La tradizione indiretta della lirica trobadorica (original) (raw)
Related papers
La tradizione extravagante della lirica trobadorica
La littérature occitane médiévale dans sa tradition manuscrite, 2024
viella libreria editrice via delle Alpi 32 I-00198 ROMA tel. 06 84 17 75 8 fax 06 85 35 39 60 www.viella.it Publié avec le soutien du Fonds national suisse de la recherche scientifique Cet ouvrage est couvert par une licence CC-BY-NC-ND Bibliographie Index des noms Index des textes anciens Index des textes des troubadours Index des manuscrits et des imprimés paolo di luCa La tradizione extravagante della lirica trobadorica (le tracce): ricognizione e prospettive di ricerca 1. Per la definizione di un corpus di riferimento La lirica trobadorica ha avuto come veicolo privilegiato e quasi esclusivo di diffusione la forma-canzoniere. 1 La cosiddetta tradizione extravagante o dispersa, ossia tipica di componimenti trasmessi al di fuori di sillogi organizzate, riveste un carattere di eccezionalità, interessando una percentuale minima del corpus conservato. Tuttavia, essa risulta di grande interesse proprio perché spesso si oppone alla tradizione canzonieresca da un punto di vista codicologico, ecdotico, linguistico e letterario, e può fornire preziose informazioni di ordine storico-culturale sulla circolazione della poesia occitana al di fuori dei modi e dei confini noti. Gli studi dedicati all'argomento si limitano all'analisi di singoli testi trasmessi in maniera extravagante, mentre manca una visione di insieme del fenomeno e, ancora prima, un corpus di riferimento definito. L'operazione non si rivela semplice, per due motivi: la tipologia dei reperti è estremamente varia; il loro affioramento è stato continuo e costante, specie negli ultimi anni. In merito al primo punto, ad esempio, la trasmissione non canonica della lirica trobadorica può includere, oltre alle trascrizioni avventizie, componimenti diffusi all'interno di canzonieri e manoscritti non occitani, o interessati da tradizione indiretta. 3 Rispetto al secondo, la frequente scoperta di nuove acquisizioni impone alla ricerca in quest'ambito un carattere programmaticamente aperto, e conferma quanto affermato da Alfredo Stussi per la poesia italiana antica: mentre è tanto desiderabile quanto improbabile la scoperta di nuovi canzonieri […], allargamenti del corpus […] possono realizzarsi […] scoprendo o presenze sporadiche mimetizzate in sillogi recenziori, o frammenti, o testi conservati nella forma della traccia. 4
Il canone della lirica non amorosa trobadorica alla luche della critica esterna
2020
Gli studi di provenzalistica che negli ultimi anni si sono realizzati nel campo della cosiddetta "filologia di canzoniere" 1 hanno condotto a risultati di grande rilievo, talora fornendo dati utili a ridiscutere l'immagine della tradizione manoscritta, la quale, come è ampiamente noto, si è andata costruendo seguendo la linea che unisce a quasi un secolo di distanza i pionieristici studi di Gröber e la sistemazione proposta da Avalle. Tali lavori monografici, dedicati allo studio dei singoli canzonieri, hanno il merito di evidenziare elementi spesso obliterati nel lavoro di edizione critica; fra questi, l'analisi delle partizioni interne e delle seriazioni testuali rivestono un grande interesse, che in certi casi può riverberarsi anche sul piano propriamente stemmatico. 2 L'analisi delle fonti di un canzoniere, ad esempio, può giovarsi di una duplice verifica, sia interna, sia esterna, ossia derivante dall'analisi delle sequenze di testi per determinati autori. Un altro asse tematico che si è rivelato particolarmente fecondo negli ultimi trent'anni riguarda il concetto di canone, che, quando applicato alla lirica dei trovatori, ha talora toccato questioni inerenti la tradizione manoscritta. 3 Il punto di partenza, com'è prevedibile, riguarda appunto i canzonieri: siccome l'allestimento di una silloge lirica implica sempre un processo-o, meglio, una giustapposizione di più processi-di selezione e ordinamento, ciò implica l'adozione di un canone, più o meno esplicito, che agisce come principio ordinatore così come accade con le moderne antologie. Certo non bisogna sovrastimare il portato ideologico delle operazioni di allestitori e copisti medievali, poiché le possibilità selettive che essi avevano a disposizione dipendevano dalla reperibilità del-SIMONE MARCENARO
La lirica trobadorica nella Toscana del Duecento: canali e forme della diffusione
Coniugando i dati provenienti dallo studio della tradizione manoscritta a quelli desumibili dall’analisi di testi particolarmente significativi, questo articolo traccia un profilo critico delle modalità con le quali la tradizione manoscritta trobadorica si è diffusa in area toscana nel corso del Duecento. Si individua cosí un canale di accesso privilegiato alla regione attivo almeno dagli anni Sessanta del XIII secolo in corrispondenza dell’asse Monferrato-Genova-Malaspina. In relazione a questo itinerario fondamentale si definiscono inoltre le tracce di tradizioni minoritarie e si individua un ancora piú antico sostrato di produzione trobadorica legata a quest’area.
