Ebrei a Roma (original) (raw)
Related papers
L'insediamento ebraico cremonese nel periodo che va dalla fine del XIV secolo al 1597, anno della definitiva cacciata, ebbe grande rilevanza all'interno del panorama delle presenze ebraiche nell'Italia settentrionale. In quegli anni, Cremona svolse in Lombardia una funzione peculiare rispetto a Milano, tenacemente fedele alla propria politica di rifiuto di stipulare con gli ebrei condotte d'insediamento nella città, diventando così per gli ebrei la capitale de facto del ducato. Oltre all'importante ruolo commerciale ed economico, la presenza ebraica fece di Cremona e Soncino centri di eccellenza per l'arte tipografica. Di particolare interesse anche la storia delle tensioni fra la Chiesa e gli ebrei, con l'intervento diretto nella vicenda cremonese del cardinale Carlo Borromeo e del vescovo della città, Niccolò Sfondrati, futuro papa Gregorio XIV. Fu il "gran disordine de' giudei" di Cremona a preoccupare particolarmente il cardinale milanese e a spingerlo a intervenire presso la corte spagnola di Filippo II per affrettarne la cacciata. Roberto Bonfil approfondisce l'importanza della tipografia cremonese (e di Soncino) e altri aspetti della vita culturale della comunità ebraica nel periodo in questione. Mons. Pier Francesco Fumagalli mette in luce il rapporto fra la città, la Chiesa e la presenza ebraica, partendo dalle origini fino al grande rogo di Talmud avvenuto a metà del XVI secolo. Michele Luzzati analizza la rete di banchi che legava famiglie toscane alla città lombarda, evidenziando i legami commerciali e finanziari dei banchi cremonesi con le altre realtà italiane. Infine, Giovanni B. Magnoli ricostruisce la storia della comunità a partire dalle prime condotte, con particolare attenzione alla lenta genesi del provvedimento di espulsione, che allontanò per sempre gli ebrei da Cremona.
Ebrei in Italia negli anni Trenta
La Rassegna Mensile di Israel, Numero speciale in occasione dell'emanazione della legislazione antiebraica fascista, vol. 73, n. 2, 2007
Delineare un quadro esauriente delle caratteristiche salienti della pre-senza ebraica in Italia per il ventennio precedente alla promulgazione delle leggi razziali del 1938 presenta ancora oggi delle difficoltà oggettive, causa i pochi contributi storiografici di carattere generale disponibili sul tema, ri-guardanti soprattutto le tendenze demografiche ed economiche degli ebrei italiani, sulle quali in tempi recenti si sono impegnati con risultati soddisfa-centi e da varie prospettive Sergio Della Pergola, Michele Sarfatti e Ilaria Pavan. 1 Per quanto concerne invece gli aspetti organizzativi comunitari e gli orientamenti culturali e politici adottati durante il ventennio fascista dall'ebraismo italiano va registrata l'assenza di uno studio di sintesi, no-nostante negli ultimi anni siano state pubblicate ricerche di un certo rilievo su alcune comunità e su dei temi, che abbracciano interamente o in parte il periodo qui preso in esame. Questi studi, profondamente diversi tra loro sia nei contenuti che sul piano metodologico, riguardano da un lato gli ebrei di Roma, Venezia, Firenze, Pisa, Livorno, Trieste, Gorizia; 2 dall'altro sono in-1 Il primo ad affrontare il tema fu Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino, Einaudi 1961. Fondamentale successivamente: Michele Sarfatti, Gli ebrei nell'Italia fascista. Vicende, identità, persecuzione, Torino, Einaudi 2000. Sui temi demografici vedi: Sergio Della Pergola, La popolazione ebraica in Italia nel con-testo ebraico globale, in Storia d'Italia. Annali 11. Gli ebrei in Italia, a cura di Corrado Vivanti, vol. II, Torino, Einaudi 1997, pp. 897-936, al quale rimando per la bibliografia sul tema. Sui temi economici: Ilaria Pavan, Tra indifferenza e oblio. Le conseguenze economiche delle leggi razziali in Italia 1938-1970, Firenze, Le Monnier 2004. 2 Su Roma vedi: Stefano Caviglia, L'identità salvata. Gli ebrei di Roma tra fede e nazione. 1870-1938, Roma-Bari, Laterza 1996, che tuttavia non dedica molte pagine al primo dopoguerra; Filomena Del Regno, Gli ebrei a Roma tra le due guerre mondiali: fonti e problemi di ricerca, in «Storia Contemporanea», 1992, 1, pp. 5-69; Id., Tenden-EBREI IN ITALIA NEGLI ANNI TRENTA Tullia Catalan
Gli Ebrei nel "Ducato di Urbino": dal Papa al Re
Ebrei dell'Italia centrale. Dallo Stato pontificio al Regno d'Italia, 2012
Troppo vaste e geograficamente diverse le terre dell'ex Ducato di Urbino per poter analizzare in modo esaustivo, sotto il profilo storico, sociale ed economico, la presenza ebraica nel particolare momento del passaggio dallo Stato pontificio al nuovo regno unito. Un rapido sguardo alle condizioni di vita in epoca ducale potrà servire a meglio comprendere il profondo mutamento cui gli ebrei andavano incontro passando sotto il Governo della Chiesa e, di conseguenza, la sete di giustizia e libertà che li spinse poi ad aderire alla causa risorgimentale. Dall'opulenza in epoca ducale, quando gli ebrei erano liberi di svolgere qualsiasi attività, da Privilegi dal Signor Duca» 4. Le sue condizioni di salute erano seguite con ansia: preti zelanti lo spiano per riferire all'impaziente pontefice, mentre «gli Ebrei che havevano nelle Sinagoghe loro messe le orazioni, e digiunato a pane e acqua» 5 ne temono la fine. Ma il 28 aprile 1631 Francesco Maria II Della Rovere, sesto e ultimo Duca di Urbino, muore: nei 57 anni di regno aveva donato ai suoi sudditi ebrei il più lungo periodo di serena convivenza. Dopo appena quattordici giorni Urbano VIII annette il Ducato allo Stato della Chiesa. La comunità di Urbino, e non solo quella ebraica, si avvia rapidamente al declino. La città, abbandonata dalla corte, che già negli ultimi anni si era divisa tra Pesaro e Casteldurante, da capitale del Ducato diventa ora lontana periferia dello Stato pontificio, calano i commerci e il relativo benessere. Le condizioni dell'"Universitas Hebreorum civitatis Urbini" peggiorano anche sotto l'aspetto demografico, molti ebrei, negli ultimi mesi di malattia dell'ormai vecchio Duca, si erano già trasferiti a Mantova, altri avevano seguito gli spostamenti della corte, per cui in Urbino, da quasi 500 che erano alla metà del Quattrocento, ne rimangono, al momento della devoluzione, 369 divisi in 64 famiglie, compresi quelli costretti a lasciare i paesi circostanti come Fossombrone,
Una cronologia e uno studio dei 13 obelischi egizi di Roma, la città che ne vanta di maggior numero al mondo. L'avventuroso trasporto a Roma, l'erezione, la rovina, il riutilizzo.