La vita creaturale di Kafka (original) (raw)
Related papers
Le forme felici di Kafka. Distorcere l'umano, redimere la creatura
Balthazar, 8, 2024, pp. 45-63
L’articolo analizza e commenta una celebre frase che segna il saggio che Walter Benjamin dedicò a Kafka nel 1934 per il decimo anniversario della sua morte: notando come la distorsione sia il segno distintivo della scrittura kafkiana, Benjamin ne sceglie a emblema l’«omino gobbo» di una celebre filastrocca tedesca, concludendo però che esso «svanirà quando verrà il Messia, di cui un gran rabbino ha detto che non intende mutare il mondo con la violenza, ma solo aggiustarlo di pochissimo». Nella forma di questa scomparsa e di questo «aggiustamento» sta il senso della proposta messianica di Kafka: consiste esso in un raddrizzamento della gobba? O se no, che forma prenderà la redenzione?
Una via di scampo. La scimmia di Kafka
2011
La stampa del volume è stata realizzata con il contributo del MIUR pervenuto al Dipartimento di Scienze del Linguaggio e della Cultura-Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia nell'ambito del Progetto PRIN 2007-L'immagine degli animali e l'immagine dell'uomo fra fi losofi a e scienze della vita.
Kafka. L'insospettabile leggerezza dell'essere
estratto da "Appunti su Kafka per lettori recidivi", Tralerighe libri, 2024
Atlante avrebbe potuto pensare che, quando lo volesse, non aveva che da lasciar cadere il globo terrestre e andarsene; più di quest'idea, però, non gli era permesso di avere. (F. Kafka, Gli otto quaderni in ottavo. Quarto quaderno). "La comicità di Kafka dipende da una sorta di letteralizzazione radicale di verità solitamente trattate come metaforiche", ha scritto David Foster Wallace. Pensiamo a espressioni come "mangiare merda", o "morire di fame", o ad attributi come "viscido e schifoso" riferiti a persone, non a vermi: Kafka prende queste immagini linguistiche e le trasforma in narrazioni pseudo-realistiche. I suoi racconti danno vita propria alle metafore, trasformano situazioni estreme, immaginabili solo per assurdo, in episodi ordinari, quasi banali. Che fanno rabbrividire, ma (a volte) anche sorridere. È stato Günther Anders a sottolineare per primo questa specifica caratteristica della scrittura di Kafka. Kafka, scrive Günther Anders, "prende in parola le parole metaforiche". Un esempio per tutti: "Provare qualcosa sulla propria pelle, dice la lingua, quando vuole dare espressione alla realtà dell'esperienza", scrive Günther Anders. "Questa è la base della Colonia penale di Kafka, in cui la pena non viene comunicata oralmente al criminale, ma incisa direttamente sulla pelle con un ago". Ma questo fa paura, non fa per niente ridere.
La "macchia rossa". La scimmia di Kafka tra filosofia dell'animalità e letteratura dell'animalità
Aim of this paper is to investigate Kafka’s short story “A Report to an Academy” (1917) with and after the most interesting analysis of the same story by Felice Cimatti in his book “Filosofia dell’animalità” (2014). In his talk to an academic audience the narrator describes his fore-life as an ape in the open jungle, his capture by some men of the “Hagenbeck company” and his entrance into the human world as an escape from his cage and as an act of (self) violence. The ape’s decision to be a man requires renouncing freedom: compared with the cage where it is imprisoned after the capture, human life means for the ape just another kind of prison. Even if the ape-man learned without problems to speak (through imitation), its being goes on to be a hybrid one. Focus of the paper is to underscore the Kafkian motif of “assault on the border”, insofar as the border is to be intended in Kafka as a mobile one (see the tales “Wish to be a red Indian” (1913), and “An old Manuscript” (1919)). Compared with the ape-figures in E.T.A. Hoffmann, in Robert Musil and in Thomas Bernhard’s short stories, the ape of Kafka is really a kind of monster, i.e. a figure that represents the unexpected, the unforeseeable, the unthinkable. It happens because Kafka tries in his tales to assume the point of view of the animals, to enter in the no-man’s land of the animals’ life. It does not mean simply to explore the world of the other, but also to approach the other in his self. Not just another one, the other as itself, but the other in the self, not just the animal being but the human being. In this way the monsters of Kafka are we ourselves.
Il corpo che scrive. I simboli vuoti di Kafka
Biblioteca delle Oblate, Firenze, 12 aprile 2013 Il corpo che scrive. I simboli vuoti di Kafka Sperando che il mio intervento possa convenientemente inserirsi in un incontro dedicato alle sue interpretazioni, cercherò di porre l'attenzione su come in Franz Kafka taluni meccanismi narrativi facciano "corpo unico" con i contenuti.
