MALE PAROLE. IL GUSTO DI DIRE LE PAROLACCE (original) (raw)

ODIARE A PAROLE. GLI HATE SPEECH NELLA DISCUSSIONE PARLAMENTARE

INTRODUZIONE What is hate speech? It can sometimes be hard to determine what is hate speech. No definition is universally agreed to, but hate speech usually targets groups or individuals due to their personal characteristics, and takes the form of derogatory terms or insults; incitement to hatred, prejudice, or discrimination; attacks on the dignity of individuals or groups; and attempts to oppose groups to one another (ENAR European networks against Racism) La questione degli hate speech sta diventando rilevante all'interno di un clima politico globale sempre più teso in cui i linguaggi d'odio sembrano essere ormai una consuetudine. Il confine tra spazio pubblico e privato, reso meno netto dai media vecchi e nuovi, sta aumentando la possibilità per alcuni soggetti pubblici di diventare visibili grazie al ricorso di linguaggi estremi, a danno di minoranze senza voce e facendo leva su pregiudizi culturali ancora molto radicati. Negli ultimi anni, un po' ovunque, l'ingresso e il riconoscimento di forze xenofobe e populiste all'interno dell'arena politica ha sdoganato una certa volgarità di linguaggio. Tutto questo viene legittimato e amplificato da una parte di mondo giornalistico, giustificandolo come dovere di cronaca, mondo che concede ampio risalto a quei soggetti e a quei discorsi che fomentano l'odio e la discriminazione. A questo si aggiunge anche l'effetto creato dai social media, ambiente culturale sempre più rilevante nella produzione e nella legittimazione di discorsi pubblici, entro cui gli " eccessi " sono difficili da emendare.

LE PAROLE DELLA LAICITÀ - Sinistra

Quando si parla di partiti di sinistra, in che senso si usa questa parola? Il PD, residuo del maggiore partito della sinistra italiana, in che senso è ancora di sinistra? E se non lo è più, perché? Un modo di riproporre questi interrogativi è il seguente: quella che molti chiamano la sinistra ha davvero abbandonato i poveri? Non possiamo rispondere in modo organico a queste domande, ma una breve riflessione su ciò che è accaduto può forse servire a capire meglio in che senso parliamo di sinistra oggi in Italia. Detto in modo brusco: non c'è dubbio che di recente il maggiore partito italiano godente fama di essere di sinistra ha abbandonato le cause tradizionali dei poveri, rivelandosi l'alleato del grande potere economico e di quelle élite su cui si è assai discusso in seguito a un intervento di Alessandro Baricco. L'artefice non unico ma più evidente di questa deriva è stato Matteo Renzi, che per tale motivo tutti quelli che sono davvero di sinistra hanno sempre avuto come il fumo negli occhi. Renzi ha realizzato la novità che-semplificando molto-a simpatizzare e votare per il leader del PD non erano più le persone di sinistra, ma gli stupidi di sinistra e gli intelligenti di destra. Questo perché bisognava essere stupidi per non accorgersi che Renzi non è di sinistra, e se si era intelligenti si capiva che era di destra. Tuttavia non credo che questa narrazione esaurisca la storia di come si sono svolti i fatti. Io credo che la sinistra abbia abbandonato i poveri perché-prima-i poveri avevano abbandonato la sinistra. Con il progressivo arricchimento medio degli italiani conseguito al boom economico e poi soprattutto con l'imperante ottimismo economico-aziendale iniziato negli anni 1980, insomma l'era dei manager rampanti che dominavano l'immaginario collettivo (vi ricordate di Mario Schimberni, oppure di Raul Gardini?), gli italiani poveri hanno cominciato a credere di poter diventare ricchi: non soltanto di smettere di essere poveri, ma proprio di diventare ricchi. Diventarlo almeno un po': tutti quanti dei ricchetti. E mettersi a comprare continuamente nuove auto, ennesimi outfit, televisori per tutte le stanze della casa. Questa diffusa aspirazione ha costituito l'humus ideale per l'affermarsi di personaggi che un po' esplicitamente, ma soprattutto implicitamente, promettevano il realizzarsi del sogno di diventare tutti ricchi; tutti dei ricchetti soddisfatti col SUV. Naturalmente il principale di questi personaggi è stato Silvio Berlusconi, che ha la doppia responsabilità di avere incarnato politicamente tale genere di aspirazione al consumo e all'arricchimento (ottenuto se necessario frodando il fisco e violando regole essenziali della convivenza civile), ma ha la responsabilità ancora più grande di avere diffuso e affermato questa mentalità attraverso l'espansione pervasiva della televisione commerciale. In ogni caso, ribaltando una situazione secolare, Berlusconi ha fatto della destra italiana il principale riferimento politico delle persone socialmente svantaggiate, non micromega-micromega-online » LE PAROLE DELLA LAICITÀ-Si.

GLOSSARIO FRAGILE. COME MANEGGIARE CON CURA LE PAROLE

Treccani.it - Lingua italiana, 2023

“Lei è un utente fragile, sarà preso in carico come paziente disabile”. È una frase che potremmo ascoltare in qualsiasi ufficio che si occupa di servizi sanitari o sociali. Formalmente appare corretta e rispettosa. Però bisognerebbe mettersi nei panni di chi l’ascolta. La parola “utente” depersonalizza, fa sentire l'interlocutore un numero tra tanti. “Fragile” colpevolizza, come se la fragilità fosse un difetto. Anche “preso in carico” trasforma in oggetto chi invece è un soggetto (viene in mente l’infelice espressione “carico residuale” incautamente usata dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi per definire i migranti cui era stato impedito di sbarcare). “Paziente” richiama patimento, sofferenza e sopportazione. “Disabile” identifica l’individuo col suo problema piuttosto che con la sua umanità. Che fare? Quella frase iniziale, che rischia di ferire, potrebbe essere trasformata in “Lei ha bisogno di attenzione, sarà preso in cura come persona con disabilità”. Le parole utilizzate e le alternative sono tratte tutte da Glossario fragile: maneggiare con cura, recentemente presentato a Roma

LE PAROLE DELLA LAICITÀ - " Sesso "

Le parole della lingua sono gravate da componenti che ci impongono una visione del mondo molto di parte. Spesso questa visione ci danneggia, e arriva a impedirci (anche per tutta la vita) di vivere le cose per quello che sono. Se diciamo Pia va con tutti, o è stata con Mario, quello che gli altri capiscono da predicati così generici (andare, stare) è quasi sempre l'accoppiamento sessuale. Questo avviene perché sanno che se si trattasse di qualsiasi altra attività nessuno sceglierebbe di usare verbi così vaghi da non dire niente, e la chiamerebbe direttamente con il suo nome: Pia parla con tutti, ha cenato con Mario. Se qualcosa non viene chiamato con il suo nome, è probabile che si tratti di sesso, perché di sesso non si può parlare nello stesso modo in cui si parla delle altre cose.