MARIA MALIBRAN, UNA DIVA ROMANTICA (original) (raw)
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Maria Malibran, diva tra bel canto e sentimento
Fondazione Rossini Pesaro, 2008
Dopo aver cantato a fatica il bis, nella prima parte del concerto del Grand Musical Festival di Manchester, Maria Malibran, la diva della serata, non rientrò in palcoscenico. Svenuta tra le braccia dell'amico, il basso Lablache, tardava a riprendersi: era 14 settembre 1836. Maria aveva ventotto anni, era incinta e soffriva da mesi dei postumi di una rovinosa caduta da cavallo, ma aveva continuato la sua forsennata galoppata tra viaggi, opere, concerti, serate, senza un momento di respiro, senza tener conto dei violenti malesseri che l'assalivano da tempo. Dopo nove giorni , il 23 settembre, la fine, causata da "febbre nervosa". Moriva così, al culmine di una carriera durata solo dieci anni, la cantante che è stata ricordata come una delle più grandi artiste mai vissute, una diva romantica a cui una generazione di poeti e scrittori ha dedicato opere e versi. Dettò Lamartine per il suo monumento funebre: «Beauté, génie, amour, furent son nom de femme,/ Ecrit dans son régard, dans son coeur, dans sa voix!/ Sous trois formes au ciel appartenait cette âme./ Pleurez, terre, et vous, cieux, accueillez-la trois fois!» (1) L'ampiezza della sua fama era testimoniata dalla stima e l'ammirazione degli intellettuali e dei regnanti; ma la devozione tributatale della gente comune costituisce un indicatore ancora più significativo della straordinaria diffusione e qualità del suo successo. Come per altri personaggi popolari dell'Ottocento (Garibaldi potrebbe essere un buon esempio, ma anche la danzatrice Maria Taglioni) era divenuta oggetto di culto: canzoni, fantasie, aneddoti, immagini, monumenti, album, soprammobili ispirati alla sua figura di donna e di artista. Circolava addirittura una lettura "patriottica" della sua origine: Maria Felicia, in quanto "genio italiano", non sarebbe nata a Parigi, ma a Lucca e venduta poi a Manuel Garcia. (2) Anche la sua biografia era stata rimodellata, nell'intento di costruire un'immagine edulcorata ed agiografica della romantica "donna genio", di cui venivano esaltati sia lo straordinario talento, sia, in quanto donna, le qualità affettive, la generosità e la capacità di offrire emozioni attraverso la sua arte. De Musset scrive nelle Stances, dopo la sua scomparsa: «Qu'as-tu fait pour mourir, ô noble créature Belle image de Dieu, qui donnais en chemin Au riche un peu de joie, au pauvre un peu de pain?
Auspicium imperiumque: ideologia e insegne del potere dall'Etruria a Roma, pubblicato il 21 febbraio 2020.
ALCUNE NOTE SULLA VERGINE MARIA NEL PENSIERO DI CHIARA LUBICH
Nuova Umanità 218 (2015): 68-92, 2015
Nella raccolta di appunti di Chiara Lubich, noti come "Paradiso '49", che descrivono le illuminazioni mistiche da lei ricevute tra il 1949 e il 1951, poco dopo la nascita del Movimento dei Focolari, c'è una serie di testi su Maria. In questo articolo tratterò una selezione di questi passaggi alla luce di alcuni testi fondamentali dei Padri della Chiesa e di teologi medieva-li. Chiunque conosca il ricchissimo patrimonio mariano del periodo patristi-co e di quello medievale e legga i testi del '49 di Chiara Lubich su Maria si troverà, per certi aspetti, su un terreno familiare, non solo per quanto riguar-da le categorie teologiche fondamentali entro cui lei opera, profondamente radicate nella tradizione, ma perché il linguaggio ricorda molto da vicino le immagini impiegate dai Padri per esaltare la bellezza e la virtù di Maria e per spiegare il suo ruolo nell'economia della salvezza. Tuttavia sarebbe un erro-re pensare che i testi della Lubich semplicemente si riaggancino a un'antica tradizione, che era stata in qualche modo oscurata dall'eccessivo pietismo mariano dell'Europa cattolica post-medievale. Al centro del "Paradiso '49" vi è un profondo cambiamento di paradigma nella comprensione del rap-porto tra Dio e l'umanità, che coinvolge necessariamente Maria. Questo cambiamento implica la comprensione di tutto dal punto di vista della logi-ca trinitaria dell'unità («Che tutti siano uno», Gv 17, 21) e di Gesù abban-donato («Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», Mt 27, 46), il quale (ri)genera l'unità nella creazione, riportandola al suo télos originario, che è quello di partecipare «alla sempre nuova e infinita dinamicità delle re-lazioni trinitarie» 1 .
