Alle origini della frequentazione a fini scientifici delle cavità emiliano-romagnole. Antonio Vallisneri e i gessi messiniani reggiani, (original) (raw)

Papaleo F., La frequentazione della cavità in età medievale, in Larocca F. ed. "Tra Pietra e Acqua: Archeologia delle Grotte di Pertosa-Auletta. Studi e ricerche 2004-2016".

Tra Pietra e Acqua: Archeologia delle Grotte di Pertosa-Auletta. Studi e Ricerche 2004-2016, 2017

L’esplorazione della cavità ha portato alla luce un contesto unico nel suo genere che ha arricchito, sin dalle prime esplorazioni, le conoscenze sulla frequentazione umana della grotta in età preistorica e classica. Nonostante l’esiguità di evidenze materiali, tale frequentazione si estese anche per tutto l’arco del Medioevo, durante il quale la grotta acquisì l’intitolazione all’Arcangelo Michele, prendendo il nome di Crypta Sancti Angeli . A causa dell’esiguità dei manufatti ceramici e dell’assenza di strutture in alzato, “l’esplorazione” della grotta medievale è stata effettuata mediante un’attenta analisi dei fondi pergamenacei e delle fonti bibliografiche ottocentesche relativi all’antico pagus di Pertusia e alla sua Spelunca . In particolare le ricerche si sono concentrate presso la Biblioteca della Badia di Cava de’ Tirreni, gli Archivi di Stato di Napoli e Salerno, le biblioteche e gli archivi comunali e parrocchiali di Caggiano, Polla e Sala Consilina. L’analisi delle fonti ha permesso di ricostruire la storia economico-religiosa delle Grotte di Pertosa tra l’XI e il XIV secolo. Dal punto di vista economico, la cavità si presenta, pertanto, come il centro propulsore dell’economia rurale dell’antica Pertosa e della sua comunità monastica, divenendo parte di svariate donazioni fatte da privati a favore dei Benedettini di Cava de’ Tirreni. La sua frequentazione, inoltre, si caratterizza per avere una forte componente religiosa, che si manifesta in questo periodo nell’erezione dell’ara di San Michele e nella trasformazione della grotta in meta di pellegrinaggio. Appare evidente una forte continuità cultuale, che rende questa cavità fondamentale per la comprensione del passaggio dai culti pagani al culto micaelico.

Cavità naturali e artificiali in Garfagnana e Lunigiana. Le esplorazioni di Antonio Vallisneri

Nel Gennaio 1705 il grande naturalista Luigi Ferdinando Marsili vide recapitarsi una lettera da parte di Antonio Vallisneri. Nel documento, in cui si manifestava la più viva ammirazione nei confronti del «non ordinario sapere» 1 marsiliano, il medico chiedeva al nobile bolognese che questi gli inviasse reperti naturalistici da destinare al suo nascente museo, ovviamente promettendo di mandargli in cambio alcuni campioni «di quanto mi trovo avere, a un minimo suo riveritissimo cenno». 2 Nel messaggio erano però contenute anche richieste di altro tipo, le cui risposte dovevano presumibilmente essere tenute in gran conto da parte dell'autore. Vallisneri riferiva al nobile di avere …rivoltato il mio animo allo studio del regno minerale, e per tal fine l'estate scorsa ho vagato gran parte delle nostr'Alpi [Apuane], sino all'ultime Panie vicine al mare. Ora, in questo io so che non v'è alcuno che possa darmi lumi maggiori di V.S. Ill.ma, come m'ha riferito il Sig.r Doglioli, avendo ella avuta tutta la commodità di saziare la sua degna fame di sicure notizie nelle miniere ricchissime dell'Ungheria… La supplico dunque per ora a favorirmi di due notizie, se in tutte le miniere ha osservata acqua perenne, o fonti, la seconda, se crede che tutti i fonti vengano dall'acque piovane, o nevi, o parte da queste, parte dal mare. Né pretendo già che V.S. Ill.ma mi provi quanto scrive, ma solo brevemente dica, o il sì o il no, che a me basterà per un grande argomento. 3 Si può supporre che il tono di urgenza con cui Vallisneri avanzò queste domande fosse, assai probabilmente, collegato alla necessità dell'autore di confrontare alcune teorie da lui elaborate con la competenza (e l'autorità) marsiliana in materia. Queste teorie traevano a loro volta origine dall'analisi dei dati raccolti nel corso del viaggio a cui si faceva riferimento nella lettera, compiuto dallo scienziato nel 1704. Di questo itinerario, che rappresentò per il suo protagonista una delle più importanti ed utili esperienze della propria ricerca scientifica, Vallisneri stese un resoconto in latino. Questo venne presentato alla Royal Society poco tempo dopo, rimanendo tuttavia inedito. 4 Fu soltanto decenni più tardi che la relazione venne tradotta in italiano, sintetizzata, e pubblicata diversi anni dopo (nel 1722 e nel 1726) sul II e III volume dei «Supplementi al Giornale de' letterati d'Italia» 5 a nome di Giovanni Battista Perrucchini. 6 1 A. VALLISNERI, 1991, p. 282. 2 Ibid. 3 Ibid. 4 Il testo, intitolato Primi itineris per Montes Regienses, Mutinenses atque Capheronianos…, venne consegnato alla Royal Society ma, come si è detto, mai pubblicato all'interno delle «Philosophical Transactions». Una ricostruzione critica di questo itinerario è stata eseguita da Francesco Rodolico. 1726. 6 Molte opere vallisneriane vennero pubblicate dallo scienziato a nome di suoi allievi, utilizzando pseudonimi o anche in forma anonima. Dario Generali ha trattato diffusamente dei motivi che spinsero l'autore in più di un'occasione a fare uso di questa strategia editoriale, volta a favorire una maggior partecipazione alle iniziative periodiche erudite ein alcuni casi -a conseguire una maggiore libertà d'azione nell'ambito delle numerose battaglie culturali e polemiche che spesso videro impiegato Vallisneri. Cfr. D. GENERALI, 2007, pp. 383-411. La massa delle opere vallisneriane edite in forma anonima o sotto altro nome è stata causa in più di un'occasione di malintesi da parte della ricerca storica. Lo stesso Rodolico, pur nella sua rigorosa indagine condotta sul viaggio montano di Vallisneri del 1704, ha indicato Perrucchini come l'effettivo autore dell'Estratto del 1722. Cfr. F. RODOLICO, 1963, p. 141.

