Effetti d'un influsso (mai) interrotto: la presenza di Capuana nell'ultima novella di Pirandello (original) (raw)

modello per Pirandello: Capuana e gli spiriti

Revista de Italianística, 2018

Il saggio analizza l’influenza di Capuana sull’opera di Luigi Pirandello. Dalle riflessioni sullo spiritismo, e dalle esperienze mediatiche: di scrittura automatica, Capuana elabora la teoria dell’allucinazione artistica e proclama il principio di un’arte che crea personaggi vivi, capaci di agire nella realtà come esseri autonomi. Tra il 1904 e il 1915, il giovane Pirandello raccoglierà alcuni spunti di quelle riflessioni, com’è evidente ne Il Fu Mattia Pascal, per la scena della seduta spiritica, e soprattutto nel racconto Personaggi e poi in Sei personaggi in cerca d’autore. Il mistero della perce- zione sensibile è il nodo comune dei due scrittori siciliani che, alle soglie del Novecen- to, sembrano passarsi il testimone sulle domande relative al principio della duplicità dell’essere.

Una visita dal "di là": simmetrie oniriche tra Pirandello e Capuana

Una visita dal "di là": simmetrie oniriche tra Pirandello e Capuana, 2020

Primo vero modello letterario di Pirandello, Luigi Capuana, verista atipico incline al richiamo dell’occulto, contribuì a indirizzare ideologicamente l’agrigentino a fine ‘800 sulla via dell’irrazionale, sollecitando in lui un concreto interesse per le dottrine teosofiche e spiritiche. Fine di questo saggio è mostrare come l’influenza operata dallo scrittore di Mineo su Pirandello possa declinarsi anche su matrici oniriche, attraverso una indagine di analogie e nessi che intercorrono tra "Sogni… non sogni!" (1905) del primo e "Visita" (1935) del secondo. È infatti il suggestivo tema della «realtà del sogno» – di probabile ascendenza teosofica e frequente nell’ultima produzione pirandelliana – a raccordare i due lavori, prospettando un inaspettato e rinnovato rapporto tra i due scrittori per cui il mondo reale è intimamente connaturato a quello “di là”: "Visita" rappresenta inoltre un primo e pionieristico approccio di un processo estetico di conversione irrazionalistica del momento artistico che Pirandello avrebbe poi più ampiamente operato in Effetti d’un sogno interrotto e nei "Giganti della montagna", inaugurando una breve nuova stagione che solo la morte avrebbe interrotto.

Sull’ultimo romanzo di Pirandello

2018

ha definito Uno, nessuno e centomila, il romanzo testamentario di Pirandello, «un affannoso e più o meno consapevole esperimento di autoanalisi nonché di autoterapia». Il percorso di ricerca del protagonista, che si conclude, nel suo «nichilismo vitalistico» (Pupino), con la dispersione dell'identità, il rifiuto del nome, l'estasi panica nel flusso vitale della natura, sembra esprimere, dialetticamente, secondo le parole dell'autore, «il lato positivo del suo pensiero»: "l'annunciatore della vita" come ipostasi del poeta e dello scrittore, archetipo simbolico raggiunto in un lungo percorso di individuazione. Giancarlo Mazzacurati defined One, No One and a Hundred Thousand, as Pirandello's testamentary novel, a breathless and more or less conscious experiment of self-analysis as well as of self-therapy». The protagonist's research, which concludes itself in his «vitalistic nihilism» (Pupino), with the fragmentation of the identity, the refusal of the name, the panic ecstasy in the vital stream of nature, seems to express, dialectically, as the author says, «the positive side of his thought»: "the announcer of life" as hypostasis of the poet and of the writer, symbolic archetype reached in a long way of identification. Parole chiave Pirandello, romanzo, Uno, nessuno e centomila Contatti carlangelom@libero.it 1. Il naso. Il guardarsi di Moscarda dentro la narice allo specchio, strumento topico del doppio, è l'abbrivio gogoliano dell'autoscopia di Uno, nessuno e centomila, libro che risente di diversi spunti e influenze del romanzo europeo, soprattutto del Tristam Shandy di Sterne. 1 La fisiognomica, a Pirandello ben nota, insegna che il volto è specchio dell'anima ed è sul naso, per Lavater una delle parti più importanti e meno camuffabili del volto, su cui si concentra Moscarda spinto dalla moglie Dida. Già l'autore, che «interpretava il suo nome come pyros anghelos» e di cui Vitangelo «è evidente alter ego onomastico », 2 in un passaggio dell'Umorismo (1908), si sofferma sul naso: «Che faccia ci hanno dato per rappresentare la parte del vivo? Un brutto naso? Che pena doversi portare a spasso un brutto naso per tutta la vita...». 3 Quando la moglie dice al suo Gengé che il naso di lui pende a destra,

