PAVIMENTI COSMATESCHI DI ROMA: BASILICA SS. GIOVANNI E PAOLO (original) (raw)
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PAVIMENTI COSMATESCHI DI ROMA: BASILICA DI SAN GIOVANNI IN LATERANO
Dorothy Glass non ha incluso nel suo volume Studies on Cosmatesque Pavements del 1980, uno studio riguardante San Giovanni in Laterano, probabilmente perché era noto che il pavimento generalmente definito "cosmatesco", è in realtà un rifacimento del XV secolo. In questa sede ho preferito darne una breve descrizione, cercando di ricostruirne l'oscura vicenda storica, se non altro per sfatare un luogo comune che viene oggi erroneamente divulgato soprattutto in molti siti web di internet. Siccome tali siti sono visitati da migliaia di persone mensilmente, è opportuno riconsiderare alcune affermazioni per una corretta interpretazione dei dati e della realtà. Già in Wikipedia, per esempio, si legge a più riprese che "oltre ai portici, altre parti delle costruzioni più antiche ancora sopravvivevano, fra esse la pavimentazione cosmatesca"; "nel 1421 la chiesa venne arricchita da un nuovo pavimento cosmatesco"; "della basilica medioevale restarono solo il pavimento, il ciborio ed il mosaico absidale"; "la pavimentazione è quella cosmatesca della basilica medioevale"… Da "romaspqr.it" si legge, similmente: "della basilica medioevale restano il pavimento di opera cosmatesca, il tabernacolo ed il mosaico dell'abside"; "il pavimento è un bellissimo mosaico del XIII sec., opera del Vassalletto e di suo figlio, pulito e ricollocato nel XVI sec."… Bastano questi pochi passi per capire che le notizie intorno al pavimento della basilica lateranense, divulgate su guide turistiche e studi non specializzati, sono tuttora confuse e contraddittorie. Il pavimento di questa chiesa, diciamolo subito, non è un litostrato originale cosmatesco, ma andiamo con ordine e cerchiamo di stabilire una possibile cronologia delle vicende che lo hanno modificato fino all'attuale stato. Le poche notizie che sono riuscito a trovare, senza effettuare lunghe e penose ricerche documentali nelle biblioteche fisiche, ma solo grazie a quanto si può vedere nei documenti digitali in internet, riconducono tutta la storia del pavimento della basilica Lateranense a due periodi ben distinti. Il primo è quello della chiesa romanica in cui si può presumere che esistesse un pavimento Basilica di San Giovanni in Laterano da una incisione settecentesca di Giovanni Battista Piranesi
PAVIMENTI COSMATESCHI DI ROMA: BASILICA DI SAN GIOVANNI A PORTA LATINA
"Lasciata la Passeggiata Archeologica, chi segua a sinistra la Via di Porta Latina, invece di quella più nota e frequentata di Porta San Sebastiano, si troverà in un mondo nuovo e lontano, chiuso alle infiltrazioni della vita moderna. Una strada silenziosa, dove il rumore dei carretti, dei camions, degli auto non giunge: una strada in cui lo svolgersi dei secoli ha lasciato traccie visibili e profonde e dove il viandante non disattento alle parole delle cose, saprà evocare le visioni del passato così piene di fascino e di poesia". Così inizia un grazioso articoletto dedicato alla basilica di San Giovanni a Porta Latina, pubblicato su un numero di Capitolium del 1928 a firma di A. Dardano. Questa introduzione mi ha molto colpito perché è l'identica e vera sensazione