Brani di Novellæ giustinianee (Nov. 123, 10 & Nov. 137, 4) quali fonti del canone 106§2 del CCEO (original) (raw)

UNA LEGGENDA NERONIANA NEGLI «SCHOLIA IN IUVENALEM RECENTIORA» CON UN’APPENDICE SU UNA GLOSSA ALLA «CONSOLATIO PHILOSOPHIAE» DI BOEZIO

Filologia mediolatina. Studies in Medieval Latin Texts and their Transmission Rivista della Fondazione Ezio Franceschini, 2018

The grotesque medieval legend about Nero giving birth to a frog is associated with the false etymology of the toponym Lateranis, lata rana, i.e. ‘big frog’. Apparently, this correlation has been attested for the first time in the Scholia in Iuvenalem recentiora, ascribed to Remigius of Auxerre. Through the analysis of scholiastic, lexicographical, and literary sources, the present paper aims to uncover the origins of this peculiar connection between Lateranis, Nero, and the legend itself. Particular attention has been paid to a series of details which the Carolingian master records whenever he finds precise references (or even allusions) to Nero in Juvenal’s Satires. Moreover, a brief appendix discusses the authorship of an anecdotal version of the Emperor’s death by focusing on another gloss about Nero: such annotation, occurring in a few manuscripts of the Consolatio Philosophiae and previously attributed to Remigius himself, seems to open a path to further investigations on the relations between the so-called School of Auxerre and the Abbey of Saint-Amand.

Materiali vecchi e nuovi per lo studio delle fonti della novella bandelliana di Massinissa e Sofonisba (1,41)

Archivio Novellistico Italiano, 9, 2024

La bandelliana novella 1,41 tratta, come da titolo, dell’«infelice esito de l’amore del re Masinissa e de la reina Sofonisba sua moglie». La vicenda è istoria, o, per meglio dire, si svolge entro la quinta storica della seconda guerra punica al tempo in cui il numida Massinissa e i romani Publio Cornelio Scipione e Gaio Lelio, sconfitto Siface ai Campi Magni, conquistavano la città di Cirta, capitale del Regno di Numidia (203 a.C.). Seppur dichiaratamente petrarchesca, la novella rappresenta, in virtù della lunga tradizione letteraria dovuta alla materia di cui tratta, un accesso privilegiato per lo studio di quella che potremmo definire “meccanica della citazione bandelliana”. Necessario riferimento dell’autore sono difatti, più che i segnalati Triumphi, le Deche di Tito Livio (30,12 e 30,14-15), l’Africa di Petrarca (libro V) e il Decameron di Boccaccio (4,1). Partendo dal riesame dei materiali prodotti dall’acceso dibattito intorno alle fonti di 1,41 negli anni Venti del Novecento, l’articolo propone, a distanza di un secolo, uno studio sistematico dei rapporti tra la novella e le sue fonti maggiori.

Le fonti dei Miracula giovanniti attraverso un inedito della Corsiniana

L. Benedetti - B.M. Cecchini - M. Gemignani - T.M. Rossi (a cura di), «Tuitio fidei et obsequium pauperum». Studi in onore di fra' Giovanni Scarabelli per i cinquant'anni di sacerdozio, 2019

Un codice conservato nella Biblioteca Corsiniana (ms. 41-D-25) riporta nelle carte iniziali la redazione breve del racconto agiografico delle origini de''Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme. Rielaborando una notizia di Isidoro, che l'arcivescovo di Siviglia aveva tratto, a sua volta, da fonti antiche, il testo ruota attorno a personaggi del Vecchio e del Nuovo Testamento - il sacerdote Melchiorre, il re Antioco, Giuda Maccabeo, Giovanni Battista, santo Stefano - ambientando nella "Sacra Domus Hospitalis" gerosolimitana episodi della storia sacra per sollecitare le collette. Nel tentativo di asserirne il prestigio di antichità, il testo narra della continuità spaziale e istituzionale dello xenodochio dai tempi della sua supposta fondazione al Medioevo.

