La Terminologia del Talmud Babilonese: Estrazione, Rappresentazione e Uso nel Contesto della Linguistica Computazionale - 2019, AISG "Ebraismo fra peculiarità e interculturalità", Ravenna 2-4 settembre (original) (raw)
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2019
Dato il considerevole numero di 56 relatori, siamo costretti, dopo il saluto comune e solamente per il primo giorno lunedì 2 settembre 2019, a tenere relazioni in contemporanea, su due periodi lontani fra loro, Mondo Antico e Contemporaneo, in due sedi diverse, che sono il Dipartimento di Beni Culturali in via Ariani, 1 e il vicinissimo Palazzo Corradini, in via A. Mariani, 5. Lunedì 2 settembre mattina h. 9.00: REGISTRAZIONE E BENVENUTO RITROVO PRESSO IL DIPARTIMENTO DI BENI CULTURALI DELL'ALMA MATER UNIVERSITÀ DI BOLOGNA, SEDE DI RAVENNA, IN VIA ARIANI 1, NELLA SALA CONFERENZE AL III PIANO h. 9.00: Accoglienza e registrazione: presso il Dipartimento di Beni Culturali h. 9.15: Saluto di Benvenuto del Direttore del Dipartimento di Beni Culturali, Prof. Luigi Canetti e del Presidente dell'AISG, Prof. Mauro Perani h. 9.30: Inizio dei lavori svolti contemporaneamente in due sedi:
Iura & Legal System. Rivista del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell'Università degli Studi di Salerno, 2023
Per quanto riguarda invece il trattato oggetto della sua traduzione in lingua italiana, Tagliacozzo osserva come il termine Kiddushìn, impropriamente reso come "fidanzamento" (quando, in realtà, come lo stesso Autore osserva, il termine corrispondente è Shidukhim), letteralmente significa "consacrazioni" e sta ad indicare la "destinazione della sposa" 5 , che viene fatta seguendo tre vie-"Il denaro, un documento, un rapporto sessuale" 6-e viene sciolta col divorzio o con la morte del marito. Volendo offrire una panoramica sintetica e, allo stesso tempo, esauriente del trattato, il primo capitolo (pp. 3-96) prende le mosse proprio dalle suddette tre vie per sposare una donna, partendo dall'analisi della Mishnah (che in ebraico significa "ripetizione"), vale a dire di quel complesso di norme giuridiche relative alle tematiche più svariate, che costituisce la riduzione in iscritto della legge orale operata da alcuni rabbini. Alla Mishnah si affianca il patrimonio sapienziale rappresentato dalla Ghemarà (letteralmente, "completamento"), nella quale sono raccolte le dispute dottrinali tra saggi ed intellettuali a proposito di leggi, filosofia, scienza, morale, problemi e casi della vita quotidiana. Mishnah e Ghemarà formano insieme il Talmud, il libro più importante della tradizione giuridica ebraica, che cristallizza la legge orale ed i relativi commenti, così come si sono sviluppati nel corso di cinque secoli di storia 7. Orbene, per tornare al punto di partenza, la Ghemarà riporta, in primo luogo, l'insegnamento del Rabbi Chyià, secondo il quale una donna viene sposata non solo attraverso la pratica di tutti e tre i modi insieme, ma anche se si pratica uno solo di essi. In primo luogo, con riguardo al denaro, il riferimento testuale è a Deut. 24,1, che recita "quando un uomo abbia preso sua moglie", laddove la dicitura "abbia preso" (ikach) significa abbia acquisito con denaro. In secondo luogo, il riferimento al rapporto sessuale è tratto da Deut. 24,1-2, che recita "Quando un uomo abbia preso una donna e abbia con lei convissuto": l'espressione "e abbia con lei convissuto" (uba'alah) sta ad indicare l'avvenuto rapporto sessuale. Infine, il riferimento al documento è anch'esso riportato in Deut. 24,1, laddove è scritto "scriverà per lei un documento di ripudio, lo consegnerà nelle sue mani e la manderà via dalla sua casa"; "dalla sua casa" lascia intendere che la donna potrà legalmente essere di un altro uomo. Dunque, come l'uscita in libertà della donna avviene con un documento, allo stesso modo il maritarsi avviene con un documento. Se questa è la legge per gli ebrei, com'è disciplinato il matrimonio dei non ebrei? Secondo l'opinione di Rabbi Abahu, in nome di Rabbi Lazar, i non ebrei sono in obbligo attraverso un rapporto sessuale, ma non sono in obbligo verso le donne fidanzate. Secondo l'opinione di Shemuel, invece, il non ebreo è in obbligo non solo se egli vuole prenderla come meglio, ma anche se non vuole prenderla come moglie. Inoltre, i non ebrei vanno giudicati secondo le leggi di relazione delle nazioni (le c.d. leggi Noachidi) 8 , se prendono una donna fidanzata dei non ebrei, e vanno giudicati secondo la legge d'Israele se prendono una donna fidanzata ebrea. I non ebrei, pertanto, non hanno matrimonio (Kiddushìn). Ci si domanda, a questo punto, quale sia la legge che disciplini il divorzio per loro riguardo. Secondo l'opinione di Rabbi Yehudah Ben Pazì e Rav Hanina, in nome di R. Hunà il Grande di Sefforide, essi non hanno il divorzio-per tale intendendosi quello attraverso un libello di ripudio che prende il nome di Ghet-, o che entrambi (israeliti e non israeliti) possono divorziare l'uno dall'altro.