che io stesso provai quando percorsi la stradina di Porta Latina per raggiungere la chiesa, allontanandomi dal caotico svincolo di Piazzale Numa Pompilio e la trafficata strada di Via delle Terme di Caracalla. E se il rumore dei "carretti e dei camions" era avvertibile già nel 1928, si può immaginare la differenza con il caos del traffico moderno! La pubblicazione di Dardano, oltre alle enfatiche descrizioni dei monumenti, offre anche un breve excursus storico della chiesa di cui alcune notizie che qui riporto in brevi stralci sono interessanti per la nostra indagine. "Nessuna notizia si ha di questa chiesa primitiva, se non che fu grande e magnifica. Nel 722 Adriano I, come attesta il Liber Pontificalis, la ricostruì rinnovandone l'aspetto. Le notizie storiche sulla chiesa scarseggiano e le poche si susseguono dopo lunghi periodi di tempo. Nel 1144 Lucio II la riunì al Capitolo Lateranense; Celestino III nel 1190 la consacrò, come si legge da un'epigrafe tuttora esistente. Non si conosce però se l'uno o l'altro di questi papi fece eseguire dei restauri; un cenno sopra lavori del genere si ha soltanto a partire dal 1400…La facciata della chiesa, come si presenta ora, ben poco mantiene dell'antica maestà e bellezza. Dall'Historia di S. Giovanni a Porta Latina dell'Abate Crescimbeni, si può apprendere che nel 1700, il portico, anticamente a cinque archi, era ridotto a tre; ora, soltanto un arco rimane nella parte centrale; degli altri esistono tracce sul muro interno e due colonne antiche…Il Crescimbeni riteneva, da quanto risulta dal suo scritto, che l'opera quale a lui appariva, fosse in gran parte una ricostruzione dovuta ad Adriano I; ma dall'attuale stato dell'edificio risulta pur chiaro che oltre i restauri del 1400 di cui si ha notizia, la Chiesa e il campanile ebbero a subirne altri e assai notevoli tra il 772 e quest'ultima data. La decorazione del campanile eseguita con formelle, con piatti colorati di maiolica e con marmi preziosi, le cornici a denti e beccatelli che dividono un ordine dall'altro, il materiale stesso sono propri della scuola romana che sorse verso il 1000. Un'uguale cornice a beccatelli ricorre sulla facciata del portico: e i marmorari romani che ne avevano tratta ispirazione dai monumenti pagani usarono largamente di tale forma di decorazione nella stessa epoca. La porta d'ingresso alla chiesa è semplice, con una cornice a mosaico che sottolinea le forme architettoniche… Interessanti appariscono gli elementi antichi dell'abside. Forse una schola cantorum esisteva davanti l'altare maggiore e, a detta del Crescimbeni, questo era ricoperto da un ciborio sostenuto da quattro colonne preziose; tre di porfido e una di serpentino…Alla scuola cosmatesca deve assegnarsi la decorazione a mosaico del pavimento dell'abside e della parte mediana del secondo gradino della porta d'ingresso e dell'altare. Tanto i bassorilievi che i mosaici dimostrano per l'esecuzione accurata e per i materiali adoperati, che già gli artefici dovevano essere esperti in tali opere. Inoltre le tessere a vivaci colori di smalto e d'oro comparvero nell'arte cosmatesca verso la fine del XII secolo e le troviamo infatti datate nella prima opera di Lorenzo, padre di Cosma, a Civita castellana nel 1205". Un disegno della basilica che mostra come era nel XVI secolo.