Tra la prima e la seconda «Giacinta» di Capuana

Si dà conto del patrimonio costituito da una folta messe di materiali autografi conservati nella Biblioteca Comunale di Mineo, i quali documentano l’inedito traumatico transito dalla prima alla seconda edizione del romanzo negli anni dal 1879 al 1896, riordinati e ricomposti secondo l'interna scansione cronologica e redazionale.

Capuana e la letteratura per l'infanzia

Un breve studio su Luigi Capuana che, in un arco di tempo di trentatré anni, mai smise di interessarsi di letteratura per l’infanzia. Un ritratto, sia pure accennato, dello scrittore siciliano, che andrebbe riproposto con forza per la qualità del lavoro e per la finezza espressiva. Lo scritto vuole anche essere un piccolo omaggio a Carmine De Luca e Rocco Paternostro, studiosi ampiamente citati nel saggio.

Modelli e interferenze nell`esordio di Pirandello dramaturgo: "La morsa

Cuadernos De Filologia Italiana, 1998

Pare opportuno insistere nell'indagine sul debutto teatrale di Pirandello, concentrandosi ancora una volta sulla dimensione ridotta dell' atto unico. La proposta intende privilegiare una circostanza obiettiva che favorisce la possibilitñ di riconoscere entro l'arco di una misura breve i meccanismi del congegno compositivo nel trapasso di codice. Perché per l'appunto di questo si tratta: la storia interna ha il pregio di visualizzare sotto il rispetto del genere le scelte di base che propongono in successione le calcolate strategie dell'approccio. Novella e teatro difatti si susseguono senza soluzione di continuité e l'esercizio certifica subito la varia casistica: visto che l'evoluzione della scrittura comporta un addestramento sistematico a uscire, a norma del lessico della narratologia, da una teenica diegetica per assurnere u passo della proposta mirnetica. Ora proprio 1'elastica flessibilitá della maniera segnala, piit degli indizi biografici o dell' aneddotica periodicamente risorgente e pure non trascurabile, la cogenza di una vocazione a lungo maturata, secondo una prospettiva che prepara da lontano l'esito definitivo. Sotto questo rispetto non risulta casuale, sí sa, l'insistenza sul genere del racconto, tematicamertte ad angolo giro. itt modo da triturare per via di analisi la realtá fino a far risaltare gli elementi umoristici, cioé contraddittori e divaricati: come dire, in termini funzionali, le potenzialitá drammaturgiche del «'nido' dei suoi personaggi» Cosi O. Macchia (1985: XLV). Riguardo alía preistoria della drammaturgia pirandelliana, in particolare per Lo marsa seguita nelle suc varie evoluzioni compositive fino alía versione siciliana in servizio di Giovanni Grasso (1917), si rinvia a A. D'Amico (l994~: 5-13). Rappresentata u 9 dicembre 1910 per II Teatro Minimo a Sezioni di Nino

Il motivo della (e)migrazione nelle novelle di Pirandello

Oggi, al tempo in cui l'animata discussione sugli immigrati (e nella letteratura, nello specifico sugli scrittori-migranti, coloro che dovevano portare solo le braccia, invece si sono portati dietro intere famiglie, e qualcuno anche i libri, diventando scrittore) tende a soppiantare o a marginalizzare la memoria dell'emigrazione storica degli italiani, quella avvenuta a cavallo tra l'800 e il '900, alcune novelle di Luigi Pirandello tornano particolarmente pertinenti. Non solo perché portano con sé il fastidioso ricordo che, come osservarono già a suo tempo Antonio Gramsci e Giuseppe Antonio Borgese, e a cui oggi fa eco Fulvio Pezzarossa, 1 dal tempo dell'unità sino al tardo '900 fosse un problema rimosso, tutt'al più pseudonimizzato, circuito con varie metafore. Sono pertinenti anche perché, curiosamente, sul finire del '900, con molto ritardo, ma anche anticipando la nuova diaspora dei giovani italiani senza occupazione, hanno cominciato ad apparire racconti su quell'odissea storica che interessò milioni di italiani dopo l'Unità (Novecento di A. Baricco, Vita di M. Mazzucco, Quando Dio ballava il tango di L. Pariani 2 ).