Berlino / Stati Uniti. Edifici a scala metropolitana. W.C. Behrendt e la “Lotta per lo stile” (1920) (original) (raw)
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2018
«Dal cuscino del sofà fino alla costruzione delle città», questo il motto che animò le ricerche di architetti, pittori e designer variamente coinvolti nelle vicende del Werkbund tedesco dal 1907 fino alla Prima Guerra Mondiale. La lotta per lo stile per lo stile nell’artigianato e nell’architettura (Der Kampf um den Stil im Kunstgewerbe und in der Architektur), edito a Stoccarda nel 1920, costituisce una delle prime storie del modernismo europeo nell’ambito dell’architettura e delle arti decorative, con particolare riferimento all’area tedesca e un occhio a quanto avveniva oltreoceano. Walter Curt Behrendt, critico tedesco più avanti noto per il suo volume del 1927 collegato all’inau- gurazione del Weissenhof di Stoccarda, stende in quest’opera un quadro molto incisivo della storia del movimento artigianale, partendo da Schinkel e Semper in Germania e Ruskin e Morris in Inghilterra, per poi descrivere gli elementi caratterizzanti dell’Art Nouveau e dello Jugendstil in Belgio, Francia, Germania e Austria. Sebbene molto diverso per intenzioni da I pionieri dell’architettura moderna di Pevsner, il libro costituisce, insieme ai libri di Jeanneret, Lux, Waentig, Schumacher, una delle primissi- me ricostruzioni degli sviluppi, ancora recenti, di architettura e design di inizio secolo, passando tra van de Velde, Behrens, Olbrich, Otto Wagner, Poelzig, Riemerschmid, Tessenow. Un altro aspetto importante è poi la lettura dei temi dell’urbanistica moderna, dove l’autore si ricollega alle ricerche statunitensi sulla pianificazione regionale e sulla City Beautiful.
2017
Facciata, isolato, tipologia e composizione sono i temi della tesi di dottorato discussa a Dresda ed edita a Berlino nel 1911 dal critico d’architettura Walter Curt Behrendt(1884-1946), Il fronte unitario dell’isolato come elemento spaziale nella costruzione della città, qui tradotta per la prima volta e contestualizzata in seno alla linea critica dell’autore e al dibattito tedesco degli anni Dieci. Al saggio e alla traduzione si aggiunge un’antologia, comprendente alcuni dei riferimenti di Behrendt(Brinckmann, Schur, March, Fischer, Gentzen, Genzmer, Scheffler). Nella seconda parte dell’opera sono inclusi invece scritti del critico tedesco, ma anche di Ludwig Hilberseimer, Udo Rukser, Wolfgang Herrmann, apparsi sulla rivista “Kunst und Künstler” fino all’avvento del Nazismo: dall’interesse esclusivo per il tema formale dell’isolato e della facciata unitaria, l’attenzione si sposta in questi contributi al più vasto dibattito architettonico e urbanistico della prima modernità tedesca e internazionale, con testi che rendono un panorama dello strumentario critico e della raffinatezza d’indagine dell’autore. Tali riflessioni assumono rinnovato interesse alla luce del dibattito italiano e internazionale avviatosi a partire dagli anni Sessanta del Novecento, sulla necessità di recuperare gli spazi urbani, come l’unità architettonica delle quinte stradali, della piazza, dei porticati, dei passaggi coperti, dei cortili ad uso comunitario o pubblico in antitesi alla visione modernista dell’urbanistica a barre e all’ideologia della dissoluzione della città.
Sisto IV committente di architettura a Roma tra magnificenza e conflitto
Il nome di Sisto IV (1471-1484), è legato ad una serie di iniziative architettoniche e urbane volte a disegnare una Roma nuova, da avvicinare ai principali centri italiani. Tra i più indagati nella storia dell’architettura del Quattrocento, il pontificato è considerato nel saggio relativamente ai temi che nei tredici anni di regno, tra i più estesi del secolo, hanno costituito il comune denominatore delle imprese roveresche, allo scopo di individuare nelle opere di rinnovamento non solo l’espressione della magnificenza del sovrano ma anche dei conflitti di vario genere che esse determinarono con i cittadini romani di diverso livello. Sull’edificato si rifletteva significativamente l’esistenza, accanto alla nobiltà baronale dei magnifici viri, di una aristocrazia minore dei nobiles viri di più recente formazione e con origine in buona parte mercantile ma pure con impieghi municipali e curiali oltre che con beni immobili urbani ed extraurbani. Il complesso rapporto tra Curia e città, tema centrale della Roma del Quattrocento, acquista un’articolazione inedita in età sistina e coinvolge i nobiles viri ancora esitanti tra la promessa di fedeltà al papa e la rivendicazione, già trecentesca, di autonomia. Alla definizione degli spazi, degli isolati e dei manufatti si attribuiva un peso decisivo per la costruzione dell'identità e della visibilità di gruppi e di famiglie emergenti. Per costoro, piuttosto che per i baroni, la renovatio di Sisto IV spesso assunse i modi di una vera e propria contrapposizione, particolarmente evidente nei casi in cui gli svantaggi subiti dai Romani si tradussero in benefici per forestieri e curiali i quali furono così agevolati nell’estendere ampiamente la loro presenza nell’Urbe.