PAVIMENTI COSMATESCHI DI ROMA: BASILICA SANTI BONIFACIO E ALESSIO AVENTINO
BASILICA DEI SANTI BONIFACIO E ALESSIO ALL'AVENTINO Dopo aver visitato la basilica di San Crisogono in Trastevere in una bella mattinata di sole, è d'uopo che il turista di turno compia il rito tradizionale di pranzare in uno dei caratteristici vicoli del luogo. Poi, con una bella passeggiata al fresco dell'alberato viale Lungotevere Aventino, si arriva ad una stretta salita, detta Clivio di Rocca Savella, che porta alla via di Santa Sabina. Un antico fontanile invita a rinfrescarsi e ad entrare nel "Giardino degli Aranci" per godere di una magnifica vista su Roma dall'Aventino. Il nostro viaggio, invece, prosegue pochi metri più avanti della basilica di Santa Sabina dove troviamo, a poche decine di metri la chiesa dei Santi Bonifacio e Alessio, più comunemente detta di Sant'Alessio. Infatti la chiesa, le cui origini si fanno risalire al IV o al V secolo, fu dapprima dedicata a San Bonifacio e successivamente, nel X secolo, fu dedicata anche a Sant'Alessio insieme alla fondazione di un monastero. La storia delle vicende architettoniche dell'edificio religioso è abbastanza oscura e frammentaria, ma di quella che interessa più da vicino il nostro campo di indagine è da evidenziare che dal secolo X al 1231 vi erano insediati i monaci Benedettini i quali sappiamo essere stati sempre promotori di quell'arte musiva, tra cui i pavimenti, la cui tradizione era iniziata nel 1071 a Montecassino. Tuttavia, i rinnovamenti più importanti della chiesa vengono riferiti a Onorio III il quale la riedificò dalle fondamenta tra il 1216, anno di inizio del suo pontificato 1 e il 1217, anno di consacrazione della nuova chiesa di S. Alessio. Egli costruì anche la confessione dove fece mettere i corpi dei due santi che vi rimasero fino al 1680. Nel 1231 Gregorio IX trasferì in questa chiesa i monaci premostratensi, ma nel 1390 essa divenne commenda a favore del cardinale Cristoforo Maroni. Nel 1426 vi si insediarono i monaci di Vallombrosa che ancora vi sono. Nel 1703 Carlo Bartolomeo Piazza 2 scriveva: "Ella è questa Chiesa ora molto sontuosa, e magnifica, ridotta nello splendore presente dalla sollecitudine industriosa, e dalla generosa pietà del P. Angelo Porri Milanese che fu Generale di questa nobile Congregazione, il quale vi abbellì gli Altari, tolti dal mezzo della Chiesa gli antichi impedimenti, hà trasferita l'antica, e venerabile Immagine di Maria Vergine in una vaga Cappella…". Gli "antichi impedimenti" sono 1 In alcuni luoghi si legge la data del 1215 in cui però era ancora papa Innocenzo III. 2 La Gerarchia cardinalizia, op. cit. 1703, pagg. 673-674.
PAVIMENTI COSMATESCHI DI ROMA: BASILICA DI SAN GIORGIO IN VELABRO
"Si dice in velabro questa chiesa a vehendo, poiché fu quivi una palude o stagno del vicino Tevere, in cui furono spinti i due fanciulli Romolo, e Remo dalle onde in quel tempo fluttuanti, e però si tragittava con la barchetta; seccata poi la palude da Tarquinio Superbo, vi fu eretto il Foro Boario, in cui fu alzato un vitello di bronzo dorato…fu quivi la casa di Scipione Affricano, la quale comprata poi da Tito Sempronio, vi edificò una basilica, che fu detta semproniana, sopra le cui rovine essendo edificata la chiesa S. Leone II la dedicò a S. Sebastiano ed avendola poi il pontefice S. Zaccaria ristaurata, vi aggiunse il titolo di S. Giorgio, per essere entrambi difensori della Chiesa. Fu da principio collegiata insigne, ma ora vi è unito un convento di frati Agostiniani Scalzi" Così descrive brevemente la chiesa di S. Giorgio in Velabro Giuseppe Vasi in Indice Istorico del gran prospeto di Roma nel 1765. E' questa una delle chiese di Roma più antiche per origine, ma soprattutto una delle poche in cui entrando non si resta meravigliati dall'ostentazione del barocco ma si è catturati dal vero spirito di essenzialità del romanico. Infatti qui, i restauri più importanti realizzati nel primo ventennio del XX secolo, coordinati da Antonio Muñoz, furono intesi proprio a scarnificare l'edificio dagli eccessi barocchi che nascondevano la purezza dell'antica basilica romanica 1. Il noto architetto seguì personalmente la campagna di restauri che interessò gran parte delle maggiori basiliche cristiane romane. Nel 1913 fu completato il restauro della chiesa e del chiostro dei Santi Quattro Coronati, nel 1918 quello della basilica di Santa Sabina, a cui seguirono quelli delle chiese di più notevole opera di restauro-scrive Muñoz (vedi nota 1)-è stata fatta nella chiesa di San Giorgio al Velabro in uno dei luoghi più belli e suggestivi della città, posta nella depressione tra il Campidoglio e il Palatino…".
