Recensione a M. Mustè, Marxismo e filosofia della praxis. Da Labriola a Gramsci Viella, 2018 (original) (raw)
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Marcello Mustè, Marxismo e filosofia della praxis. Da Labriola a Gramsci, Roma, Viella 2018
Nello sviluppo del marxismo europeo il contributo del pensiero italiano manifesta una spiccata peculiarità, che trova nella formula della “filosofia della praxis” una sintesi efficace. Dagli scritti di Antonio Labriola alle ultime note di Antonio Gramsci, con la mediazione di autori quali Benedetto Croce, Giovanni Gentile e Rodolfo Mondolfo, la filosofia della praxis diventa il fulcro di una ricerca innovativa, che si connette a motivi profondi della tradizione nazionale (dal Rinascimento alla “riforma della dialettica” di Bertrando Spaventa) e che tende alla elaborazione di un diverso senso della “ortodossia”. Nel pensiero di Gramsci la parabola del marxismo italiano si stringe nei temi della costituzione del soggetto politico, della natura della democrazia moderna e del nesso tra cosmopolitismo e storie nazionali. Le grandi categorie della meditazione gramsciana riflettono così una lunga vicenda storica e teorica (che il libro ricostruisce in maniera dettagliata) e dischiudono prospettive ancora attuali per la comprensione del presente.
Recensione di: A. A. Santucci, "Senza comunismo. Labriola, Gramsci, Marx" (2017)
2018
L'antologia "Senza comunismo. Labriola, Gramsci, Marx" (Roma, Editori Riuniti, 2017, pp. 168) rimette in circolazione i saggi di Antonio Santucci, storico e allievo del filosofo italiano Valentino Gerratana, già editi con questo titolo nel 2011 e dedicati a due figure fondamentali del panorama intellettuale e politico comunista italiano, Antonio Labriola e Antonio Gramsci, nonché alcuni lavori su Marx ed Engels.
Studi Culturali, 2022
Il libro raccoglie contributi di studiosi e studiose che analizzano il modo in cui Marx e il marxismo sono stati messi all’opera da intellettuali, attivisti e attiviste ai margini dello stesso marxismo. «I difetti lampanti» (p. 50) nella comprensione dell’importanza della questione coloniale-razziale che Césaire denuncia sono variamente elaborati dagli autori e dalle autrici presi in esame, in un eterogeneo lavoro di distensione (per richiamare il celebre monito fanoniano) della teoria marxiana e di traduzione della pratica politica rivoluzionaria in diverse congiunture storiche. I contributi ricostruiti nel volume sfidano così ciò che i curatori definiscono «marxismo bianco», quell’approccio riduzionista che un certo marxismo occidentale ha avuto – e continua ad avere – nei confronti della questione coloniale, della materialità di razza e razzismo e della molteplicità delle esperienze di classe a livello globale.
2020
Nella poesia Biglietto lasciato prima di non andare via Giorgio Caproni scrive: Se non dovessi tornare,/ sappiate che non sono mai/ partito. Il mio viaggiare/ è stato tutto un restare/qua, dove non fui mai. Notevole per ben altri versi, per farla lunga dirò che ricorda il nessundove senza negazioni delle Elegie duinesi, è la perfetta missiva hauntologica di Marx ai sui interpreti "futuropassati". Marx ci insegna subito due cose: la prima è che il pluslavoro è appropriazione della possibilità reale del di più di valore che deriva dalla capacità lavorativa, più specificamente, dalla forza-lavoro del lavoratore. Questa appropriazione è strutturale, sta alla base della riproduzione del capitale come cosa e come rapporto., come fondo iniziale ma aumentato e come titolarità sulla prestazione della forza-lavoro. La seconda è che questo rapporto tra capitalista e lavoratore è di natura storica, quindi essenzialmente politica e viceversa. Di come venga attribuita la porzione tra lavoro retribuito e lavoro non pagato, lo decidono i rapporti di forza tra le classi. Non il mercato. O anche, ma, di certo, non razionalmente, né - che della razionalità è un attributo - in autonomia.