Conoscenza intelligibile e autocoscienza. Intelligible knowledge and self-awareness (original) (raw)

Coscienza e autocoscienza

La coscienza corrisponde a un’enorme e complessa varietà di eventi neurobiologici, fenomenologici e psicologici che, sin dalle prime fasi dello sviluppo, preparano il terreno all’emergere del Sé. Sebbene sia determinata da attività cerebrali al più alto livello, essa è indissociabile dal contenuto mentale. Si tratta di un complesso di caratteri materiali e immateriali tra loro distinti – infrastrutture neurali, consapevolezza, temporalità, soggettività qualitativa, intenzionalità – a tal punto saldati da sembrare facce di uno stesso prisma. La coscienza non può essere considerata una semplice funzione della mente, ma la sua stessa organizzazione. In quanto espressione di processi neurali distribuiti, il suo ordinamento non è rigidamente gerarchico, ma sostenuto da molteplici livelli orizzontali, ognuno dei quali in un continuum strutturale e funzionale con le diverse sopravvenienze fenomeniche.

INTELLIGENZA EMOTIVA E AUTOEFFICACIA IN UN GRUPPO DI INSEGNANTI

Revista INFAD 2013

Bar-On (1997) ha definito l’intelligenza emotiva come l’insieme delle competenze non cognitive che influenzano l’abilità di rispondere efficacemente alle domande dell’ambiente. In letteratura l’intelligenza emotiva, in quanto costrutto multidimensionale, viene presentata come correlato (Saklofske et al., 2003; Auston et al., 2005; Isaacowitz, 2005) o predittore del benessere (Ciarrochi et al., 2003; Day e Carroll, 2004) e sembra essere correlata alla capacità di adattamento, di essere positivi (Seligman, 2002; Isaacowitz, 2005) e all’autoefficacia (Chan, 2004). Il presente studio si propone di indagare la relazione tra le dimensioni dell’intelligenza emotiva e l’autoefficacia in un gruppo di 850 insegnanti costituito dal 10.3% di maschi e dall’89.7% di femmine. Per questo studio sono stati impiegati tre strumenti: una scheda socio- anagrafica (costruita ad hoc), l’Emotional Quotient Inventory (Bar-On, 1997) e la scala di autoefficacia personale in ambito scolastico (Borgogni, Petitta, Steca, 2001). Sui dati raccolti sono state calcolate statistiche descrittive e inferenziali. Infine, sono state condotte delle analisi di regressione per identificare l’impatto delle dimensioni dell’intelligenza emotiva sulla percezione dell’autoefficacia e sulle emozioni positive al lavoro. I risultati preliminari dimostrano che l’autoefficacia degli insegnanti risulta meglio spiegata dalle dimensioni ottimismo, realizzazione di sé, assertività e empatia.

L'Io e l'autocoscienza in Fichte (UNIVERSITÀ DI PISA DIPARTIMENTO DI CIVILTÀ E FORME DEL SAPERE Corso di laurea in Filosofia )

L'Io e l'autocoscienza in Fichte, 2019

Chi non conosce il mito di Narciso? Il mito di quel bel figlio della ninfa Liriope, che già appena nato meritava di essere amato. Proprio lui, Narciso — dal greco Nàrkissos che i più riconducono a Nàrké, stupore — portava fin dalla nascita, come spada di Damocle, un responso oracolare che lo invitava a non conoscere se stesso se mai avesse voluto arrivare a vecchiaia. Nonostante le diverse versioni del mito, tutti sanno che quel consiglio non verrà seguito. Infatti, per aver rifiutato l’amore della ninfa Eco e dopo che questa lo aveva maledetto, un giorno, trovandosi nei pressi di una fonte limpida, dalle acque argentee e trasparenti, spossato dalle fatiche e cercando di placare la sete, un’altra sete gli nasce. Si sporge verso la fonte per bere dall’immagine che vede riflessa e si innamora di quel corpo che solo ombra è. Attonito, non riesce ad allontanare i suoi occhi da quell’immagine: desidera, ignorandolo, sé stesso, amante e oggetto amato, mentre brama, si brama, e insieme accende ed arde. Si chiede in continuazione chi possa essere, fino a quando, struggendosi, non arriva alla conclusione che quello che vede e per il quale brama altro non è che se stesso. A tale scoperta, l’esclamazione non può non essere “Io, sono io!”.

Fiaba e cognitivismo

2013

La relazione tra uomo e narrazione e molto stretta e affonda le sue radici nelle basi biologiche e nei processi neurologici piu profondi del cervello. In particolare, la fiaba si configura come un genere cognitivamente connaturato, in grado di corrispondere alle esigenze e alle strutture della mente umana. Questa convergenza tra l’architettura testuale del fiabesco e le strutture cognitive puo, almeno in parte, spiegare il carattere di universalita del genere e la sua diffusione come dispositivo mnemonico, in grado di convogliare significati individuali e collettivi, e come ‘microsceneggiatura’ utile per agire nel mondo reale.