PAVIMENTI COSMATESCHI DI ROMA: BASILICA DI SANTA PRASSEDE
Poco distante da Santa Maria Maggiore, è la basilica di Santa Prassede, nel rione Monti. E' antichissima, avendosi notizie certe almeno dal concilio di papa Simmaco tenutosi nel 499, ma in una lapide del 491 si menzionano dei presbitery tituli Praxedis. Il Libro Pontificale la ricorda nella vita di S. Leone III, nel 769. Una prima notizia, importante per la nostra indagine, nella cronologia della basilica è quella relativa all'assegnazione della stessa da parte di papa Innocenzo III ai monaci di Vallombrosa nel 1198. Si hanno notizie di ristrutturazioni dell'edificio nella prima metà del XIII secolo: la navata centrale fu rinforzata con l'aggiunta di tre archi e sei pilastri. Tra gli interventi successivi si ricordano, per importanza, quelli del Cardinale Antonio Pallavicini Gentile (1441-1507) che rifece tutta la zona del presbiterio, mentre Carlo Borromeo (1538-1584) ricostruì la scalinata di accesso, il portale centrale e la sacrestia, aggiunse le coperture a volte nelle navate laterali e aprì otto finestroni nella navata centrale. Alessandro de' Medici, ovvero papa Leone XI (1535-1605) fece decorare l'intera navata centrale, mentre il cardinale Ludovico Pico della Mirandola, colto dalla febbre di ricercare le reliquie sante, tra il 1728 e il 1734, fece interventi nella zona del presbiterio, compreso il rifacimento della cripta.
PAVIMENTI COSMATESCHI DI ROMA: BASILICA DI SAN MARCO
BASILICA DI SAN MARCO E' difficile pensare che la basilica di San Marco non fosse già dotata di un pavimento musivo quando nel 1154 i marmorari Giovanni, Pietro, Angelo e Sasso, figli di magister Paulus, firmarono il ciborio, poi andato distrutto. L'iscrizione che ricorda l'evento è riportata da Forcella e commentata da De Rossi, ed è del seguente tenore: IN N. D. MAGR. CIL. PRR. CARD. S. MARCI IVSSIT HOC FIERI PRO REDEMPTIONE ANIMAE SVAE ANN. DNI MCLIIII IND. II. FACTVM EST PER MANVS IOHIS PETRI ANGELI ET SASSONIS FILIORVM PAVLI Essa potrebbe indicare, anche se non vi è certezza assoluta, che nei primi decenni il marmoraro Paolo avrebbe potuto realizzarvi un primo pavimento precosmatesco. Poi il cantiere passò in mano ai quattro figli, i quali fecero il ciborio e forse restaurarono l'opera del padre 1. Essa ci mostra anche una breve cronologia dei lavori di questi artisti che nel 1148 erano intenti nel realizzare il ciborio in San Lorenzo fuori le mura e nel 1154, come maestri specializzati in questi specifici monumenti, a fare questo di San Marco. E' opinione comune che il pavimento, o almeno i resti che si osservano, sia del XII secolo. La Glass, alla fine del suo studio su San Marco, lo data alla prima metà di quel secolo, mentre in qualche luogo si legge che esso è uno dei primi pavimenti cosmateschi fatti a Roma. La basilica è antichissima e risale al IV secolo, essendo stata edificata per la prima volta nel 336 da papa Marco e nonostante un primo restauro avvenuto nel 792 sotto papa Adriano I, essa fu interamente ricostruita da papa Gregorio IV nemmeno cinquat'anni dopo. Piuttosto oscure sembrano essere le vicende storiche medievali, se non che nel 1154 fu innalzato il campanile romanico. E quando altrimenti? E chi potrebbe averlo innalzato, se non quel famoso Angelo di Paolo, mentre i fratelli lavoravano al ciborio nello stesso anno, il cui figlio Nicola fece poi il campanile del duomo di Gaeta? Questo passo è una ulteriore 1 Così Giuseppe Armellini, Le Chiese di Roma : "Dalla quale (iscrizione) apprendiamo che la famiglia e scuola dei marmorari di Paolo, nota solo pel ciborio di s. Lorenzo fuori delle mura, fatto nel 1148 dai magistri Giovanni, Pietro, Angelo e Sassone figliuoli di Paolo marmorario, lavorò anche il ciborio del Titulus Pallacinae. Nel 1154 adunque i quattro fratelli suddetti fecero il ciborio di S. Marco". Veduta del piccolo Palazzo Venezia e della Basilica di San Marco, in un disegno di Paul Letarouilly, circa 1860.
