Entimemi, sillogismi, morfologia dinamica. (original) (raw)
2006, Bollettino ingegneri
Partiamo da una bellissima riflessione svolta da Carlo Ginzburg nel suo libro dedicato a Piero della Francesca: riferendosi ai lavori di Storia dell'Arte del celebre critico Roberto Longhi, Ginzburg pre-senta la lettura del metodo di analisi dello stesso Longhi, riferendosi alla Morfologia dinamica 1. All'in-terno di tale morfologia, gli Individui artistici che po-polano l'insieme della Storia dell'Arte, vengono de-finiti (metaforicamente) quali elementi di una galas-sia; proprio per questo motivo "all'interno di questa galassia, astri minori deviano dalle loro orbite per-ché attratti da astri maggiori". Sappiamo, oggi più che mai, che queste serie di sviluppo storico man-tengono rapporti inessenziali da un punto di vista cronologico. Fatta eccezione per i casi nei quali il ruolo dell'evidenza esterna (cioè non morfologica) viene rilevato da Ginzburg 2 (ad esempio) nello scritto di Longhi, del 1943, relativo a Stefano fioren-tino. In esso, elementi quali le misure, la bulinatura, i nimbi razzati e l'iconografia, giocano assieme in un concerto di convergenze. Il discorso diviene alquanto interessante, se proponiamo un'ulteriore premessa: in un altro ce-lebre volume, lo stesso Ginzburg parla dei rap-porti tra Storia, retorica e prova. Il sillogismo con minor numero di premesse, cioè l'entimema di Aristotele, è la prova; ma soltanto gli entimemi basati su segni necessari (tekm¯ eria) consentono di arrivare a conclusioni inconfutabili (Aristotele 3). L'auspicio cui giunge Ginzburg, al termine del-l'appendice al suo volume dedicato a Piero della Francesca, riguarda la necessità di una "storia sociale dell'arte", nell'ambito di serie calendariali dedotte da convergenze analoghe in altrettante serie documentarie: queste Storie non riguardano più (ovviamente) la "critica figurativa pura" del giovane Longhi. Che la Storia, la retorica e la prova, siano inti-mamente intrecciate, è appunto stato brillante-mente dimostrato da Ginzburg, nei volumi qui so-pra citati. Tuttavia, vorremmo ora ritornare a Mi-chel Foucault, pensando al ruolo dello scettici-smo postmoderno indirizzato verso la Storia: ri-cordiamoci l'analisi della conoscenza nei termini del potere proposta dallo studioso francese, op-pure l'affermazione secondo la quale "la versione del passato destinata a prevalere è quella retori-camente più efficace". Foucault cita Nietzsche 4 affermando: "pour se désigner soi-même on disait Agathos, et Deilos pour désigner les autres". E N. 3-2006 11 come diceva Michel de Certeau, sappiamo che la Storia non rappresenta i fatti realmente avvenuti, ma il racconto (che una persona singola propone) dei fatti realmente accaduti. Questi "limiti" della Storia, o del lavoro dello sto-rico, segnano inequivocabilmente anche la natura della prova inconfutabile, cioè del documento sto-rico (ad esempio dell'atto d'archivio). È evidente che è l'analisi del contesto a permetterci di com-prendere questi trabocchetti: la falsità della dona-zione di Costantino, dimostrata da Lorenzo Valla, si basa su considerazioni di linguaggio, di retori-ca. La falsità di documenti redatti appositamente per giustificare certi poteri, può riguardare moltis-simi documenti archivistici che noi, proprio in quanto scritti, tenderemmo a considerare per il lo-ro mero significato di linguaggio. E qui viene il punto. Risulta evidente che baste-rebbe cambiare il nome a questi limiti, chiamandoli semplicemente "premesse", per dimostrare qualco-sa di assolutamente interessante. Le prove inconfu-tabili, alla pari dei sillogismi, siano essi con maggio-re o minor numero di premesse (cioè, siano essi maggiormente vicini alla realtà dei fatti oppure in maniera minore), non sono altro che parte integran-te di una sola definizione di sillogismi, di entimemi. Alla pari delle prove confutabili, quelle derivanti da atti d'archivio (ad esempio) sono passibili di pre-sentare dei "limiti", delle necessarie premesse sulla loro origine, funzione, necessità legata (magari) ad un certo tipo/i di potere/i. Il Potere, si sa, parla molti linguaggi, tra loro differenti. Orbene, a questo punto possiamo tornare all'inizio, alla galassia di Longhi citata da Ginzburg. Se all'interno di questa galas-sia, "astri minori deviano dalle loro orbite perché at-tratti da astri maggiori", significa che esistono certe ipotesi (sillogismi) con un certo, basso, numero di premesse, e dei sillogismi dotati di un grande nu-mero di premesse (diciamo maggiormente ipotetici, faticosi, costruiti). Si badi, però: proprio per i limiti sopraindicati, non è detto che i sillogismi con meno premesse, cioè i più semplici (i più emozionanti, per dirla come Cicerone), siano i più fedeli alla realtà (anzi, spesso è il contrario); soltanto in certi casi (i tekm¯ eria di Aristotele, appunto) essi sono senz'al-tro i più tecnicamente vicini alla realtà. Gli astri maggiori sono quindi, secondo chi scri-ve, i sillogismi (in serie) con meno premesse, quelli che più di ogni altro tendono a rappresenta-re il più possibile la verità. Per la Morfologia dina-Entimemi, Sillogismi, Morfologia dinamica Tipologia e morfologia nella statuaria greca e romana Alberto FALIVA Partendo da alcuni considerazioni di Carlo Ginzburg, questo testo intende sottolineare la differenza esi-stente tra i modelli tipologici della statuaria e della pittura antiche e Rinascimentali, quindi il ruolo delle semplici affinità formali, delle libere evocazioni morfologiche nell'ambito delle stesse statuaria e pittura.