L'Analisi semiometrica della lirica trobadorica
Il presente lavoro intende ad unire al livello interdisciplinare la metodologia statistica e linguistica a scopo di disambiguare la semantica delle co-occorrenze delle forme ambigue estratti da un Corpus lirico dei testi provenzali medievali. Per effettuare tale analisi sono stati applicati i metodi di semiometria che rappresentano un approccio indispensabile per poter mettere al confronto i dati statistici ottenuti dopo l’estrazione, con i risultati dello studio strettamente linguistico. La semiometria offre la possibilità di misurare i dati applicando le conoscenze di statistica e matematica ed usa approcci simili all’analisi psicometrica e biometrica. Nello stesso tempo è molto impiegata nelle ricerche su marketing e in Text Mining.
La posizione del manoscritto Didot nella tradizione della lirica trobadorica
2013
Fra i testimoni stravaganti della lirica trobadorica 1 figura il ms. Paris, Bibliothèque nationale de France, nouv. acq. fr. 4232, chiamato comunemente manoscritto Didot dal cognome del libraio che lo acquistò alla fine del secolo XIX e noto soprattutto per essere l'unico relatore della gesta occitana Daurel et Beton. Si tratta di un codice miscellaneo cartaceo (ad eccezione delle carte 14r-17v, che sono pergamenacee) di mm. 205x104, copiato nel tolosano da copisti guasconi nel secolo XIV 2 . Relatore di opere molto eterogenee, con una preponderanza di testi religiosi in versi 3 , sembra essere stato composto in fasi e luoghi distinti per accumulo non sistematico di materiali testuali, come testimoniano: il considerevole numero di mani che lo ha esemplato (almeno dodici); la presenza di un colofone e altre annotazioni cronologiche che ne certificano l'accrescimento progressivo e la sua circolazione geografica 4 ; la patina linguistica guascone che permea in maniera disomogenea le varie opere 5 . 1. Sulle dinamiche e sulle particolarità della tradizione stravagante nella lirica medievale si veda, da ultimo, C. Di Girolamo, Un testimone siciliano di 'Reis glorios' e una riflessione sulla tradizione stravagante, « Cultura Neolatina », lxx 2010, pp. 7-44. 2. Per una descrizione esaustiva del codice si rimanda a P. Meyer, Daurel et Beton, giunge W.P. Shepard, La Passion provençale du manuscrit Didot: mystère du XIV e siècle, Paris, Champion, 1928, pp. x-xi. 5. Si veda Meyer, op. cit., p. lxxii. C. Chabaneau, recensione a M. Sepet, La passion du Saveur, mystère provençal du XIII e siècle, « L'union », 28 mars 1880, in « Revue des Langues Romanes », xvii 1880, pp. 301-5, a p. 302, e Le role de sainte Marie Madeleine dans le mystère provençal de la Passion, « Revue des Langues Romanes », xxviii 1885, pp. 5-23 e 53-65, a p. 5 n. 1, afferma che la lingua del codice non è affato pura e la identifica col