La vera mostra del fascismo. "Arte contro la barbarie" a Roma nel 1944 (original) (raw)


The Venice Biennale provides many an interesting, and sometimes contradictory array of issues linked to the history of exhibitions, curating, and the importance of display. This paper focuses on the early edition of 1903. Contrary to earlier Biennali in which sections were organised by nationality, in 1903 the rules of the game were slightly changed: in addition to regional sections as well as ‘international’ sections, the General Secretary Antonio Fradeletto decided to have one star show centring on modern portraiture whilst allowing Italian decorative arts for the first time. This paper focuses the ‘Sala del Ritratto Moderno’ (or 'Room of Modern Portraiture') both as an exhibition strategy and an act of curation. I analyse in particular Fradeletto’s choice of artists, the decoration of the room and the critical perspective provided in the catalogue to see how the Sala conveyed more than meets the eye. By mostly using unpublished archival sources (ASAC), I aim to restore some ‘historical density’, to borrow Lawrence Alloway’s terminology, to the curatorial and strategic history of the early Venice Biennale.

Lo studio, di cui sono parte integrante i testi introduttivi alle otto sezioni tematiche in catalogo, propone un'organica rilettura dell'attività del pittore e scultore perugino Romeo Mancini (1917-2003). Sulla scorta di un'attenta analisi delle fonti e delle carte d'archivio, ne approfondisce così il ruolo non solo nel contesto locale - in particolare, nel vivace clima culturale che nella Perugia di Aldo Capitini profitta di un aperto e libero confronto tra artisti e intellettuali (tra cui Lionello Venturi, Bruno Zevi e Walter Binni) - ma anche nelle più ampie dinamiche del dibattito artistico e politico nell'Italia del secondo dopoguerra. Profondamente partecipe di quel senso etico e politico del fare arte che matura negli anni della ricostruzione, Mancini aggiorna presto il suo linguaggio sulla lezione dei maestri francesi, da Cézanne ai neocubisti, approfonditi anche grazie a un viaggio in Francia, in una serrata ricerca condotta insieme ai vecchi compagni di scuola, Leoncillo Leonardi ed Enzo Rossi, con i quali nel 1950 si ritrova a Roma nell’effervescente laboratorio di Villa Massimo. Qui, vicino anche a Guttuso e Mazzacurati, si schiera con i Realisti e inizia a dedicarsi alla rappresentazione dei temi del lavoro, convinto che «le vere ragioni dell’arte e della cultura si trovano dove c’è la vita e la lotta per conquistarla». La vicenda di Mancini, che dal 1957 occuperà la cattedra di scultura presso l'Accademia di Belle Arti di Perugia (di cui poi sarà anche direttore), è paradigmatica dell'impegno con cui molti artisti militanti della Sinistra perseguirono gli obiettivi di apertura, democratizzazione e funzione sociale dell'arte in uno dei momenti cruciali della storia italiana.

INDICE 1. “E forse ci voleva un uomo come quello che la Provvidenza ci ha fatto incontrare ...” 2. “Sento gli strilli degli angioli” 3. “La pittura non vive di sola immagine” 4. “ … pena la sospensione a divinis ipso facto incurrenda” 5. “Come si fa a chiamare arte, e persino arte nuova, questa roba ...” 6. “La città non esisteva più … c’erano solo delle forme vuote, nere.” 7. “Molte vie verso un obiettivo solo”

L'analisi degli anni tormentati di guerra e dell'immediato secondo dopoguerra, attraverso la lettura dei "Quaderni" di Vinicio Berti, 1942-1950, generosamente donati dalla vedova dell'artista all'Archivio Centrale dello Stato. Pittore ancora troppo poco studiato, Vinicio Berti ci offre con questi Quaderni la possibilità di approfondire la riflessione sulla situazione dell’arte italiana durante gli anni della seconda guerra mondiale e quelli immediatamente successivi. Un panorama noto alla storia dell’arte e alla critica, ma che dalle pagine di Berti emerge con la consapevolezza puntuale di chi, in quegli anni, è stato tra gli esponenti del dibattito teorico e al tempo stesso interprete, con il lavoro d’artista, di un periodo tra i più controversi nell’arte italiana contemporanea. Berti fu un protagonista di quella temperie culturale e la mostra a lui dedicata nell’Archivio Centrale dello Stato ben evidenzia la profonda inscindibilità, nella ricostruzione della sua produzione artistica, fra le opere e un’acuta consapevolezza critica del ruolo dell’artista nella società contemporanea. Vorrei collazionare, in questo breve scritto, le pagine scritte da Berti con gli avvenimenti ai quali si riferisce, convinta che ne uscirà un quadro, come ho detto già noto agli studi per quanto riguarda il clima artistico, ma che tuttavia consentirà di inquadrare meglio, all’interno di quel clima, la figura di Berti.

https://pianob.unibo.it/article/view/8472/8282

Postfazione a Luca Pietro Nicoletti , «Argan e l'Einaudi La storia dell'arte in casa editrice» Quodlibet, Roma, 2018, pp. 167-194; Il testo ricostruisce un tracciato delle trasformazioni culturali in atto in Italia negli anni Cinquanta. Protagonisti Argan, Bucarelli, Venturi, Longhi, Ragghianti, Zevi, Olivetti, Trombadori, accanto ad una agguerrita schiera di artisti divisi, chi dall’adesione ai dettami del ‘realismo sociale’ chi alle fratture aniconiche delle avanguardie americane.