Gli incunaboli italiani in lingua volgare: preliminari di una ricerca (original) (raw)
2012, Sapienza Università Editrice
Il passato è il prologo" 12 Breve excursus sulla storia dell'incunabolistica 13 Una rivoluzione inavvertita? 23 Scenari digitali. Un nuovo contesto per le fonti dell'incunabolistica 27 Banche dati bibliografiche e catalografiche 29 Collezioni digitali 33 La collezione degli incunaboli italiani in lingua volgare 37 Struttura del corpus 40 Gli incunaboli nel tempo e nello spazio della geografia italiana 42 La produzione dei tipografi 53 I best seller degli incunaboli in volgare 61 I volgarizzamenti 67 La letteratura cavalleresca 71 Il paratesto 86 Note tecniche. La digitalizzazione degli incunaboli italiani in lingua volgare 96 La digitalizzazione 97 Il processo di metadatazione 99 Bibliografia e sitografia delle opere citate 101 Breve excursus sulla storia dell'incunabolistica Ma a volerne fare sinteticamente la storia bisogna partire da più lontano. La storia dello studio e della catalogazione degli incunaboli 9 prende l'avvio tra Germania e Inghilterra sul finire del XVIII secolo 10 quando, tra il 1793 e il 1797, furono editi dal pastore luterano di Norimberga, Georg Wolfgang Panzer 11 (1729-1805), gli Annales typographici ab artis inventae origine ad annum MD. L'ordinamento interno dell'opera (per luoghi di stampa e, al loro interno, per ordine cronologico e per tipografo 12 ) consentiva di «seguire la produzione di un tipografo anno per anno», poiché «tutte le edizioni della medesima tipografia erano riunite assieme nello stesso punto negli elenchi successivi» 13 . Così facendo, le informazioni relative 9 Il termine incunabolo venne introdotto per la prima volta da Cornelio van Benghem che intitolava il suo catalogo di opere stampate nel XV secolo Incunabula typographiae sive catalogus librorum scriptorumque proximis ad inventione typographiae (cfr. Dizionario Etimologico della Lingua Italiana, a cura di Manlio Cortelazzo e Paolo Zolli, 2 a ed., Bologna, Zanichelli, 1999). Secondo Piero Scapecchi, invece, il termine sarebbe stato impiegato per la prima volta nel 1653 dal gesuita francese Philippe Labbé (cfr. Piero Scapecchi, Incunabolo. Itinerario ragionato di orientamento bibliografico, Roma, AIB, 2004, p. 7-8).