linguadociano, « écrit seulement […] dans le voisinage des pays gascons »; nello specifico dei guasconismi, concorda con Meyer nel rilevare che non tutte le opere del ms. ne sono provviste nella medesima quantità. Il Mistero della Passione, in particolare, è stato ricondotto al dominio linguisitico catalano da numerosi studiosi (si veda, da ultimo, S. Asperti, Flamenca e dintorni. Considerazioni sui rapporti tra Occitania e Catalogna nel XIV secolo, « Cultura Neolatina », xlv 1985, pp. 59-103, alle pp. 91-93, con pregevole ricostruzione del dibattito critico) che hanno cosí confutato il risultato dell'analisi liguistica di Shepard, op. cit., pp. xxii-xxvii., il quale, pur rilevando la presenza di numerosi catalanismi, identifica la lingua dell'opera col gallo-romanzo meridionale. Asperti, art. cit., p. 93, opera una felice sintesi di queste posizioni, collocando il Mistero della Passione in quella zona letteraria
Fortuna e tradizione della poesia oraziana in area trobadorica
Le acquisizioni di cui si darà conto in questa comunicazione sono costituite da alcuni dei risultati di una ricerca rivolta allo studio della diffusione e della conoscenza dell'opera latina di Orazio nel Midi francese tra X e XII secolo, quale premessa all'indagine sulla sua possibile conoscenza da parte dei trovatori, almeno delle prime generazioni 1 . L'indagine del rapporto tra Orazio e i trovatori, però, ha mostrato da subito di non potersi condurre agevolmente attraverso la ricerca, nel corpus lirico occitanico, di più o meno esplicite citazioni oraziane: esse ben di rado si mostravano prive di incertezze e ambiguità, non consentendo di condurre il lavoro con metodica sistematicità 2 . Si è perciò ritenuto più opportuno intraprendere la quête per altra 1 Data l'ampiezza del tema, mi limiterò qui a tratteggiare solo le linee guida di questa ricerca e a sintetizzarne alcune delle conclusioni, rimandando complessivamente -per i dati a sostegno e le argomentazioni più minute -ad alcuni miei lavori precedenti o di prossima pubblicazione: M. BERNARDI, Orazio e i trovatori: le glosse provenzali del ms. Par. lat. 7979, in «Critica del testo», 10 (2007), pp. 201-234, ID., L'Orazio Par. Lat. 7979 e la formazione dei trovatori, in «Critica del testo», 13 (2010), pp. 25-65 e ID., Elementi di discontinuità nella tradizione manoscritta e nella fortuna medievale d'area francese (X-XII secolo) dell'opera di Orazio, in «Giornale italiano di filologia», 60 (2008), pp. 105-169; la trattazione completa del tema è l'oggetto della mia tesi di dottorato in Filologia Romanza, dal titolo Orazio e i trovatori. La tradizione manoscritta francese di Orazio tra X-XII secolo e le postille occitaniche del codice Par. lat. 7979, discussa il 23 febbraio 2010 presso l'Università degli Studi di Perugia, relatore prof. Carlo Pulsoni.