“Incursioni” sull’architettura: Venezia 1915-1918
Fogli. Transeunte 2018 -1, 2018
Alla ricorrenza e relative celebrazioni del centenario della Grande Guerra, si può attribuire il merito, sebbene non siano stati elaborati contributi ampi ed esaustivi in materia, di aver portato a una riflessione sulle conseguenze fisiche delle incursioni aeree di quel conflitto sulla compagine urbana di Venezia: dolorose perdite o danneggiamenti di capolavori d'arte, anche se numericamente limitate, monumenti architettonici che oggi ci appaiono integri, ma che hanno subito gravi ma poi celate ferite, una miriade di alterazioni al tessuto edilizio, che spesso sorprendono per la crudezza di una realtà inimmaginabile nell'odierna percepita imperturbabilità di antiche calli e campielli, salvo quei casi dalla maggiore evidenza o segnalati da una delle poche iscrizioni commemorative in seguito apposte. Dopo un primo piano d'interventi, per la difesa degli edifici più prestigiosi, elaborato fin dal 1914 dall 'arch. Massimiliano Ongaro (1858 -1924, Soprintendente ai Monumenti di Venezia, con l'inevitabile avvicinarsi dell'ingresso dell'Italia nel conflitto mondiale, nell'aprile del 1915 iniziarono le asportazioni e spedizioni cautelative di dipinti, oggetti d'arte preziosi e manoscritti, essendo la città divenuta base navale di cruciale importanza per fronteggiare la flotta austriaca nell'Adriatico, sede delle attività cantieristiche e manifatturiere svolte all'interno dello storico Arsenale. L'antico cantiere della Serenissima negli anni antecedenti, a partire dall'annessione del Veneto all'Italia, era stato infatti ampliato e purtroppo molto disinvoltamente e diffusamente alterato, per adattarlo alle mutate esigenze della moderna marina militare, oltre il limite di un vero e proprio sistematico smantellamento di secolari squeri e altre costruzioni, di certo non sempre, nemmeno forzatamente, giustificabile. L'azione di salvaguardia bellica della città viene promossa e guidata dal Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti, Corrado Ricci (1858Ricci ( -1934, e dal Soprintendente delle Gallerie del Veneto, Gino Fogolari (1875 -1941, ai quali si aggiunge il Direttore della Biblioteca Marciana, Giulio Coggiola (1878 -1919), per il proprio specifico settore di competenza. Si avvia anche l'opera di protezione in sito per i principali edifici e monumenti, soprattutto degli apparati scultorei di maggior pregio presenti nelle fasce inferiori, all'esterno ma anche all'interno, con particolare attenzione ai manufatti in bronzo rinascimentali. In questo ambito si attivano, operando sui diversi edifici: l'ing. Marangoni, Direttore dei Restauri della Basilica; il col. Raffaele Devito francesco e il ten. Ugo Ojetti (1871 -1946), entrambi dell'Ufficio Fortificazioni di Venezia; Fulgenzio Setti, ing. Capo (1911 -27) del Comune di Venezia, con il prof. Del Piccolo; il citato Ongaro, con la collaborazione l'ing. Aldo Scolari (1877 -1957), dell'ing. arch. Ferdinando Forlati (1882 -1975 ancora dell'Ufficio Fortificazioni e dell'arch. Domenico Rupolo (1861Rupolo ( -1945. All'Ojetti, dalle autorità militari, è affidata inoltre la responsabilità complessiva sulla difesa del patrimonio artistico lagunare, sulle rimozioni e trasporti. Come scrive lo Scarabello, testimone diretto dei fatti, nel suo imprescindibile testo commemorativo (1933), si attuano quindi "protezioni coninsaccate, materassie imbottite", a volte inscatolati entro strutture chiuse di tavole; i particolari "materassi" sono ideati dall'Ongaro e realizzati con alghe marine imbevute con una soluzione ignifuga di acido borico. Il legno viene utilizzato anche per i puntellamenti e i mattoni sono impiegati a supporto delle difese e per i rafforzamenti statici di Palazzo Ducale, privato di arredi e dipinti. La quadriga bronzea marciana è rimossa e portata sotto i portici del Palazzo, le cui vere da pozzo vanno a Pisa con altre sculture; tolta anche l'effige di Tommaso Rangone dal portale di San Zulian in Mercerie. Nel dicembre del 1917, alla medesima sorte è destinata la statua equestre del Colleoni, che verrà rimossa dal piedistallo, dove era stata inizialmente protetta con un tettuccio in lastre d'acciaio, per