« Questa è la discendenza di Ismaele ... » - Popoli della Bibbia/9 - ARABI (original) (raw)

Ancora sulla citazione ebraica di Epideixis 43: «Un Figlio nel principio stabilì Dio; in seguito, il cielo e la terra»

Adamantius, 2019

The Epideixis of Irenaeus of Lyons is known to us only in its Armenian translation. In Epideixis 43 appears a Hebrew quotation both transliterated and translated rst from Hebrew to Greek and then from Greek to Armenian. is quotation – as far as we know, the only one in the Hebrew language in the whole work of Irenaeus – entails three problems. First: Irenaeus a rms that it is a quotation of Moses, but we can’t recognize it in any text we know, even if it resounds to Genesis 1,1. Second: it is di cult to reconstruct the original Hebrew text because the transliteration and the Armenian translation don’t correspond to each other. Indeed, a sequence of letters of the transliteration hasn’t any correspondence in the translation, and moreover, it is di cult to identify it with a Hebrew term. ird: in our passage, the Armenian language presents ambiguities that Greek did not, and the scholars do not agree about the position of Irenaeus in the theological point that this quotation would explain, namely if the Word was generated ab aeterno or ante tempus. is paper pretends to present the status quaestionis of the previous interpretations of the quotation and to support one of them.

Il Figlio dell'Uomo, il Figlio di DIO ed ISRA-EL

Mentre facevo alcune riflessioni sul "ritorno" e sulla "circolarità", la mia attenzione è ritornata, per una considerazione ancora non fatta, ad un "particolare" dei miei ricordi sul quale, mai da me evidenziato, in precedenza non ero riuscito a trattenermi e di cui ora parlerò. Considerazioni che si collegheranno poi a questi approfondimenti sulla sostanziale "unità" di sentire religioso del mondo antico. Quel "particolare" dei miei ricordi, su cui mai avevo riflettuto e che è balzato improvviso in quei momenti alla mia mente, si nascondeva dentro e dietro a quella grandissima imperativa e dominante emozionalità che suscita in me il ricordo di quella "disperata volontà" di vivere il materiale. Volontà che, come messo in evidenza nel 4°e pisodio dei miei ricordi, pensavo di non potere esaudire. È una emozionalità che sorgeva in quell'agognante ed assetato desiderio di ritornare alla vita materiale e nella conseguente "grande e paralizzante paura", da me sofferta, di "morire" energeticamente senza quel passaggio. Ciò che si nascondeva dentro la grande emotività generata da quella paura era il "bisogno e la necessità", vere o supposte, del passaggio al materiale, al terreno.

Abraham David, “Vicende Italiane Della Famiglia Ibn Yahya Tra Il XV E Il XVI Secolo Secondo Le Note Storiografiche Di Gedalyah Ibn Yahya E Altre Fonti,” in ῾IR ḤEFṢI-VAH: Studi di ebraistica e giudaistica in onore di Giuliano Tamani (Livorno: Salmone Belforte, 2021), 385-434

Oggetto di attento studio solo nel corso degli ultimi decenni, il Sefer šalšelet ha-qabbalah (La catena della tradizione) 1 di rabbi Gedalyah ibn Yaḥya (1526-1587) contiene ampie notizie circa le trascorse generazioni della famiglia dell'autore 2 . Gedalyah * uesto contributo è la versione italiana, parzialmente adattata, di un articolo originariamente apparso in ebraico in "Italia", 23 (2015), pp. 16-38. La traduzione è stata curata da Michela Andreatta. 1 uesta compilazione storiografica fu stampata per la prima volta a Venezia nel 1587 e successivamente ristampata alcune volte. Ogni riferimento alla Šalšelet ha-qabbalah contenuta nel prosieguo di questo saggio si basa sull'editio princeps (Šalšelet ha-qabbalah, Venezia 1587). La compilazione si conserva per intero in un solo manoscritto (Mosca, Biblioteca Statale Russa, ms. Ginzburg 652), copiato da uno scriba di professione, ma recante correzioni e aggiunte di mano dell'autore. uesto manoscritto rappresenta la versione più antica della Šalšelet ha-qabbalah, che fu completata dall'autore nel 1562 e che contiene alcuni dettagli non inclusi nella versione a stampa. uest'ultima, infatti, riflette un'edizione tardiva della compilazione, che fu conclusa in vista della pubblicazione e che, per questa ragione, contiene anche alcune integrazioni provenienti da fonti successive al 1562. 2 Le vicende biografiche di Gedalyah ibn Yaḥya, la sua personalità e i suoi scritti sono stati esaminati, in forma più o meno approfondita, a