Su alcuni snodi nella tradizione della poesia trobadorica alla fine del XII secolo
Carte Romanze. Rivista di Filologia e Linguistica Romanze dalle Origini al Rinascimento, 2014
SU ALCUNI SNODI NELLA TRADIZIONE DELLA POESIA TROBADORICA ALLA FINE DEL XII SECOLO 1. PREMESSA ome è indicato da Viel nell'introduzione al suo contributo, la sovrapposizione tra la "stemmatica dei canzonieri" 1 della lirica occitanica e le risultanze della critica testuale mette in luce, anzitutto, un primo dato macroscopico, che è quello di una differente distribuzione dei materiali in rapporto alla diacronia. Il canone (com'è prospettato in Avalle 1993: 102) conosce, cioè, slittamenti di qualche rilievo qualora si indaghino i corpora di autori appartenenti a generazioni trobadoriche diverse da quella di Peire Vidal, come Giraut de Bornelh, Peire d'Alvernhe e Marcabru. Ma non solo: se dal punto di vista geografico non paiono esservi alternative alla bipartizione della tradizione nei due rami orientale e occidentale, 2 la distribuzione dei materiali nei canzonieri evidenzia, in casi finora isolati, analoghe dinamiche di tradizione nella produzione di tro-1 È stato Roncaglia 1991: 38 a proporre, per la lirica occitanica, una «stemmatique génerale des chansonniers» che si possa affiancare, con rilevanza ecdotica, alla stemmatica dei singoli componimenti lirici. 2 L'esistenza della "terza tradizione" indicata nel canone avalliano è stata messa in discussione in Barbieri 2006; sulla stessa linea argomentativa (l'idea di una confluenza di fonti, invece di una tradizione vera e propria) si è quindi collocato Resconi 2011. Seppure, poi, sia stato possibile formulare ipotesi sulle caratteristiche linguistiche del pittavino-a partire dalle ricerche di Avalle, anzitutto, cf. Avalle-Monterosso 1965, e poi delle indicazioni offerte in Guglielmo IX (Pasero) e, piú recentemente, in Viel 2014-non esiste, come ha ricordato Maria Luisa Meneghetti nel dibattito successivo alla recente tavola rotonda occitanica del convegno Anomalie, residui e riusi nelle tradizioni liriche romanze medievali, un esemplare manoscritto pittavino-aquitano, proveniente cioè dall'area di propulsione originaria della lirica occitanica: i pochi materiali che, ragionevolmente, si può immaginare non abbiano mai lasciato la Provenza per l'Italia (cf. qui, infra, la serie Ca + R per Bertran de Born) mostrano inevitabilmente una facies meridionale. C brought to you by CORE View metadata, citation and similar papers at core.ac.uk provided by AIR Universita degli studi di Milano
Critica delle microvarianti nella tradizione della lirica italiana delle Origini
Filologia italiana, 2017
Secondo il cosiddetto «metodo lachmanniano», l’editore critico deve dimostrare la parentela tra i testimoni unicamente sulla base degl errori congiuntivi. Tuttavia, nel caso in cui questi scarseggino o manchino del tutto, è possibile che la classificazione tenga conto anche delle varianti formali («microvarianti») e più in generale delle varianti di possibile origine indipendente. Tali varianti, data la loro natura poligenetica, di norma vengono escluse dal novero delle innovazioni significative. Ciò non significa però che, ai fini dello studio della storia di un testo, siano superflue. Lo scopo del saggio è quello di dimostrare come esse possano contribuire a rafforzare la plausibilità di ipotesi ricostruttive basate prevalentemente su elementi indiziarî. Un esempio è fornito dalla tradizione della ballata Fresca rosa novella di Guido Cavalcanti. L’analisi delle «microvarianti» presenti nella tradizione permette di corroborare l’ipotesi che il canzoniere Chigiano abbia contaminato la lezione della sua fonte principale con quella di un manoscritto particolarmente autorevole, probabilmente vicino al canzoniere Vaticano. According to the so-called «Lachmann’s method», the relationship among the manuscripts can be demonstrated only on the presence of conjunctive errors. Nevertheless, in the event that conjunctive errors are few or entirely absent, it is possible that the classification takes into account formal variants («micro-variants») or, more broadly, variants that may have occurred independently. Variants of this kind are usually regarded as polygenetic, and excluded from the notion of significant innovations. This does not mean that they are altogether useless to study the history of the transmission of a text. This article aims at demonstrating that micro-variants may help to increase the plausibility of classification hypotheses essentially based on circumstantial evidence. An example of this is given by the textual transmission of Cavalcanti’s ballata Fresca rosa novella. The analysis of the microvariants attested in the manuscript tradition serves to corroborate the view that the Canzoniere Chigiano «contaminated» the reading of its main source with that of a very authoritative manuscript, probably similar to the Vatican Canzoniere.