La Sardegna giudicale nell’Archivio del Capitolo di San Lorenzo di Genova e un ‘nuovo’ documento di Barisone I d’Arborea

2019

Il contributo è incentrato sullo studio dei documenti relativi alla Sardegna conservati presso l’Archivio del Capitolo di San Lorenzo di Genova. Nella prima parte del lavoro si propone un riepilogo dei principali studi relativi ai rapporti intercorsi fra la Sardegna e Genova fra l’XI e il XIII secolo, segue un dettagliato repertorio archivistico esito dello studio diretto dei 14 atti registrati nel Liber Privilegiorum Ecclesiae Ianuensis. La seconda parte del saggio è incentrata sull’analisi di un atto sciolto, confluito di recente nella serie Pergamene non inventariate del medesimo archivio genovese, del quale viene offerta anche l’edizione diplomatistica.

Carlo Magno e Gerusalemme nelle fonti coeve

E. D'Angelo - J. Jolkowski (a cura di), Auctor et auctoritas in latinis Medii Aevi litteris. Author and Authorship in Medieval Latin Literature, Firenze, SISMEL Edizioni del Galluzzo, 2014, ISBN 978-88-8450-554-5, 2014

Padri Apostolici + Giustino e Ireneo, riferimenti ai vangeli canonici

Didachè (Didac¾), termine greco che significa "Insegnamento", è il nome di un breve trattato contenente istruzioni per le comunità cristiane. Esso è noto anche come "Dottrina dei Dodici Apostoli". Il testo, suddiviso in sedici capitoli, è probabilmente il più antico catechismo scritto del cristianesimo. Può essere suddiviso in tre sezioni principali, nella prima (capp. 1-6) è esposta una serie di precetti morali per seguire la "via della vita" in contrapposizione a quella della morte; nella seconda parte (capp. 7-15) il trattato parla di argomenti relativi al battesimo, all'eucaristia, alla predicazione e ai fondamenti dell'organizzazione della Chiesa. L'ultimo capitolo (16) costituisce invece una sorta di piccola apocalisse dai forti accenti escatologici. L'opera era verosimilmente indirizzata ai fedeli di base più che ai capi delle comunità cristiane. Atanasio, Rufino e Giovanni Damasceno lo consideravano un documento canonico ma non fu così per altri padri. Andato perduto, il testo della Didachè è stato ritrovato e pubblicato in epoca moderna soltanto nella seconda metà del XIX secolo. Philoteros Bryennios, vescovo metropolita di Nicomedia, scoprì nel 1873 a Gerusalemme un antico codice medievale in greco, copiato nel 1056, che fu denominato Codex Hierosolymitanus o, in gergo "tecnico", codice H, contenente praticamente tutta la letteratura del cosiddetto periodo apostolico, compresa la Didachè. A. Hilgenfeld (1823-1907) utilizzò proprio il codice H per pubblicare il testo della Didachè nel 1883. Essendo scritto in greco, H rimane indubbiamente il manoscritto principale per lo studio della Didachè, sebbene tra il XIX e il XX secolo siano state scoperte parti della Didachè in latino, copto ed etiopico. Anche se le attestazioni documentali del trattato possono sembrare relativamente recenti e basate su un codice dell'XI secolo, La Didachè è citata in Eusebio di Cesarea (265-340 d.C. circa), Hist. Eccl., III, 25. Il "testo" della Didachè è considerato essere molto antico, composto nel I secolo d.C., sulla base delle evidenze interne Audet lo data addirittura al periodo 50-70 d.C., prima della distruzione di Gerusalemme; Draper leggermente più tardi, verso l'80 d.C., altri biblisti ipotizzano invece che sia stata scritta a metà del II secolo. M. Pesce propende per una datazione molto alta e accoglie le teorie che considerano il testo della Didachè indipendente da quello dei vangeli sinottici ( 1 ). Vedere wikipedia per altre informazioni di base ( 2 ).