Davide Passerini, Familiaritas, hospitium e giurisdizione: i principi angioini tra XIII e XIV secolo, in «Archivio storico per le province napoletane», CXXXVII (2019), pp. 73-105 (original) (raw)
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Eurostudium3w, 2019
After the conquering of the Kingdom of Sicily by Charles I of Anjou, the northern border region of the Abruzzi faced many changes due to the arrival of the new dynasty. The Angevin kings brought forth centralising policies, the edification of new towns and an improved control by the central authority in the area. Noble families of the frontier region were forced to deal with the changes. Some were able to adapt themselves to the new paradigm, and even to use it as a mean to social ascent. Others were not as capable or lucky, and suffered impoverishment and even extinction. The opposed developments of the de Roio and the de Machilone families allow us to observe two emblematically divergent trends, linked to the different ability to evolve shown by the two houses. The de Roio were in fact able to adjust their strategies, entering the service to the king and integrating themselves within the new town of L'Aquila. Conversely, the de Machilone failed to do so, and were thus deprived of their land and vassals, and even attacked by L'Aquila itself. In seguito alla conquista del Regno di Sicilia da parte di Carlo d'Angiò, la regione del confine settentrionale si trovò ad affrontare numerosi cambiamenti apportati dai sovrani della dinastia angioina, che intrapresero politiche di centralizzazione, autorizzarono la fondazione di nuove universitates demaniali e incrementarono il controllo regio sulla zona. La nobiltà locale fu costretta a confrontarsi con questi sviluppi: alcune famiglie riuscirono a adattarsi e persino a sfruttare la nuova contingenza come occasione di ascesa sociale; altre furono meno capaci o fortunate, e ne uscirono indebolite e impoverite. L'evoluzione delle fortune dei de Roio e dei de Machilone ci consente di osservare come le strategie opposte intraprese dalle due famiglie portarono la prima a crescere in potenza, sfruttando l'ufficialità regia e i legami con L'Aquila, mentre la seconda, incapace di adattarsi, fu privata di terre e vassalli e vide il proprio castello attaccato a distrutto da L'Aquila stessa. The paper can be found at the following link: http://www.eurostudium.eu/Eurostudium52-53/Casalboni.pdf
La mancanza di studi territoriali complessivi riguardanti la distribuzione corografica effettiva riferibile a ciascuna Baronia nel regno di Napoli nella seconda metà del XV secolo, induce a considerare queste nostre indicazioni come un primo approccio di massima, utile a comprendere, per la prima volta, l’entità fisica dei Domini considerati, la loro rilevanza e l’impatto all’interno del Regno, le possibilità territoriali in rapporto alle committenze sia insediative, sia architettoniche tra Feudi titolati, riferiti cioè a famiglie che però non ne avevano la gestione diretta; e Feudi sui quali i vari gruppi familiari avevano il controllo diretto.The lack of studies territorial total regarding the actual distribution chorographic attributable to each Barony in the kingdom of Naples in the second half of the fifteenth century, it leads to consider this our recommendations as a first approach in principle, useful in understanding, for the first time, the physical entity of Domains considered, their relevance and impact in the Kingdom, the possibilities in relation to territorial commissions both settlements, both architectural. The difficulties for territorial identification uniquely Baronie and Feudi in a restricted period like that between 1463 and 1485 (with extension then until 1499) appear, at present Research, in many ways is insurmountable for legal reasons related to the situation XV (in the presence, for example,
L'unità di base della società napoletana è la famiglia nucleare, nella quale il potere del pater familias non era illimitato. E va rivisto il giudizio di uno dei rarissimi storici del mondo alto-medievale napoletano, Romualdo Trifone, secondo cui la potestà paterna si estrinsecava «oltre che nei rapporti morali di protezione e di rispetto, nell'intervento agli atti conclusi dai componenti della famiglia, nell'assistenza nei giudizi e nel consensus e nella voluntas esplicitamente espressi nei contratti» 1 . Ruolo che appare ridotto da una lettura integrale della documentazione, composta da più di mille documenti 2 .
Venezia 1576 (ed. E. Albèri, Le relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, raccolte, annotate ed edite da Eugenio Albèri a spese di una società, Firenze, Tipografia e Calcografia all'insegna di Clio, serie II, volume II, 1841, pp. 266-311) Giovanni Battista Leoni Relazione del Regno di Napoli Venezia 1579 (ed. E. Albèri, L'Italia nel secolo decimosesto, ossia le relazioni degli ambasciatori veneti presso gli stati italiani nel XVI secolo, Firenze, Società Editrice Fiorentina, serie II, tomo V, 1858, pp. 447-472) Girolamo Ramusio Relazione del Regno di Napoli Venezia 1597 (ed. E. Albèri, Le Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato durante il secolo decimosesto, raccolte ed illustrate da Eugenio Albèri, Firenze, Tipografia Grazzini, Giannini e c., XV [appendice], 1863, pp. 297-352) a cura di Alessandra Rullo Università degli Studi di Napoli "Federico II" Dipartimento di Studi Umanistici "E. Lepore" Napoli, febbraio 2013 PREMESSA Nel 1992 le relazioni dei diplomatici veneziani in missione a Napoli sono state pubblicate in un accurato testo storico-critico da Michele Fassina, che ne ha preso in esame l'intero corpus superstite (nove relazioni per un periodo che va dal 1576 al 1790), verificandolo sui manoscritti originali, opportunamente confrontati tra loro per distinguere la versione princeps dalle copie. Il volume dello studioso fa parte della collana Corrispondenze diplomatiche veneziane da Napoli, un programma editoriale avviato dall'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli nel 1982 sotto la direzione di Marino Berengo, Gaetano Cozzi, Luigi Firpo, Raffaele Ajello e Rosario Villari. Dei venticinque volumi previsti ne sono usciti finora sette, pubblicati dall'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Libreria dello Stato, Roma. Per ragioni di copyright, la presente edizione delle tre relazioni dell'ultimo Cinquecento si basa soltanto sulla stampa ottocentesca di Eugenio Albèri, ma rimandando al lavoro di Fassina per ulteriori approfondimenti. Si tenga presente, in particolare, che questo studioso ha potuto correggere nel modo seguente le attribuzioni dei primi due testi fornite da Albèri: 1) Il testo di Girolamo Lippomano datato da Albèri al 1575 è del 1576;
1. Se inteso nel significato corrente, il termine "ambasciatore" è piuttosto improprio per la realtà comunale italiana duecentesca. In effetti, sino a tutto il Quattrocento non è possibile parlare, per il complesso delle realtà politico-istituzionali della penisola, dell'esistenza di autentici "corpi diplomatici": chiunque poteva essere scelto per partecipare a specifiche missioni, anche se alcune categorie sociali -giurisperiti, cancellieri, membri dell'élite cittadina -erano più soggette di altre a ricoprire tali incarichi. Benché vi siano ampie tracce nei Libri iurium comunali d'incombenze diplomatiche affidate più volte ai medesimi personaggi, certamente a causa dell'esperienza accumulata nel tempo, in questo periodo l'azione dell'ambaxator è in genere finalizzata alla conclusione d'un singolo negozio, in relazione al quale egli è incaricato delle mansioni più diverse: talvolta ha solo il compito di riferire verbalmente un messaggio; ma può anche darsi che il mandato ricevuto gli permetta un più ampio margine di intervento o di trattativa. E' difficile, tuttavia, stilare un profilo univoco dell'ambasciatore duecentesco, tanto più che le fonti normative del tempo mostrano un generale disinteresse nei suoi confronti 1 .