trasportarla a Roma. I raid dell'aviazione nemica su Venezia iniziano il 24 maggio 1915, il giorno successivo alla dichiarazione di guerra all'Impero Austroungarico, continueranno fino al 23 ottobre 1918, per un totale di 42, inclusi quelli di solo sorvolo in direzione della terraferma, con più di 1040 bombe sganciate, comprese quelle cadute in acqua o in altri siti lagunari. I dati del Comune di Venezia enumerano 38 incursioni sulla città storica, con 736 bombe sganciate, 26 edifici distrutti totalmente o in parte e altri 160 colpiti meno gravemente; le successive iscrizioni, apposte su costruzioni o siti colpiti, dovrebbero ammontare all'incirca a una ventina. Si può inoltre notare che per alcuni episodi si riscontrano dati non concordanti tra le varie fonti e non mancano gli errori di toponomastica o di denominazione degli edifici.
Ludovica Scarpa Figure urbane La promozione immobiliare nella Berlino ottocentesca
Storie vere trattano della fame, immaginarie dell'amore 1 .Invece, l´intreccio indissolubile tra fame e amore caratterizza l´attivitá febbrile dell´umanitá, e non certo a partire dall´era che definiamo "industriale": lo illustra immediatamente la crescita di alcune cittá ottocentesche in Europa nell´era del cosiddetto libero mercato. Lo dimostra in modo idealtipico, in particolare, la storia della crescita straordinariamente dinamica della città di Berlino. Questione fondamentale è scoprire quali siano stati i soggetti in grado di realizzare in pochi decenni un prodotto complesso come la grande città, a partire dal momento in cui, con la industrializzazione, questa inizia a crescere. Di seguito cercheró di dimostrare come ad ogni tipo di promotore corrisponda una "figura" urbana esemplare, e tipi edilizi specifici. Questi sono il frutto dell´incontro-scontro tra le aspettative, le speranze, i modelli culturali ed economici, le idee, i pregiudizi, le paure e le illusioni dei soggetti che di volta in volta promuovono le singole iniziative edilizie, e dei professionisti chiamati a realizzarle. Per questo motivo la cittá esprime sempre la mentalitá degli anni in cui è stata realizzata, ne è anzi una sorta di "mentalitá costruita" e costituisce un orientamento culturale e spazio-temporale irrinunciabile cui di solito il passante fa riferimento senza nemmeno accorgersene, in modo distratto quanto preciso, esattamente come fanno i suoi piedi, che avanzano da soli, automaticamente, sul selciato. Nei diversi decenni dell´Ottocento, a Berlino come altrove, gruppi precisi della societá riescono di volta in volta ad imporre la propria idea di cittá fornendone anche, in dibattiti e propaganda a stampa, la relativa ideologia. Le cinque "figure" urbane che qui di seguito introduco sono evidentemente una pura invenzione grafica e tentano di stabilire, al di lá della cronaca, caratteristiche tipiche cui far riferimento generale, in situazioni storiche e geografiche diverse. Ritengo infatti che la panoramica della produzione immobiliare europea attuale si possa leggere attraverso queste figure e le loro commistioni; queste forniscono quindi una sorta di grammatica essenziale degli spazi urbani, utile ad identificarne riferimenti economico-sociali e culturali. Gli straordinari ritmi di crescita della Berlino dell´ottocento sono spiegabili solo a partire dalla conoscenza del meccanismo che si instaura tra il sistema dell´assistenza sociale, basato su decentramento e volontariato di vicinato, e quello della tipologia della casa d´affitto. Una categoria sociale precisa risponde in massa al fenomeno nuovo del formarsi di un mercato della casa, promuovendo la crescita urbana secondo la morfologia della cittá densa, tipica dell´ottocento europeo. Il piano di ampliamento del 1862 la conferma, mentre una nuova forza sociale si organizza politicamente nel "partito liberale del progresso" ed inaugura un nuovo "tipo" di cittá, promuovendo al di lá dei confini amministrativi urbani l´alternativa alla cittá densa: i primi quartieri di ville. Piú sistemi urbani si confrontano, promossi da categorie sociali che fanno riferimento sia a modelli diversi -Parigi e Londra-sia a clientele e modi di gestire e interpretare la cittá distinti e in polemica tra di loro. L´odierno