PAVIMENTI COSMATESCHI DI ROMA: BASILICA DI SANTA FRANCESCA ROMANA
Innanzitutto fughiamo subito un dubbio. Il viaggiatore che si appresta a visitare questa chiesa, la cerca (come ho fatto io) come basilica di Santa Francesca Romana, ma quando da Via dei Fori Imperiali, nell'immediatezza del Colosseo, volta a destra per incamminarsi sulla piccola ed isolata salita che porta al luogo sacro, legge una antica lapide incisa che recita "Basilica di Santa Maria Nova", con tanto di freccia che indica la direzione da seguire! In realtà, l'edificio religioso fu edificato forse da San Silvestro Papa, attorno al 314 nel luogo ove era avvenuta la caduta di Simon mago. Poi subì diversi restauri tra cui i più importanti nel 705 e nell'850 da parte di San Leone IV che intitolò la chiesa alla Madonna dandole il nome di Santa Maria Nova. In seguito, verso l'860, San Nicola I la riedificò a fundamentis, arricchendola di numerose pitture Dall'Armellini (Le Chiese di Roma, op. cit.) apprendiamo che "I Frangipani, padroni del vicino castello la dotarono di fondi. Vi dimorò Urbano II nel 1093, datando da S. Maria Nuova le sue bolle. Nel 3 febbraio del 1136 qui si consecrava e ordinava Innocenzo II. Alessandro III salvatore d' Italia la riconsacrò nel giugno 1161. È nel suo atrio che nella celebre processione dell' Assunta si deponeva per qualche tempo l' imagine del Salvatore, ed in quel luogo v' era il letticciuolo ove il papa riposava alquanto in una delle tappe di quel lunghissimo corteo. Distrutta la chiesa da un incendio sotto Onorio III, questi la riedificò circa l' anno 1216…Il pavimento è d'opera cosmatesca, e per quel lavoro furono adoperate anche molte pietre tolte ai loculi delle catacombe romane…Il Ciampini ha fatto autore di quel musaico Niccolò I (a. 858-67), il Platner, Onorio III (a. 1216-26), ma il De Rossi lo crede opera di Alessandro III circa il 1161 quando, come si disse, il papa consacrò di nuovo quella chiesa". Infine, nel 1615 i monaci Olivetani che abitavano il vicino convento la fecero restaurare e vi aggiunsero la facciata e il portichetto sui disegni di Carlo Maderna. Non esistendo fonti documentali che possano aiutarci a stabilire una cronologia per il pavimento cosmatesco, dobbiamo valutare gli eventi che riguardano la chiesa ed accennati prima da Armellini. Il 1093, anno in cui vi dimorò Urbano II, mi sembra troppo in anticipo, rispetto alle datazioni dei pavimenti cosmateschi di Roma. L'avvenimento del 1136 che ricorda la consacrazione e l'ordinazione di Una stampa in cui si vede come si presentava la basilica barocca circa nel 1750 Basilica di Santa Francesca Romana, acquaforte di Giovam Battista Falda, del 1669.