Nota ad umanisti quali Erasmo da Rotterdam e Johannes Reuchlin e presente agli studi sulle biblioteche dei secoli XV e XVI, la sezione ebraica della biblioteca di Giovanni Pico della Mirandola, raccolta in poco meno di un decennio e formata da oltre centocinquanta tra manoscritti e incunaboli (questo numero corregge precedenti inesatte indicazioni) e da alcune decine di traduzioni dall’ebraico, è stata una delle più consistenti della sua epoca e, dopo essere stata acquistata da Grimani, la più ricca raccolta di testi ebraici a Roma prima e, in seguito, a Venezia, nella prima metà del Cinquecento. Sebbene sia stata considerata per lungo tempo perduta a causa di un incendio avvenuto nel convento veneziano che la ospitava nel 1687, una parte della biblioteca di Pico ancora sopravvive.
Questo libro affronta le molteplici facce di una grande questione a proposito della quale mi è stata affidata una sorta di introduzione alle fonti bibliche e rabbiniche. In questo contesto posso dare solo qualche informazione. Soltanto parlare del messianismo nella Bibbia impegnerebbe un intero corso annuale; si racconta che al Collegio Rabbinico il Professor Umberto Cassuto dedicò un corso monografico completo a una sola frase messianica della Genesi, quella che dice «finché verrà Shiloh». 1 Per iniziare, bisogna spiegare cosa significa la parola Messia. Messianismo è un termine «tecnico» e le profezie messianiche nella Bibbia molto spesso non usano questa parola; successivamente, nella storia ebraica e nella storia di altre fedi, il messianismo diventa un concetto generale che si riferisce alla liberazione finale. Tuttavia, c'è anche un messianismo politico riferito nel linguaggio comune a ideali e progetti politici, come quelli per esempio del socialismo. Il termine ha origine in un contesto meramente rituale e bisogna seguire l'ordine del racconto biblico, che dal punto di vista della fede ebraica va preso come è, e come tale rispettato in linea di massima; ma secondo la critica biblica l'ordine del racconto non è quello cronologico della scrittura. C'è l'episodio di Giacobbe che fugge dalla sua terra; 2 lungo la strada si ferma a dormire, prende delle pietre per giaciglio, ha il sogno della scala, 3 al risveglio considera il posto dove sta come sacro, prende la pietra che gli è servita 1 Genesi 49, 10. 2 Genesi 28. 3 L'episodio del sogno di Giacobbe è narrato in Genesi 28, 12-17: «Fece un sogno: vedeva una scala posata in terra, la cui cima arrivava al cielo e per essa gli angeli di Dio salivano e scendevano. Il Signore stava in cima ad essa e gli diceva: "Io sono il Signore, il Dio di Abramo tuo padre e di Isacco, la terra sulla quale stai coricato la darò a te e alla tua discendenza"» (Genesi 28, 12-13). La complessità di questo episodio suggerisce alla tradizione molteplici interpretazioni, non soltanto per il linguaggio oscuro, ma anche per la grande portata simbolica che questa visione rappresenta. Un'interpretazione del sogno è riportata nel Midrash Tanhumà (Vajetzè, 2), in cui Giacobbe/Israele assiste all'ascesa e alla decadenza di popoli e imperi (Babilonia, Persia, Grecia) e, infine, assiste anche alla caduta dell'impero di Edòm (Roma) -questa interpretazione viene anche accettata da Maimonide. Un'altra interpretazione che può essere addotta è quella per cui la scala di Giacobbe rappresenta il legame tra il cielo e la terra, tra il mondo materiale e quello spirituale: infatti, la scala poggia sulla terra, ma il suo sostegno sta in cielo, cosicché tutte le nostre azioni dovranno tendere il più possibile al divino (cfr. Elia Kopciowski, Invito alla lettura della Torà, La Giuntina, Firenze 1998).
