«Perché i figli di Aymeri lasciano Narbonne? Evoluzioni di un mythe familial tra Francia, Italia e Spagna», in Studi sulla Letteratura Cavalleresca in Francia e in Italia (secoli XIII-XVI). Volume 2, a cura di M. Lecco, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2019, pp. 1-22 (original) (raw)
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Nel 1942 compariva sulle pagine della "Rivista di storia del Diritto italiano" un saggio di Alessandro Visconti intitolato Della nobiltà e delle sue prove secondo il diritto comune con particolare riguardo alle prove per l'ammissione all'Ordine di Malta nel quale l'autore, ripercorrendo la storia dell'ideologia nobiliare e dell'idea di nobiltà in Italia, esaminava tutta una produzione giuridica relativa al tardo medioevo e all'età moderna che cercava di definire le qualità che facevano di un uomo un nobile. Non seguiremo per ora il Visconti nelle sue conclusioni (ma ci soffermeremo in seguito su di esse) attorno allo stretto rapporto tra la sempre più stringente formalizzazione dei paradigmi che negli stati italiani di antico regime individuavano e definivano lo stato di nobiltà e il declino settecentesco dell'aristocrazia di fronte all'emergere di ceti nuovi e di apparati statali sempre più pervasivi, ma partiremo da quanto da lui scritto per ragionare sulle prove di nobiltà che l'Ordine gerosolimitano richiedeva ai pretendenti e sul loro valore quali fonti utili per ricostruire aspetti importanti della società italiana tra XVI e XVIII secolo.
Il romanzo cavalleresco spagnolo, un bestseller europeo Per libros de caballerías si intende in Spagna il romanzo d'evasione, d'amore e di avventura, che fiorì nella penisola iberica durante il XVI secolo. Il genere cavalleresco era allora molto popolare in tutta l'Europa, ma mentre in Italia prevalsero i romanzi in ottava rima, come l'Orlando Innamorato (1482-94) e il Furioso (1516-1532), in Spagna si diffusero i romanzi in prosa.
Il romanzo cavalleresco spagnolo, un bestseller europeo Per libros de caballerías si intende in Spagna il romanzo d'evasione, d'amore e di avventura, che fiorì nella penisola iberica durante il XVI secolo. Il genere cavalleresco era allora molto popolare in tutta l'Europa, ma mentre in Italia prevalsero i romanzi in ottava rima, come l'Orlando Innamorato (1482-94) e il Furioso (1516-1532), in Spagna si diffusero i romanzi in prosa.
Il saggio si propone di riesaminare la storia editoriale de L'arte della gioia di Goliarda Sapienza in rapporto alla sua ricezione francese. Nella prefazione all'edizione Einaudi, Lunga marcia dell'Arte della gioia, Angelo Pellegrino evidenzia come il destino critico dell'opera abbia conosciuto contrarietà e fasi complesse: il silenzio che accolse la prima edizione italiana per i tipi di Stampa Alternativa (1998), l'attenzione invece riscontrata in Germania, grazie alla curatela di Waltraud Schwarze, e il trionfo francese, per merito e intuizione dell'editrice Viviane Hamy e della traduttrice Nathalie Castagné. Un successo europeo che appare dunque legato agli interventi di tre donne ma soprattutto un caso esemplare di come il filtro culturale possa essere determinante, agendo come una lente che, proprio in virtù di una distanza, intercetta il potenziale più sottile, complesso e 'spurio' di un'opera. Osservare e ricostruire questo frangente della vicenda de L'art de la joie, nel contesto più ampio dei rapporti editoriali e culturali tra Italia e Francia, tra gli anni '90 del Novecento e gli anni Duemila (è del 2005 l'articolo di René de Ceccatty Sapienza, princesse hérétique, uscito sul supplemento libri de «Le Monde»), si configura come un'operazione utile a problematizzare (in chiave internazionale) l'evidenza dell'esclusione delle scrittrici dal canone della letteratura italiana contemporanea. Scrive Giulio Ferroni nel suo saggio Dopo la fine. Sulla condizione postuma della letteratura: Per Adorno […] lo stesso 'spirito' delle opere, il loro equilibrio interno e la loro legge formale, può perdersi mentre esse vivono e sono riconosciute nel processo storico. Nella loro vita postuma, nel loro prolungarsi nella traduzione, nel loro divenire 'trasparenti' all'interpretazione, esse possono divenire altro da ciò che erano. 1 È in un tale orizzonte, postumo e contraddistinto dalla mutevolezza, che si inscrive il destino de L'arte della gioia di Goliarda Sapienza. Questo saggio si propone di riesaminarne la storia editoriale in rapporto alla sua ricezione francese. Nella Cronistoria di alcuni rifiuti editoriali dell'Arte della gioia (2016), Angelo Maria Pellegrinovedovo dell'autrice, custode del suo archivio e curatore della biografia postuma Ritratto di Goliarda Sapienza-2 ricostruisce la lunga sequenza di rifiuti incontrati dal manoscritto presso molti editori italiani: 3 si sofferma sugli scambi epistolari con editor e direttori di collane di Rizzoli, Einaudi, Feltrinelli, Editori Riuniti, Mondadori e Rusconi, che attraversano un ventennio, dalla fine degli anni '70 alla fine degli anni '90. Dopo quasi dieci anni di scrittura (dal 1967 al 21 ottobre 1976), L'arte della gioia comincia infatti la propria lunga marcia nell'estate del 1978, con l'invio (definito, nella lettera che lo accompagna, un «rito-esorcismo») a Enzo Siciliano, editor di alcuni romanzi di Sapienza per Garzanti. Marcia che accennerà a concludersi soltanto nel 1998 (dunque due anni dopo la morte di Sapienza) con la prima edizione italiana integrale per i tipi di Stampa Alternativa. Si tratta di una tiratura di un migliaio di copie, a spese di Pellegrino, che scrive:
Questo nomade nomade mondo. La "necessità del viaggio" tra Medioevo e età moderna, a cura di I. Gagliardi, Bologna, Il Mulino, 2011, , 2011
Un contributo che passa attraverso l'Ugone d'Alvernia, il Guerin Meschino per arrivare all'Ottimo e a G. Maramauro commentatori di Dante: un intreccio di leggende e di personaggi alla ricerca dell'identità.