PAVIMENTI COSMATESCHI DI ROMA: BASILICA DI SAN SILVESTRO IN CAPITE
I pochi resti pavimentali di tipo cosmatesco che si vedono oggi attorno all'altare maggiore e nella terza cappella a sinistra dell'entrata nella chiesa di San Silvestro in Capite, sono generalmente ignorati dagli autori sia antichi che moderni. Solo Glass, ha notato questa singolarità e ha cercato di rimettere insieme le poche frammentarie notizie utili per poter dire qualcosa in merito. Secondo la studiosa 1 , una delle poche fonti che accennerebbe ad una trascorsa esistenza di un pavimento musivo ad intarsio marmoreo nella chiesa è G. Severano 2 secondo il quale nel 1123 Callisto II consacrava un altare maggiore e nello steso tempo il suo Camerlengo Alfano ordinava la costruzione di un pavimento intarsiato. In realtà, come è facile verificare, questo avvenimento viene descritto da Severano non per la chiesa di San Silvestro in Capite, ma per quella di Santa Maria in Cosmedin e quindi si tratta di un riferimento errato. Una fonte più sicura, invece, può essere Gaetano Moroni 3 da cui però possiamo trarre solo brevi accenni alla cronologia dei restauri e ai rifacimenti fino al suo tempo, ma nessuna notizia specifica di un presunto pavimento musivo: "Papa Innocenzo III fece riedificare la chiesa e il campanile dall'architetto aretino Marchionne. A papa Clemente VIII si deve la riedificazione della chiesa che, verso la fine del 1500 minacciava rovina e a Francesco Dietrichstein, vescovo di Olmutz, si devono molti abbellimenti. Le monache del convento, sul finire del XVII secolo, restaurarono la chiesa su disegno di Giovanni Antonio de Rossi e vi fecero fare decorazioni in marmo, pitture e stucchi, mentre la facciata esterna fu completata nel 1703 mentre era Badessa Maria Arcangela Muti". Tuttavia, il riferimento ad Innocenzo III ci permette di immaginare che i Cosmati abbiano lavorato di certo anche in questa chiesa e che probabilmente un pavimento cosmatesco dovette esserci un tempo. Nessuna altra fonte sembra aver accennato ad esso, così le importanti monografie di Giovanni Giacchetti del 1629, di Carletti del 1795 e le erudite descrizioni di Nibby, Moroni, ed altri autori, nulla ci dicono 1 D. Glass, op. cit., pag. 129. 2 G. Severano, Memorie sacre delle sette chiese di Roma, Roma, 1630, pagg. 350-351. 3 Gaetano Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da San Pietro ai nostri giorni, vol. XIII, Venezia, 1842, pag. 42. Chiesa di San Silvestro in Capite in un disegno di Giuseppe Vasi.
PAVIMENTI COSMATESCHI DI ROMA: BASILICA DI SANTA MARIA IN COSMEDIN
Ancora sul pavimento della basilica dell'Aracoeli Quando avevo già terminato di scrivere il capitolo dedicato a questa chiesa, ho trovato la seconda immagine di Luigi Rossini, tratta dal suo volume Scenografia degli interni delle più belle chiese di Roma, del 1846, che spesso riprendo in questo lavoro, da cui si vede chiaramente come era fatta una porzione del pavimento cosmatesco del transetto (nave traversa, come la chiama Rossini). Le due file affiancate di dischi di porfido che si vedono in basso, potrebbero essere identificate con quelle che fanno da perimetro all'area del transetto. Osservando le immagini moderne e questo disegno di Rossini, si nota che si tratta di due file di dischi disposti longitudinalmente, che partono in corrispondenza del punto mediano o vicino all'angolo del pulpito e che sembrano girare intorno all'area del recinto presbiteriale. L'unica differenza è che qui i dischi di porfido sembrano essere molto più grandi di quelli che si vedono oggi. Inoltre le decorazioni dei dischi sono assenti e compaiono solo le campiture tra essi. Ma tale lettura potrebbe dipendere dalla perdita di dettagli in una raffigurazione semplificata dell'autore. Comunque, stando al disegno, l'assetto generale appare essere piuttosto diverso da quello odierno. Nel disegno di Rossini si notano alcuni particolari molto interessanti. L'aspetto del pavimento nella zona del transetto sembra qui essere abbastanza diverso da quello che si vede oggi. Delle due file di dischi di porfido in basso ho parlato nel testo di questa pagina. Qui vorrei rimarcare, invece, la presenza nel centro del transetto dei dischi di porfido grandi, di cui almeno i due descritti da frate Casimiro, sembrano essere gli stessi e posizionati nel luogo dove dovevano trovarsi in tempi più antichi. Al di la della prima fila di dischi, però, si notano due riquadri disposti di punta con due grandi dischi di porfido e più un là un grande disco porfiretico in corrispondenza del perimetro curvilineo del ricinto presbiteriale. In questo disegno sembra non essere riportato il riquadro orizzontale che ospita due lastre tombali, di cui una del XVII secolo, che invece oggi si trova quasi tangente al grande disco centrale. La mia opinione è che tutti questi dischi di porfido, sicuramente di verde antico, sono quelli dai quali furono ricavate le numerose tessere che oggi adornano le fasce della griglia nel pavimento nella navata maggiore.
