Il Grand Mausolée di Polignano - Riscoperta di un contesto peuceta del IV secolo a.C. Presentazione del volume il 6 settembre 2019 - h 19.00 presso il Museo Pino Pascali, via Parco del Lauro 119, Polignano a Mare (original) (raw)
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Sepolture, rituali e comunità nei secoli IV-VI d.C. Il cimitero paleocristiano e bizantino di Vaste (Puglia meridionale), 2022
Nell’entroterra di Otranto, a partire dal 1991, un importante complesso paleocristiano e bizantino è stato portato alla luce durante gli scavi dell’Università del Salento, guidati da Francesco D’Andria e successivamente da Giovanni Mastronuzzi e Valeria Melissano. Questo libro è incentrato sullo studio del cimitero distribuito intorno alla chiesa-martyrium edificata nella seconda metà del IV secolo d.C. Ciascuna delle 164 tombe oggetto di indagine viene qui presa in esame e lo studio dei corredi e l’analisi dei dati bioarcheologici contribuiscono alla ricostruzione di una comunità vissuta nella Puglia meridionale tra il IV e il VI secolo d.C. Particolare attenzione viene rivolta allo studio del rituale funerario, guardando alla simbologia battesimale, all’organizzazione dei pasti funebri (refrigerium), all’inserimento delle monete tra le offerte funerarie, e alla ricostruzione degli aspetti della social-persona. Le appendici integrano i dati e illustrano alcuni aspetti metodologici del lavoro. This book is the complete study of the cemetery associated with the Palaeochristian church at Vaste (southern Apulia), in use between the 4th-6th centuries. It includes the systematic presentation of archaeological and bioarchaeological data. The concluding chapters offer a reconstruction of the main aspects of the funerary ritual.
2019
In 1976 at Rutigliano was found, during the excavation of the necropolis in contrada Purgatorio, a large tomb that belonged to a high-ranking warrior, datable to the third quarter of the 5th century BC. In addition to iron weapons and valuable bronze armours, it has yielded a considerable amount of bronze vases, but above all a very rich vascular complex recovered in the adjoining compartment, composed of more than a hundred artifacts. Particularly noteworthy are the Attic and Protoapulian red-"gure pottery, among which seven vases by the Painter of the Berlin Dancing Girl stand out, whose images express a figurative program of exaltation of the heroic deeds performed by the deceased, equivalent to those of the heroes of myth. The objects of this assemblage were not merely evidence of lavish opulence but were intended to mirror the social standing of the deceased in order to project a specific image and ideology. They constitute a homogeneous set in terms of the contents and messages they are intended to evoke and transmit. As a whole this funerary assemblage represents the desire on the part of the aristocracy to be distinguished from the rest of society and to achieve an afterlife like that of the heroes of myth.
La città e la cura. Spazi, istituzioni, strategie, memoria MATERIALI - Convegno internazionale di storia urbana AISU – Pavia, 10-11 settembre 2020, The city and healthcare. Spaces, Institutions, Strategies, Memory , 2020
SESSIONE 5.12 Il patrimonio edilizio della cura tra conservazione, usi e riusi. L’intervento intende illustrare l’esperienza di apertura al pubblico e di valorizzazione del Museo di Archeologia dell’Università di Pavia a 200 anni dalla fondazione. Dal 1957 il Museo è allestito in una sede speciale: il cuore della crociera dell’antico Ospedale San Matteo. Nel 1818 Pietro Vittorio Aldini partecipa al concorso per la prima cattedra di Archeologia presso l'Università di Pavia, vinto l'incarico l’anno seguente prende servizio e nel 1820 fonda il Museo di Archeologia. Si tratta della più antica cattedra per l’insegnamento dell’Archeologia istituita in Italia. Il Museo presenta al pubblico diverse classi di materiali, rappresentativi di varie civiltà e di varie epoche, sulla base del principio didattico-scientifico stabilito fin dalle origini dal suo fondatore. A partire dal 2015, il Sistema museale d’Ateneo ha assegnato una curatrice al Museo e ha deciso di aprirlo continuativamente al pubblico. L’accurato lavoro di pulizia, di riorganizzazione, di riprogettazione dell’allestimento, di restauro conservativo, di valorizzazione e di catalogazione sta portando tutto il materiale a una più agevole fruizione. Il Museo in una strategia di Terza missione e nell’ottica di sviluppare il proprio pubblico, prima riservato a studenti e a studiosi di Archeologia, è ora frequentato abitualmente non solo da studenti universitari del Dipartimento di Studi umanistici che frequentano le attività didattiche, ma altresì da studenti universitari di diversi corsi di studio anche scientifici, da studenti di Scuole di ogni ordine e grado che seguono i Laboratori proposti e le