L’Europa e i nuovi assetti geopolitici. Le istanze dei popoli del centro Europa e l’Italia di Sonnino, in R. Parrella, a cura di) Guerra e Pace. Da Vittorio Veneto al nuovo ordine globale. (original) (raw)

2019, Aracne Editore

L’intento di questo saggio è quello di contribuire a mettere in luce quel processo di difficile costruzione di nuovi stati nazionali nel centro Europa e, in particolare, il rapporto che questi popoli e i loro rappresentanti ebbero con il governo italiano dell’epoca. Individuare, sin dagli ultimi mesi di guerra, interlocutori affidabili sarebbe stato per questi paesi non solo auspicabile, bensì necessario, poiché il loro primo interesse sarebbe stato, all’indomani di una positiva, per loro, conclusione della guerra (ovvero la caduta e dissoluzione dell’Impero austro–ungarico), quello di mantenere lo status quo, e quindi l’assetto territorialeuscito dal primo conflitto mondiale. Per chi studia il lungo processo di costruzione della Comunità Europea questo specifico aspetto della Grande guerra riveste particolare interesse, poiché quei popoli custodivano già un’idea di Europa unitaria, che sarebbe emersa nel corso degli anni Venti, a partire dalla pubblicazione di «PanEuropa» dell’austriaco Coudenhove–Kalergi; idee che avrebbero caratterizzato anche le azioni delle forze di resistenza europee durante il secondo conflitto mondiale e che avrebbero portato al Congresso dell’Aia del 1948. È possibile affermare che con la Grande guerra si conclude quel processo di costruzione di stati nazionali derivanti da quelle idee di Nazione che avevano caratterizzato tutto l’Ottocento e che avevano trovato piena espressione nel Risorgimento italiano. Nel momento stesso, infatti, in cui emergono le istanze di nazionalità nel centro Europa questi popoli guardano indiscutibilmente all’Italia quale valido alleato per la futura Conferenza di pace. L’Italia di Sonnino, però, non ritiene di dover appoggiare queste istanze, non comprendendo né la rivoluzione che sta avvenendo nel centro Europa, né tantomeno quelle che avrebbero potuto essere le future relazioni tra Roma e i nascenti governi centro–orientali; un atteggiamento quello italiano che avrebbe lasciato ampio spazio di manovra a altri governi europei e, in primis, a quello francese.