Antonio Vallisneri e la questione dei vermicelli spermatici: un’indagine storico-naturalistica

This paper deals with the identification of the microscope used by the Italian physician and naturalist Antonio Vallisneri (1661-1730) during his experimental research activity. The investigation was structured in three phases: a) a first text analysis on published and manuscript sources, looking for information about the microscope(s) used by Vallisneri; b) an hypothesis was put forward based on the chronological and descriptive compliance between the examined writings and the technological level achieved by eighteenth- and seventeenth-century microscopy; c) there was an experimental verification of the hypothesis, through the reproduction of observations reported by Vallisneri, using similar material and instrument. The letters written by Vallisneri to Louis Bourguet and Jacopo Riccati between 1713 and 1721 were the most important documents for the purpose of this research. They concern the observation of spermatozoa in rabbit semen. In these letters Vallisneri mentioned some «English microscopes with eight lens orders» that fitted the description of the screw-barrel microscope by the English craftsman James Wilson in three pamphlets issued between 1702 and 1711. Original copies of Wilson-type microscopes are preserved at the Muse´e d’Histoire des Sciences of Geneva, where the possibility of manipulating them allowed the experimental observation of the rabbit semen. Among the instruments preserved there, inventory no. 466 was mainly considered: a Wilson-type microscope on a brass stand – a change introduced by John Cuff in the early 1740s. The spermatic cells were clearly observed through three lenses, with magnifications ranging from 120 X to 300 X. Though it must be pointed out that these lenses were not standardised, this result reasonably confirmed the hypothesis, e.g. the microscope used by Vallisneri for the observation of spermatozoa was a screw-barrel instrument made by James Wilson, probably in the first decade of the eighteenth century. In the conclusion I discuss the role played by single lens microscopes in Vallisneri’s activity and in the development of early eighteenth-century scientific research and markets in northern Italy.

La storia degli studi nei gessi emiliano-romagnoli (XV-XIX secolo). Un primato mondiale

P. Lucci, S. Lugli (a cura di), Le evaporiti dell’Appennino settentrionale Patrimonio dell’Umanità. Sintesi multidisciplinare, Bologna, pp. 387-420., 2024

Riassunto L’articolo analizza, in una prospettiva diacronica, la storia degli studi nei gessi dell’Emilia-Romagna, compresa tra la fine del XV secolo e il XIX secolo. Ne emerge un quadro complesso e interdisciplinare, al cui interno spiccano i nomi di alcune personalità di grande rilievo nella storia della scienza (Georg Agricola, Ulisse Aldrovandi, Luigi Ferdinando Marsili, Antonio Vallisneri, Lazzaro Spallanzani), sullo sfondo del ruolo, diretto o indiretto, detenuto in questo contesto dall’Università di Bologna, tra le massime istituzioni accademiche europee sino all’Ottocento. Le ricerche più antiche si datano al tardo Quattrocento, facendo dei gessi emiliano-romagnoli i primi affioramenti evaporitici al mondo ad essere stati studiati; analisi e pubblicazioni si sono poi succedute senza soluzione di continuità sino ad oggi. Parole chiave: Gessi dell’Emilia-Romagna, storia degli studi, storia della scienza, storia dell’archeologia, storia della museologia, rappresentazioni cartografiche storiche del carsismo nei gessi, fotografia storica e gessi. Abstract The article analyses, in a diachronic perspective, the history of the studies of Gypsum karst areas in Emilia-Romagna Region (Northern Italy), from its beginnings in the late 15th century to the 19th century. What emerges is a complex and interdisciplinary framework, in which some of the most important figures in the history of science (Georgius Agricola, Ulisse Aldrovandi, Luigi Ferdinando Marsili, Antonio Vallisneri, Lazzaro Spallanzani) stand out against the backdrop of the direct or indirect role played in this context by the University of Bologna, which was one of Europe’s leading academic institutions until the 19th century. The first investigations date back to the late 15th century, so Gypsum zones of the Emilia-Romagna were the first evaporitic outcrops studied in the world; analyses and publications have followed one another without interruption until today. Keywords: Gypsum Areas of Emilia-Romagna Region, History of Studies, History of Science, History of Archaeology, History of Museums, Historical Cartography and Gypsum Karst, Historical Photography and Gypsum Outcrops.