Nella Premessa alla prima edizione del 1996, Paolo De Benedetti scriveva: «Procurarsi un maestro per studiare la Scrittura, per conoscerla e capirla, è un'esigenza di tutti i tempi, e in ogni tempo è però difficile per tante ragioni. Questo libro non ha la pretesa di rappresentare un maestro, ma di offrire tante risposte alle domande che un lettore non accademico farebbe a un maestro. Le domande, però, molto raramente seguono un ordine sistematico, e non si può chiedere a un normale lettore della Bibbia (cioè proprio a colui per il quale la Bibbia è stata scritta) di rintracciarle in un corso di studi. La facilità di domandare e di avere risposta è quindi un'esigenza fondamentale per l'accostamento alla Bibbia da parte di un non specialista. Questa esigenza ha cercato di tenere presente, sia nella sua struttura sia nella disponibilità a ripetersi, il presente Vademecum, che non avrà nulla di nuovo da dire ai biblisti, e che ha soltanto l'ambizione, o la speranza, di condurre il lettore comune ad ascoltarli. In tal senso può forse occupare un posto vuoto tra la produzione scientifica da un lato, e quella confessionale dall'altro, ponendosi in un certo senso a servizio di entrambe. Il lettore noterà che, proprio per le finalità indicate sopra, questo Vademecum può essere aperto a qualsiasi capitolo, secondo le sue necessità». Parole che hanno ispirato il lavoro di revisione e ampliamento di quest'opera dopo più di vent'anni, a cura di Piero Capelli e Giovanni Menestrina. Cop. Vademecum.indd 1 22/02/17 13:49 © 2017 editrice morcelliana via Gabriele rosa 71 -25121 brescia prima edizione: 1996 seconda edizione riveduta e ampliata: 2017 in copertina: marc chagall, Mosè riceve le tavole della Legge www.morcelliana.com i diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati per tutti i paesi. Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla siae del compenso previsto dall'art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dell'accordo stipulato tra siae, aie, sns, slsi e cna, conFartiGianato, casartiGiani, claai e leGacoop il 17 novembre 2005. le riproduzioni ad uso differente da quello personale potranno avvenire, per un numero di pagine non superiore al 15% del presente volume, solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da aidro, via delle erbe n. 2, 20121 milano, telefax 02.809506, e-mail aidro@iol.it isbn 978-88-372-3033-3 legodigit srl -via Galileo Galilei 15/1 -38015 lavis (tn) 001_Guardia_pdf.indd 4
TRADURRE ESTER IN (GIUDEO-)PROVENZALE TRA SPIRITUALITÀ, ESEGESI BIBLICA E INDAGINE LINGUISTICA
Specula 9, 2024
Libro di Ester"). Nella Provenza della prima metà del Trecento, il tema di Ester comincia a ricevere un'attenzione particolare. In quest'epoca e luogo sono composti testi in ebraico, come trattati esegetici, poesie religiose, parodie, ed anche parafrasi in giudeo-provenzale del libro biblico. Queste parafrasi, in versi e in rima, sono rielaborazioni letterarie pensate per essere recitate durante la festa di Purim. In questo contributo, sono analizzate le varie possibili rese in giudeo-provenzale dei versetti 1-6 del primo capitolo del Libro di Ester. Questi primi versetti, che descrivono la città di Susa e i banchetti che il re approntò nel giardino del suo palazzo, sono stati ampiamente commentati e diversamente interpretati, per via della loro difficoltà, dovuta alla sinteticità dell'originale e all'abbondanza di termini rari e oscuri. Attraverso una indagine comparata sulle scelte traduttorie e sulle fonti, risulta chiaro come queste parafrasi, per quanto create per un intento letterario e performativo, riflettano al contempo le posizioni degli autori in materia di esegesi del testo biblico. Infine, è presentata anche la traduzione provenzale "cristiana" di Est. 1:1-6, conservata nel ms. Paris, BNF, 2426 (XV sec.). La comparazione tra versioni provenienti da ambienti tanto diversi permette di cogliere come la traduzione sia un processo condizionato dal contesto del traduttore, dal messaggio che egli vuole veicolare, dalla tradizione in cui si riconosce. Tuttavia, a ispirare tanti testi su Ester (cristiani ed ebrei) nella Provenza tra Trecento e Quattrocento, potrebbe essere stata anche una identificazione tra re Assuero e il suo lussuoso palazzo nella capitale Susa e la corte pontificia di Avignone.
David Micheletti, L’impurità della sapienza greca e i sofismi della tradizione ebraica a partire dalle letture talmudiche di Emmanuel Lévinas, in La Bellezza e il Nulla «Davar n. 3», a cura di Anna Giannatiempo Quinzio, ed. Diabasis, Reggio Emilia, novembre 2006, pp. 197-214.
Rabbi Shimon ben Gamli'el disse: Anche per i libri santi, essi [i sapienti] non hanno autorizzato [come altra lingua] che il greco. Rav 'Abbahu disse a nome di Rav Yochanan: La halakah si conforma all'opinione di rabbi Shimon ben Gamli'el. E rav Yochanan disse: Qual è la ragione che dava rabbi Shimon ben Gamli'el [della propria opinione]? Il versetto dice: Che Dio faccia largo a Iafet [yaft Yafet] e che dimori nelle tende di Sem [Genesi 9, 27]. -Che le parole di Iafet siano nelle tende di Sem. Forse si tratta di Gomer o di Magog? Rav CHiyya bar 'Abb'a disse: Per questa ragione è scritto: Che Dio doni la bellezza a Iafet [yaft Yafet] e che la bellezza [yafiut] di Iafet [cioè la lingua greca] sia nelle tende di Sem» 1 .