PAVIMENTI COSMATESCHI DI ROMA: BASILICA DI SAN CLEMENTE
BASILICA DI SAN CLEMENTE Mi sembra doveroso iniziare con una frase di un illustre personaggio, caro agli studiosi d'arte cosmatesca, il prof. A.L. Frothingham che scrisse 1 : "In nessuna scuola d'arte Cristiana si vedono pavimenti così importanti come quelli di Roma. In nessun altro luogo come una chiesa paleocristiana o medievale l'occhio ha cercato istintivamente l'armonizzazione tra il pavimento e la ricchezza degli arredi interni". E Louis Nolan aggiunge: "Questo è certamente vero nel caso di San Clemente" 2. La nostra guida turistica, Diego Angeli, con il quale abbiamo iniziato questa seconda parte, così riassume i principali avvenimenti storici della basilica: "In via S. Giovanni in Laterano. È una delle più antiche chiese di Roma e risale forse ai tempi costantiniani già che se ne ha un accenno nel De viris illustribus di S. Gerolamo, che fu scritto nel 385. Nel 417 S. Zozimo papa la chiama già Basilica e vi tiene un concilio. Nel 449 S. Leone I, in una lettera a Flaviano Vescovo di Costantinopoli, la dice titolo. Nel 499 Simmaco vi tiene un Concilio. S. Gregorio Magno (590-604) vi lesse la sua XXXIII omelia. Nel secolo VIII Adriano I (772-95) ne restaurò il tetto; altri restauri vi fecero Leone III (795-816) e Leone IV (847-55). Nel 1084, durante il sacco di Roma dato dalle truppe di Roberto il Guiscardo, la basilica fu distrutta, e rimase abbandonata fino al 1108, epoca in cui Pasquale II, che vi era stato eletto papa, non pensò di riedificarla dalle fondamenta. In questa occasione lʹedificio primitivo fu atterrato e ricolmo e una nuova chiesa venne costruita sulle sue rovine adoperandosi in gran parte gli ornamenti marmorei della basilica soppressa, come si rileva dal coro di Giovanni, dalla porta bizantina, e da diverse sculture che ancora esistono. Nel 1417 la nuova chiesa fu abbellita e adornata di pitture. Più tardi Sisto V (1585, Peretti) la restaurò ed ordinò che si aprisse la porta laterale; Urbano VIII (1623, Barberini) la cedette ai monaci irlandesi e Clemente XI (1700, Albani) la ridusse allo stato attuale coi disegni di Stefano Fontana. Nel 1858, essendosi fatti alcuni scavi, per ordine di monsignor Tizzani si rinvenne il piano dellʹantica basilica tanto che proseguiti questi scavi dal padre Mullooly, priore dei monaci irlandesi nel vicino convento, fu potuto restituire nella sua forma lʹedificio della chiesa primitiva". Interno della basilica di San Clemente. Parte della Schola Cantorum, Ciborio e Abside. Da ciò si ricava che già nel 1417 al pavimento potrebbe essere accaduto qualcosa, sebbene dalla frase "abbellita ed ornata di pitture" non sia possibile averne certezza. I restauri di Sisto V però dovettero certamente riguardare anche il litostrato, anzi, propenderei nel credere che proprio verso la fine del XVI secolo si ebbe uno sconvolgimento totale del pavimento con una parziale o totale ricostruzione delle partizioni reticolari, come sembra essere dimostrato dalla presenza di una parte maggioritaria di listelli marmorei di delimitazione degli stessi pannelli che non sembrano essere più antichi del XVI-XVII secolo. Nel 1700 Clemente XI apportò nuovi restauri che insieme a quelli successivi, eseguiti 1