C. Ebanista-M. Amodio, Aree funerarie e luoghi di culto in rupe: le cavità artificiali campane tra tarda antichità e Medioevo, in Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali (Napoli, 30 maggio - 2 giugno 2008), Opera Ipogea, 1-2, 2008, pp. 117-144.

La redazione di questo contributo è frutto della collaborazione degli autori; si segnala, tuttavia, che M. Amodio ha redatto i paragrafi "Le aree funerarie", "L'impianto planimetrico delle aree funerarie", "Le tipologie tombali" e C. Ebanista i paragrafi "Chiese e santuari rupestri", "L'utilizzo cultuale delle catacombe di S. nella Crypta Neapolitana", "La chiesa rupestre dei santi Donato e Isidoro a Caianello", "La chiesa rupestre di S. Nicola sul Monte Epomeo a Serrara Fontana nell'isola d'Ischia"; le restanti parti sono state elaborate in comune.

Nel gran libro della natura. Antonio Vallisneri e le scienze della terra: il viaggio montano del 1704

Si scoperse che nel nostro Monte del Gesso novamente la vena del zolfo, quale provato è di perfezione maggiore di quello, che ordinatamente si vede. Il serenissimo principe Luigi mandò a pigliar un certo Raggi romagnolo, acciò lavorasse, e scoprisse la miniera, ma non s'è ancora scoperta". Antonio Vallisneri e le scienze della terra: il viaggio montano del 1704 MOSTRA Nel gran libro della natura. Antonio Vallisneri e le scienze della terra: il viaggio montano del 1704 a cura di FRANCESCO LUZZINI FOTO di Francesco Luzzini e Stefano Meloni (le foto di pagina 12, 14 e 16, contrassegnate da un asterisco (*) sono state concesse della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia) PROGETTO grafico e IMPAGINAZIONE di Stefano Meloni pagina 2 Nel gran libro della natura pagina 3 INDICE Antonio Vallisneri: una breve biografia pagina 7 I fontanili di Corte Valle Re pagina 10 Gli affioramenti gessosi pagina 13 Nel gran libro della natura Viaggio montano del 1704 pagina 9 Le salse bituminose pagina 15 Le miniere di ferro pagina 17 La tana che urla pagina 19 La Buca d'Equi pagina 22 Introduzione di Dario Generali pagina 4 Guida alla visita dei luoghi di osservazione vallisneriana oggi a cura di Stefano Meloni pagina 24 pagina 4 Introduzione Antonio Vallisneri nacque a Trassilico, in Garfagnana, ora Provincia di Lucca, il 3 maggio 1661, da Lorenzo, di famiglia saldamente radicata a Scandiano e in quegli anni a Trassilico in qualità di giudice al servizio del duca d'Este, e da Maria Lucrezia Davini, originaria di Camporgiano, paese anch'esso della Garfagnana. Fin dai primi anni ebbe a Scandiano, Modena e Reggio Emilia una formazione tradizionale, riservata ai giovani delle migliori famiglie del tempo. Il progresso dei suoi studi fu strutturato secondo il modello classico gesuitico, articolato nei corsi di grammatica, umanità, retorica e filosofia. Tale modello d'istruzione gli permise di acquisire una sicura conoscenza della lingua e della letteratura latina, che l'avrebbe accompagnato per tutta la vita e che sarebbe stata la premessa della sua intensa frequentazione dei classici della lingua volgare e della sua piena padronanza della lingua italiana. Nel 1679 Giuseppe Vallisneri, zio di Antonio per parte di padre, lo nominò, morendo, erede di una cospicua fortuna, quantunque per mezzo di un testamento assai complesso e che lo obbligava a soddisfare gravosi legati. L'evento, sia per l'entità dei beni ereditati, che per le condizioni a cui subordinava il godimento dei medesimi, non fu elemento secondario nella vita di Antonio, che si trovava in questo modo collocata in una prospettiva di notevole agiatezza ma, nello stesso tempo, costretta a delle scelte obbligate, prime fra tutte quelle di laurearsi in Legge o in Medicina entro i trent'anni, di risiedere almeno tre mesi all'anno a Scandiano e di farvi nascere i figli maschi, per non far perdere al primogenito il diritto di succedergli nell'eredità.