LA RIPETIZIONE DELLA NASCITA NELL'AMORE. MISTICA E FILOSOFIA IN MARÍA ZAMBRANO
Manuela Moretti, 2022
In questo intervento si intende mettere in luce la fecondità del pensiero femminile di María Zambrano all’interno di una prospettiva dove l’orizzonte della nascita viene posto al centro. Quello che ritroviamo all’interno della filosofa spagnola è infatti un concepire che invita a comprendere la realtà non mediante i meccanismi dell’astrazione, ma che richiama piuttosto a una “condizione di amore preesistente” che non può essere concettualizzata. María Zambrano ricorre alla metafora della generazione per indicare quel luogo oscuro e originario che coincide con le viscere maternali della realtà, lì dove quell’amore che aveva trovato rifugio nella mistica continua a dimorare. È da quel luogo oscuro, sacro e primordiale, dove risuonano importanti echi della poesia e della mistica di Juan de La Cruz, che l’uomo dovrà continuare a nascere, in un eterno, e mai concluso, incipit vita nova. Parole chiave: nascita, rinascita, amore, mistica, María Zambrano, Juan de La Cruz
ANTONIO GAGLIARDI: SPECIES INTELLIGIBILIS: ESPERIENZE DI ERMENEUTIC LETTERARIA; MARTIN, (SLOVACCHIA), 2018
La ricostruzione di tanti episodi della Commedia di Dante dipende immediatamente dal testo filosofico che li sorregge e che dà loro forma intellettuale dissolvendosi in essi. Rimane un carattere enigmatico della scrittura quando quel testo assume una forma allegorica e la personificazione impedisce la comprensibilità immediata del testo originario. Esemplare è la donna balbuziente che appare in sogno a Dante con caratteristiche di menomazione fisica evidenti. La comprensione è nulla senza il passaggio alla dottrina che l'ha generata. Ripercorrendo il cammino dall'immagine al concetto, dal concreto all'astratto si riesce a rendere visibile la scrittura originaria che ha generato quell'immagine di donna non soltanto balbuziente ma anche sminuita nelle altre facoltà sensibili. Il carattere di enigma di questa donna balbuziente che viene in sogno a Dante nel XIX canto del purgatorio, quando la notte sta per terminare e il giorno incomincia, mentre l'alba si annuncia, viene letto proprio dentro il contesto delle situazioni che si creano e già, inizialmente, forniscono il quadro dottrinale per scioglierne il significato dall'involucro metaforico, riportando il linguaggio poetico alla sua matrice filosofica o scientifica. La femmina balba si presenta come enigma che soltanto la competenza linguistica e filosofica del lettore può sciogliere in sintonia con la capacità tecnica dell'autore, sostituendo alle formule incognite il testo originario.. Ne l'ora che non può 'l calore diurno intepidar più 'l freddo della luna, vinto da terra, e talor da Saturno quando i geomanti lor Maggior Fortuna veggiono in oriente, innanzi all'alba, surger per via che poco le sta bruna-, mi venne in sogno una femmina balba, ne li occhi guercia, e sovra i piè distorta, con le mani monche, e di colore scialba. Pg. XIX, 1-9 Prima il contesto naturale e poi la descrizione della donna mostrano che costei non è che l'allegoria dell'immaginazione. Rimanda all'immaginazione il contesto della visione di questa donna, il sogno, componendo un'immagine di un essere dalle facoltà fisiche diminuite rispetto a quelle normali. Il sogno è opera dell'immaginazione (Aristotele, Sui sogni) e la stessa immaginazione si presenta nel sogno come personificazione di una donna con i caratteri propri dei sensi fortemente diminuiti. Tutta la tipologia dell'immaginazione che agisce nel sogno viene rispettata. Quel tempo intermedio tra la notte e l'apparire della prima luce, quando la luna non ha più la forza di raffreddare la terra perché anche l'influenza di Saturno diventa più forte, in quell'ora più adatta agli indovini per vedere in cielo la figura della Fortuna Maggiore, appare in sogno al poeta un donna balbuziente. Ma non solo. Vi sono le caratteristiche di una influenza superiore, anche rispetto all'uomo, affinché il sogno PAGE 1
Un’insolita raffigurazione dall’area “Nord-Lucana”. L’askos dalla Tomba 37 di Atena, La Parola del Passato. Rivista di Studi Antichi, vol. LXXIV/1, a.74 n. 406, Firenze 2019, pp.157-182, ISSN 0031-2355., 2019