carenza di un consenso intorno a cosa sia o possa essere una cittá "bella e funzionante" si staglia all´orizzonte della storia mentre si possono individuare corrispondenze tra morfologie sociali e figure urbane che a tutt´oggi implicitamente si confrontano. Il termine "crescita" riferito alla città, rifacendosi alla scienza naturale, inganna: non si tratta affatto di un processo "naturale". Al contrario, si tratta di un fenomeno recente, dal punto di vista storico. Nelle diverse fasi della storia degli ultimi due secoli della città di Berlino è possibile illustrare in modo paradigmatico per la storia dell'urbanistica europea come di volta in volta i diversi soggetti, promotori dell´ "espansione urbana", producano strutture urbane originali e caratteristiche della propria "idea di città". Queste 1 Raymond Queneau, Una storia modello, hanno conseguenze precise per la società che vi abita. Malgrado le distruzioni del secondo conflitto mondiale, le diverse strutture urbane si sono sedimentate nei decenni le une accanto alle altre. Ad alcune di esse, e ad alcuni particolari promotori, ho assegnato di seguito una valenza esemplare, idealtipica. Prenderne atto puó risultare di un qualche interesse, in un'epoca, come l'attuale, che sta realizzando suo malgrado la libertá dal lavoro e che è disperatamente alla ricerca di nuovi modelli sociali, culturali e, quindi, urbani.
Viollet-le-Duc e la scoperta delle origini dell’architettura gotica
2017
In 1836, the young Viollet-le-Duc travelled to Italy with the purpose of completing his studies on art and architecture, which he had interrupted in France as he did not agree with the classicistic orientation of the Academie des Beaux-arts. In Sicily, he turned a distracted eye to Doric architecture, but concentrated on analysing the archaic forms of Gothic architecture. Following the intuitions of Seroux D’Agincourt, Ignaz Hittorf and Ludwig von Zanth, he identified the archetypes of Gothic architecture, which was to be the principal interest in his career as architect, in some Medieval buildings in Palermo, such as the so-called palaces of Zisa and Cuba. In that period, some protagonists of French Romanticism, such as Viollet-le-Duc’s uncle Etienne Jean Delecluze, Prosper Merimee, Victor Hugo and Rene de Chateaubriand, turned their attention to Gothic architecture and its preservation amidst demolitions and damage due to ignorance. Through the studies of these protagonists, the e...
Teorie architettoniche nella Vienna fin-de-siècle: gli scritti di Camillo Sitte e di Otto Wagner
in “Römische historische Mitteilungen”, 46, November 2004, pp. 359-392 Il presente articolo intende descrivere e confrontare gli scritti teorici di Camillo Sitte e di Otto Wagner. Tali testi riguardanti l’urbanistica e l’architettura nascono nel medesimo contesto, la Vienna fin-de-siécle, con le sue trasformazioni da città a metropoli. Sitte è attento alla storia urbana e difende i principi e le realizzazioni architettoniche del passato, invitando il progettista contemporaneo a trarne una lezione estetica e a non dimenticare che l’urbanistica è un’arte. Wagner, perspicace osservatore di un’espansione irrefrenabile e di mutate necessità abitative nella capitale austriaca, si concentra sull’ideazione di una nuova architettura e di una grande metropoli rispondente ai bisogni dell’uomo moderno. Vienna è per entrambi il caso simbolo della problematicità che le nuove esigenze sociali ed economiche pongono nei confronti della conservazione urbana e della tradizione stilistica. I due architetti esprimono il loro pensiero in vari scritti teorici, libri o articoli, dei quali in questo articolo si analizzano i principali: Der Städtebau nach seinen künstlerischen Grundsätzen di Camillo Sitte e Moderne Architektur e Die Groszstadt di Otto Wagner. Una volta descritta la genesi di queste opere, si dà conto dei loro contenuti confrontando le posizioni dei due autori sui grandi temi intorno ai quali all’epoca si incentrava la riflessione, quali il ruolo dell’architetto, il rapporto tra architettura ed ingegneria, il giudizio sulle trasformazioni urbanistiche della zona della Ringstrasse e l’elaborazione di nuove proposte per la città di Vienna.