esperienze di Alternanza Scuola/Lavoro, da turisti italiani e stranieri e da famiglie con bambini e ragazzi che aderiscono agli appuntamenti ludici organizzati il sabato pomeriggio. Molte iniziative sono state l’occasione per attrarre nuovi segmenti di pubblico, che si è via via fidelizzato nel seguire gli appuntamenti culturali organizzati dal Museo e pubblicizzati attraverso il sito web e attraverso i social media. Il Museo ospitato in precedenza in due diverse sedi successive, fu spostato nel 1957 nell’attuale spazio per volontà del prof. Plinio Fraccaro, all’epoca Rettore dell’Università di Pavia. Da allora il Museo è allestito nella crociera del quattrocentesco Ospedale San Matteo di cui conserva 4 sezioni del soffitto a cassettoni originario. Le tavolette dipinte a tempera con busti di angeli che decorano il soffitto ligneo dovevano rappresentare una visione paradisiaca e consolatoria per gli ammalati allettati nella crociera. Ancora oggi gli angeli osservano il nostro pubblico, ma necessiterebbero di un restauro che ci auguriamo possa completare il primo intervento svolto sul braccio sud nel 2001 dall’Ateneo con il supporto della Fondazione Cariplo. Nel 1770 una nuova cupola in stile barocchetto fu progettata e fatta costruire innestandola sul corpo di fabbrica quattrocentesco dall’architetto pavese Francesco Sartirana. Doveva servire per dare maggiore luce e aria agli ammalati dell’Ospedale e ancora oggi domina il Palazzo centrale dell’Università. In quest’anno 2020 ricorrono dunque due anniversari importanti per l’Università di Pavia: i 200 anni del Museo e i 250 anni della cupola dell’Ospedale, due istituzioni le cui storie si sono intrecciate. Come recita il mantra che ci ripetiamo in questi tempi funestati dalla pandemia del Coronavirus: “la cultura cura” e il Museo di Archeologia intende continuare con questa missione all’interno di uno speciale contenitore architettonico che è di fatto un ex-luogo di cura. Il Museo vuole essere infatti uno spazio aperto, inclusivo, partecipativo, con un fondamentale ruolo nella società come luogo di scambio e di dialogo e come luogo di arricchimento di esperienze e di cultura e di costruzione del benessere. I Musei, come il cibo e le medicine, sono un bene essenziale per l’umanità e devono giocare un ruolo chiave nella ripartenza post-COVID19 come presidio della storia, della cultura e della salute pubblica.
The aim of this article is a typological approach to a ceramic type which was particularly common among the funerary finds, the flat votive plates. These do not show any distinctive morphological or iconographic element which may allow to any possible, even approximate, dating. Widely attested all over the Etrusco-Italic funerary area for several centuries, with a peak in the Hellenistic period and still during Romanization, the flat plates due to this lack of dating elements can be considered from a typological point of view. Starting from their presence in the Necropoli della Cupa at Vignanello (VT), this survey attempts at a morphological classification of the plates within a pattern which includes different shapes, according to some distinctive features: the rim, more or less round, the brim, more or less bending downwards, the presence or the lack of a distinct foot, the central basin, separate or one with the brim, besides further painted or incised elements. What results is a typological pattern where the different plate shapes can be set, though without any chronological connotation which ought to be detected among the other ceramic evidences of funerary sets. In questa sede si tenta un approccio tipologico per una classe ceramica molto diffusa in ambito funerario come i piattelli piani votivi, i quali per loro natura non presentano particolari elementi morfologici o di apparato iconografico che possano fornirne una datazione, anche approssimativa. Abbondantemente attestati in ambito funerario nell’area etrusco-italica in un periodo plurisecolare, con un picco in età ellenistica senza però scomparire con la romanizzazione, i piattelli votivi piani, proprio a causa della mancanza di particolarità datanti, sono tuttavia approcciabili da un punto di vista tipologico. Prendendo ad esempio la loro presenza nella Necropoli della Cupa di Vignanello (VT), si tenta, in questo contributo un loro inquadramento morfologico all’interno di uno schema che distingue per tipi alcune particolarità delle loro forme: il bordo, più o meno arrotondato, la tesa più o meno ricadente verso il basso, la presenza o la mancanza di un piede distinto sul fondo esterno, la vasca interna separata o meno dalla tesa, oltre ad eventuali caratterizzazioni dipinte o incise. Se ne ricava uno schema tipologico in cui inquadrare le varie forme di piattello, pur senza fornirne connotazioni cronologiche che vanno cercate nelle altre attestazioni ceramiche dei corredi di appartenenza.