Il paradosso della corporeità ne La Metamorfosi di Kafka
1 onfrontarsi con un 'classico' della letteratura è molto complicato, recensirlo, almeno per quanto mi riguarda, sarebbe impossibile. De La metamorfosi di Kafka è stato detto moltissimo, tutto forse; tuttavia la densità della narrazione consente di pensare, e ripensarsi, di fronte a temi centrali del panorama culturale contemporaneo, quali: alienazione, principio di autorità, crisi della soggettività, ecc... . La trama di questo celeberrimo racconto è nota: il
L’Immagine Riflessa. Testi, società, culture, 2020
The paper offers an anthropological reading of Franz Kafka’s work by focusing on the concept of liminality, first coined by Arnold Van Gennep, and reworked and developed by Victor Turner. According to this reading, the refusal of the adult community, one represented by the father’s symbolic order, determined Kafka’s choice to remain exiled in a liminal space: literature and childhood. This condition is evident in Kafka’s work as a whole ‒ from novels to short stories ‒, in the reiteration of some symbolic elements and in the representation of the space, where indeterminacy and incompleteness, along with metaphors of birth and death ‒ ones typical of the liminal phase of the rites of passage ‒ are predominant. In particular, the presence of the ‘same’ protagonist in the three novels, and some themes developed in the short stories, would be representative of the failure of Kafka’s anthropopoietic process and of its involution into a symbolic teratopoiesis.
Sopra un frammento del giovane Kafka. Modi della Vorstellung
As the title suggests the Brod-Kafka controversy demonstrates how difficult it is to distinguish wishful perceptions from reality-testing. The contribution investigates therefore what is here being called ways of the Vorstellung in relation to a Freudian theory of representation. In particular Vorstellungsrepräsentanz (representative of the presentation) denounces the problematic functioning of representational processes where language is involved. Dealing with ethical questions, Kafka's early production illuminates the paradox of subjectivity involved in writing. In this in-Between space (Dazwischen) language and Vorstellung (Vorstellungsrepräsentanz) are not intended to guarantee communication. This hinges upon Kafka's narrative strategies which consider living bodies as generating a dialectic of accommodation and excess not to be exhausted by ideas and schematas. Kafka's early prose Description of A Struggle as well as the strange devices he conceives while lying in bed, at rest or sleepless illustrate the point. In terms borrowed from Lacans' Seminar VII Kafka's answers along with the prose of this period denounce the limits and the deceptive origin of apperception as related to consciousness and the ego. The aesthetical dimension, intertwined with the psychogenesis of the body proper, leads to unprecedented ethical challenges. Representation does not only mediate the knowledge we consume (" ästhetische Freude " – " Apperception "), it also affects knowledge so that we assume with Kafka that representation constructs knowledge. This is also why the Bionian grid as filtering transformational device is compared to Kafka's description of himself as a lattice-workman , a trellis. The will we are willing to investigate and cope with in Kafka's semi-oneiric productions is a poetic will defying figuration. Emerging by means of stylistic and rhetorical strategies this will disconfirms any systematized mental connection aimed at classifying, explaining, understanding. The idea of Vorstellung Kafka maintains challenges our assumptions; it shows how the external world, which is generally understood as the mediation of the perceptual, is overdetermined by our emotions, unconscious desires, affections. KEYWORDS: Unconscious representation as unavailable vs apperception; “in-Between” space; the grid (Bion); “having enough of something”; pleasure principle vs aestethic enjoyment; writing process as working through of experience vs deceptive representational mechanisms Es gibt im gleichen Menschen Erkenntnisse, die bei völliger Verschiedenheit doch das gleiche Objekt haben, so daß wieder nur auf verschiedene Subjekte im gleichen Menschen rückgeschlossen werden kann Franz Kafka 1 1 «Si danno nello stesso uomo conoscimenti che, nella più compiuta dissimiglianza, hanno pur sempre l'identico oggetto sicché si può solo risalire alla presenza di diversi soggetti nel medesimo essere umano» (F. Kafka, Kritische Ausgabe. Nachgelassene Schriften und
Il valore testimoniale del realismo di Kafka
Nel suo saggio Appunti su Kafka, dopo aver precisato che una rappresentazione artistica o è realistica o è simbolica, Adorno mette in evidenza come, nel caso appunto dell'opera kafkiana, nulla si adatta a essa meno della nozione di simbolo. Intesa nell'accezione ben-jaminiana, infatti, una tale nozione viene utilizzata per designare il darsi di una assoluta pienezza e totalità di senso: un'idea, cioè, della realtà come ordine rigorosamente gerar-chizzato, e quindi come struttura sotto ogni profilo organica. Dire, allora, che la totalità dei momenti di cui si compone l'opera d'arte costituisce una dimensione appunto sim-bolica equivale a dire che essa, proprio in virtù della reciproca connessione di tali mo-menti, «trapassa senza iati in un significato» (Adorno [1955]: 250). In questa prospettiva, la nozione di simbolo risulta strettamente connessa a quella di "epifania": a essere in gioco, non a caso, è la capacità che la rappresentazione ha di manifestare l'Assoluto, ov-vero il Senso, in quanto unità intelligibile nella quale il molteplice, ossia il particolare, fi-nisce col risolversi senza residui.