«Mio figlio sei tu» (Sal 2,7). La relazione Padre-figlio e il Salterio

Tesi Gregoriana. Serie Teologia 192, 2012

The monograph consists essentially of a study on the fatherhood of God in the Old Testament and focuses especially on passages belonging to the most specific repertoire of Israel's prayer, the Psalter. The main contribution of the work is to bring out the remarkable expressive richness with which the concept of father can be evoked in the Bible, with a particular interest in the relationship between God and Israel. This study allows the reader to grasp the sense of fatherhood not only from a static point of view (noting only the passages in which there are words denoting the parent), but it brings out the different functions of the father (and the reactions of the son) at the various moments of the growth of the offspring. The second part develops the same thematic study by presenting an anthological exegesis of three exemplary Psalms (Ps 2; 80; 103).

«Godolia contro Ismaele. La lotta per il potere politico in Giuda durante la dominazione babilonese», Rivista Biblica Italiana 53 (2005), 1-17 .

Godolia contro Ismaele. La lotta per il potere politico in Giudea all'inizio della dominazione neobabilonese (Ger 40-41 e 2Re 25,22-26) La storia della Giudea durante la dominazione neobabilonese è stata a lungo una terra incognita, nella quale gli unici punti di riferimento erano rappresentati da una monografia di E. Jansen 1 , da un breve articolo di G. Buccellati 2 , dal più denso volume di P.R. Ackroyd 3 e da una ricerca archeologica di S. Weinberg 4 . Pure, la consultazione di queste opere creava un'impressione dissonante: per alcuni autori la conquista neobabilonese aveva trasformato la Giudea in a waste and empty land fino al ritorno degli esiliati in Babilonia, mentre per altri la regione avrebbe conservato un certo numero di abitanti e una propria vita economica e religiosa. Il rinnovato interesse per la storia della Giudea nell'età achemenide, ben descritto da C.E. Carter 5 , ha spinto gli studiosi ad analizzare più approfonditamente anche il periodo neobabilonese 6 , raggiungendo alcuni punti fermi. Dal punto di vista archeologico appare evidente, infatti, che gli eserciti neobabilonesi investirono e distrussero le fortezze della Giudea a ovest di Gerusalemme -Tell Beit Mirsim, Azeka, Lakish, Beth-Zur, Ramat Rahel e Arad -e poi la stessa capitale 7 , risparmiando invece la regione di Beniamino e il distretto intorno a Betlemme: questi territori presentano, rispetto alla Giudea meridionale, un certo sviluppo agricolo e demografico 8 ; dal punto di vista storico e biblico è stato rimarcato il singolare atteggiamento tenuto dai neobabilonesi dopo la conquista di Gerusalemme. Differenziandosi dalle pratiche assire, Nebuchadrezzar e i suoi generali scelsero di deportare soltanto un gruppo limitato di giudaiti, costituito dai cortigiani più eminenti, dagli specialisti e dalle loro famiglie e di sottoporre gli abitanti che risiedevano in Giudea, coltivando le terre appartenute agli esiliati, non all'autorità di un governatore caldeo ma al giudaita Godolia 9 , figlio

Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio» (Is 9,5). Il «Principe della pace

Nel suo articolo sul Grande Lessico dell'Antico Testamento, F.J. Stendebach 1 mostra come il termine ebraico šālôma partire dalla radice verbale šlm «risarcire; completare» 2abbia un carattere dinamico che comporta dunque il passaggio da una situazione difficile, persino di minaccia violenta, ad una situazione di benessere e di soddisfazione. La metafora del fiume gonfio di acque, presente nell'ultima ricorrenza del termine šālôm in Isaia (66,12) rende perfettamente l'idea di cosa si intenda con tale parola, almeno nella sua accezione più matura: «Poiché così ha detto YHWH: "Ecco, io convoglierò verso di essa [Gerusalemme] la pace a guisa di fiume, come un torrente straripante la gloria delle nazioni"». Il significato di šālôm, oltrepassa dunque l'idea di «assenza di guerra», e va nella linea della «completezza, interezza» con connotazioni che riguardano sia la vita del singolo (salute, soddisfazione e benessere) sia quella sociale (prosperità ed equilibrio sociale) 3. Ovviamente questi aspetti si aprono alla dimensione religiosa, e acquistano dunque il significato per l'individuo e per il popolo di una stabile armonia con Dio, avvertita non solo come un felice possesso di beni materiali o spirituali nella vita attuale, ma come una apertura del tempo verso l'eterno.