La lingua perfetta nella tradizione dell'Egitto faraonico (original) (raw)

Rovesciare la lingua: interpreti e traduttori nell’Egitto antico (ovvero: cosa c’entra la traduzione con l’aglio?)

Produrre “quasi” lo stesso effetto. Quindici percorsi nei boschi traduttivi, ed. D. Astori, 2013

Il contributo traccia un’essenziale panoramica sulle figure dei traduttori/interpreti nell’antico Egitto, tentando di definirne da un punto di vista culturale il difficile ruolo a cavallo fra lingue, e dunque culture, diverse e spesso divergenti. Dopo uno sguardo al contesto vicino-orientale, in consonanza col quale l’Egitto si colloca, sono presentate le due grandi epoche della “traduzione” egiziana: quella faraonica, in cui l’ “interprete” è lo “straniero-che-parla-egiziano”, e quella greco-romana, in cui è invece il “mediatore” (hermēneus) per eccellenza, in una semantica che – riallacciandosi a Hermes, signore del linguaggio – recupera l’essenza divina delle lingue e che ne valorizza il ruolo di utopico restauratore di una mitica e perduta unità linguistica globale. -- This paper offers an essential overview on interpreters/translators in ancient Egypt, trying yo define from a cultural viewpoint their critical role between different, often divergent languages, and therefore cultures. After a glimpse at the Near-Eastern context, in which Egypt is placed, I present the two main phases of Egyptian "translation": the pharaonic one, in which the "interpreter" is the "Egyptian-speaking foreigner", and the Graeco-Roman one , in which he is the "mediator" (hermēneus) par excellence, the semantics of which - recalling Hermes, master of the language - points to the divine essence of languages, and appraises the interpreter's role as the utopian restorer of a mythical, lost global linguistic unity.

La pronuncia dell'antica lingua egizia - III parte

Così come avviene con le consonanti, anche le semiconsonanti possono formare i bilitteri e i trilitteri, ovvero i geroglifici che esprimono un gruppo rispettivamente di due e tre consonanti/semiconsonanti.

Toponomastica sacra e profana nell'Egitto greco-romano

Name and Naming. Proceedings of the Fourth International Conference on Onomastics "Sacred and Profane in Onomastics" (Baia Mare, September 5-7, 2017), edited by Oliviu Felecan, Cluj Napoca: Editura Mega / Editura Argonaut, 2017

The papyri from Graeco-Roman Egypt provide, among numerous historical and social data, invaluable information about the linguistic context of a deeply multilingual society, where especially Egyptian (Demotic) and Greek (Hellenistic Koine of everyday use) intertwine to each other in a dialectic relationship rich of interesting causes for reflection. Papyrological sources offer indeed an interesting bulk of information related to local place names, which show sacred (connected to the Egyptian gods) and profane elements, often varying according to the Greek or Egyptian utterance of the same name. The paper outlines some general trends by presenting a selection of relevant cases.

Dal faraone al mercante: la lunga vita di un testo religioso dell'antico Egitto

Dal faraone al mercante: la lunga vita di un testo religioso dell'antico Egitto. STUDI DI EGITTOLOGIA E DI PAPIROLOGIA, vol. 1, pp.43-48, 2004

Il dibattito sulla natura dei papiri magici greci e la loro collocazione socio-culturale nell'ambiente dell'Egitto tardo ha ricevuto nuovo impulso e rinnovato interesse negli anni recenti a seguito di una serie di studi fondamentali: nel 1986 usciva la prima edizione di The Greek Magical Papyri in translation, a cura di Hans Dieter Betz, 1 che per la prima volta includeva e reinseriva nella posizione originaria le formule demotiche arbitrariamente espunte da Preisendanz nella sua edizione dei papiri magici. 2 Fino a quel momento, l'arti-Wciosa separazione di queste parti operata da Preisendanz impediva una comprensione eVettiva del contenuto stesso dei testi: in molti casi, infatti, in origine testi demotici e greci erano copiati gli uni di seguito agli altri su uno stesso papiro, quando addirittura formule greche non erano inglobate all'interno di incantesimi demotici. Nell'introduzione ai papiri demotici, Janet H. Johnson, che aveva curato nella stessa raccolta anche le traduzioni e il commento alle formule demotiche, sottolineava come i testi scritti in greco fossero parte di un più ampio corpus che derivava in larghissima misura da credenze e pratiche egiziane religiose e magiche anteriori, una constatazione tanto più signiWcativa se si considerava che perWno nelle formule scritte in greco lo sfondo mitologico o religioso e le prescrizioni magiche erano puramente egiziane. 3 La ricostruzione della storia del ritrovamento dei papiri magici fatta da Betz 4 avanzava l'ipotesi che una buona parte dei papiri venduti a vari musei da Giovanni d'Anastasi intorno al 1828 -e quindi alcuni tra i più consistenti e meglio conservati testi magici -provenisse dallo stesso luogo, probabilmente una tomba o la biblioteca di un tempio a Tebe, e appartenesse ad un unico proprietario, uno studioso, biblioWlo e archivista. In quello stesso anno, il suggestivo lavoro di Garth Fowden, The Egyptian Hermes, 5 evidenziava per la prima volta il sostrato culturale comune ai papiri magici della cache tebana acquistata dall'Anastasi e ai testi della biblioteca di Nag Hammadi, ambedue appartenenti allo stesso periodo del iv secolo, alla stessa area ge-ograWca e con gli stessi fenomeni di interazione tra lingua greca ed egiziana, e suggeriva la possibilità che gli uni e gli altri potessero preservare tracce di ermetismo. 6 Il lavoro di Robert K. Ritner nel 1995 7 sulle pratiche magiche egiziane in età romana, riprendendo la questione dei rapporti tra papiri demotici e Papyri Graecae Magicae (PGM), ha deWnitivamente chiarito il problema di quanto greci debbano considerarsi questi ultimi testi, mostrando con solidi argomenti che probabilmente i cosiddetti papiri Anastasi provenivano da un tempio tebano 8 e, dato ancora più signiWcativo, che tutti, demotici e greci, furono scritti da redattori egiziani colti per un pubblico innanzitutto egiziano, in un'epoca in cui «even Egyptians were more likely to be able to write Greek than the complex Demotic script». 9 Se la lingua di quei

Elementi di dialettologia egiziana

The Coptic has often been described usually as the last stage of the Egyptian language, used to popularize the Christian message to the Egyptian people. Starting on the recent criticism about this definition, in this first note it is presented a more detailed dialectological analysis of the phases of the Egyptian language until the stage of Coptic. Some observations are also proposed about the elements of ancient Egyptian and Coptic dialectology.