto di pellegrinaggio compostellano 3. Apogeo del culto compostellano (sec XII-XIII) 4. Basso medioevo e inizio età moderna. Si è tentato poi di appaiare in ciascuna di queste fasi contesti politici lontani come quelli ispanico e dell’area lagunare veneta e infine di collocare e provare a leggere in tali contesti le tracce osservate.
2018
Intervento presentato al Seminario "Attraverso la Storia" organizzato dalla Società Italiana per la Storia dell'Età Moderna (SISEM) a Bologna nei giorni 24-26 novembre 2016. Si prendono in esame alcune memorie di viaggio dei pochi viaggiatori passati per i Presìdi di Toscana nel XVIII secolo. Queste descrizioni e informazioni che i diari di viaggio ci concedono possono quindi essere confrontate e incrociate con i documenti di archivio e restituirci così un quadro esaustivo dei luoghi presi in esame. I Presìdi di Toscana erano un territorio di proprietà personale del re di Napoli a partire dalla loro riconquista nel 1734, nell'ambito della guerra di successione polacca, e restarono tali fino al 1796, anno in cui vennero inglobati nel demanio del regno. Quanto, dunque, questo territorio era "napoletano" agli occhi dei viaggiatori? Può essere considerato una "porta" del regno, seppur lontana e figurata?