299 - GIANNICHEDDA E., Una via italiana all’archeologia della produzione, in C. Ingoglia (a cura di), Risorse ambientali e impianti produttivi a Gela, Bari 2018, pp. 21-31. (original) (raw)
Abstract I modi con cui si studiano le produzioni antiche non sono ovunque uguali ed è abbastanza facile distinguere più tradizioni disciplinari che, talvolta, sono diventate vere e proprie scuole. Fra queste sono universalmente note la scuola francese e quella anglosassone, mentre la situazione italiana sembra più complessa e mutevole. Trenta e più anni fa, il paradigma marxista era così forte da subordinare l’analisi della produzione all’interpretazione socio economica e di ciò è esempio la definizione del modo di produzione schiavistico, ma anche quella della signoria mineraria medievale. Più che ai prodotti si guardava alle merci. Con la crisi del marxismo, rapidamente, si sono, però, persi molti riferimenti interpretativi e l’analisi della cultura materiale è divenuta spaesata elencazione dell’equipaggiamento in uso nei diversi contesti. A interpretazioni talvolta discutibili si sono sostituite descrizioni ipotizzate migliori solo perché supportate da analisi archeometriche. Il bambino non è però stato gettato con l’acqua sporca e, con il tempo, sono state condotte molte ricerche che hanno aperto nuove prospettive. Tali ricerche, oltre ad avere valenza locale, sono significative perché dimostrano che si può legare l’analisi tecnica della produzione - i cicli – allo studio delle condizioni materiali della medesima, dei rapporti sociali, del territorio. I reperti sono così stati studiati in quanto prodotti e al tempo stesso, oltre che come merci, come indicatori ambientali e di status sociale. In tal senso gli archeologi hanno evitato i più banali percorsi di ricerca messi a punto dagli storici della tecnica, ma anche le discussioni inutilmente teoriche, per confrontarsi con gli storici, gli etnografi, i geografi. In tal modo crediamo si sia costituita una via italiana all’archeologia della produzione, e, forse, all’archeologia tout court. Una via non istituzionalizzata o riconosciuta, ma capace di affrontare campi di ricerca disparati e mettere in valore indicatori eterogenei, ognuno con un proprio specifico potenziale informativo: dalle frecce litiche alla ceramica, all’edilizia, ai frantoi, alle scorie, al pentolame di pietra ollare, alle campane, alle fornaci vetrarie, alle macchine per torcere la seta. Lo studio della produzione si è così visto non separabile dall’indagine dei meccanismi di scambio e dalle logiche del consumo, mentre la cultura materiale di ogni gruppo si è compreso essere funzione, nel medesimo tempo, dei comportamenti pratici e delle idee socialmente condivise.