I testi dei messaggeri da Ĝirsu-Lagaš della Terza Dinastia di Ur (original) (raw)
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A proposito di alcuni testi e monumenti del Terzo Periodo Intermedio e dell’Epoca Tarda
P. Buzi et al., Hrsg., Aegyptiaca et Coptica. Studi in onore di Sergio Pernigotti, BAR 2264, Oxford 2011, 335-348
ISBN 978 1 4073 0835 7 Cover image: Statua a nome di Uahibra, XXVI dinastia (inv.n. MCABo_EG 1820) Abstract 1. n# b#kw Twt in the "stela of banishment" does not mean "the quarrelsome servants" but "the servants of yours". -2. A parallel between the "stela of election" of Aspelta and Setne II. -3. Notes on a recently published funerary stela of a priest from Saqqara. -4. A bronze statuette of an Apis bull with Greek and Hieroglyphic inscription in Chantilly. -5. A bronze statuette of an oxyrhynchus fish with Demotic inscription.
Il "Direttore delle Truppe Straniere" nei testi faraonici del Medio Regno
La stesura di questo articolo rappresenta per me un imprescindibile impegno e un grande onore, per essere stata chiamata, insieme a tanti colleghi, a festeggiare la lunghissima carriera di un caro professore, diventato nel tempo un carissimo amico; ma rappresenta anche il momento della malinconica presa di coscienza che, da quest'anno, il Dipartimento di Studi e Ricerche su Africa e Paesi Arabi, la Facoltà di Lettere e Filosofia e tutto il nostro Ateneo non saranno più gli stessi. Credo si possa dire infatti, senza rischiare di apparire retorici, che Yaqob Beyene è stato testimone e protagonista di momenti importanti degli ultimi decenni dell'Orientale e che, per la sua esperienza e il suo impegno in questo Ateneo, potrebbe scrivere di proprio pugno pagine interessanti della sua storia.
Filologia e linguistica dei testi geʿez di età aksumita. Il Pastore di Erma
Studi Africanistici. Serie Etiopica, 10. Napoli, 2019
The Shepherd of Hermas, a non-canonical book of the New Testament, was composed in Rome in Greek, most probably in the 2nd century AD, and translated into a variety of languages, among which Ge‘ez (or Classical Ethiopic). The work is of crucial pre-eminence for the history of early Christianity, and the Ethiopic version (Herma näbiy in Ge‘ez) is a key source for our knowledge of the primitive text. In this volume, following a scholarly trend of recovery and study of the Aksumite literary heritage (i.e., those texts directly translated from Greek between the 4th and the 6th–7th centuries, during the floruit of the Christian kingdom of Aksum), the author investigates systematically the relationship between the Ethiopic version and its Greek Vorlage, and surveys the direct manuscript tradition of the Ethiopic version, providing an updated picture of the headway made over the past decades in terms of enlargement of the documentary basis and proposing a stemma codicum of the tradition. After illustrating the indirect tradition of the text, i.e. the remnants of the latter in historical booklists, quotations and allusions in the 14th–15th-cent. Ethiopic literature, the author puts forward a number of plausible explanations to the irreversible decline and the quasi-extinction of the text from the 16th century onwards. In the volume special focus has been put on those linguistic features, as emerging from the manuscript documentation evaluated in its proper text-critical perspective, which deviate from the standard rule and which are likely to be genuinely archaic (the so-called Aksumite Ge‘ez). The critical edition of a portion of text, Visio III (conducted in accordance with the Neo-Lachmannian reconstructive approach) is appended to the end of the book.
Due note ai testi accadici di Ugarit
2019
In un documento accadico di 5ausgamuwa di Amurru trovato ad Ugarit la prima persona singolare del presen te G del verba na~aru occorre nella gratia [a]-na-ZUR (r); nelia trasli tterazione, ]. N ougayrol propone di leggere [a]-na-~arx. La forma con il morfema {a} dopo la seconda consonante radicale e regolare nel presen te di na~aru (2): la proposta di N ougayrol e quindi allettante e si sarebbe tentati di estendere l'uso del valore~arx agli altri casi in cui una forma del presente G di na~aru e scritta con il segno ZUR (3). La sola testimonianza delle forme di na~aru non sarebbe sufficiente per postulare il nuovo valore~arx, data la presenza di almena un caso in cui {u} e sicuro (4). Ma vi e un altro caso che e passato inosservato e in cui il val ore~arx per ZUR si adatta ugualmente bene. In un testa giuridico di Ugarit (5) si legge: KU.BABBAR ZUR-pu (6); la stessa forma si trova nei (I) MRS, IX, p. 145 (17-318 +) 4'. (2) Per la documentazione relativa al periodo di Ugarit si veda E. Ebeling, in VAB,
Arma, messaggero e fido consigliere: Šarur nella tradizione letteraria mesopotamica
La ricerca si è focalizzata sulle caratteristiche e l'aspetto di Šarur, arma divina del dio Ninurta, alla luce delle fonti epigrafiche. Il dio Ninurta è figlio di Enlil nella tradizione sumerico-accadica ed ha il suo centro di culto nella città di Nippur, la stessa del genitore, nel tempio chiamato Ešumeša. Un secondo importante centro di culto, nel periodo proto-dinastico, era presente nella città di Ĝirsu dove esisteva un tempio dedicato al dio Ninĝirsu, lett. "il signore di Ĝirsu" chiamato Eninnu. Sebbene queste divinità abbiano nomi diversi a partire dall'epoca storica, non vi è alcun dubbio che quest'ultimo non sia altro che un forma locale dello stesso Ninurta: entrambi sono protagonisti dei medesimi miti ed in due testi, Ninurta G e il ben più noto Lugal-e, i due nomi appaiono intercambiali. Egli possiede due aspetti nei testi sumerici. É un fiero e inarrestabile guerriero, aspetto evidente nel testo noto come Epica di Anzu, ma anche dio dell'agricoltura e della fertilità animale, aspetto, questo, meglio evidenziato nella cosiddetta Georgica sumerica in cui il dio dà disposizione sulla preparazione dei campi e la coltivazione del grano. Questi due aspetti vengono combinati nel poema Lugal-e, il più lungo poema letterario della tradizione mesopotamica, nel quale Ninurta dopo aver sconfitto il terribile Asag, in accadico Asakku, e il suo esercito di pietre, procede ad organizzare il mondo usando i cadaveri nemici per erigere le montagne e far confluire i fiumi ed i torrenti al fine di renderli utilizzabili per l'irrigazione. Nella letteratura sumerica, Ninurta condivide molte delle sue virtù guerriere con il fratello Nergal, con Šulpa'e e Martu, e, nel primo millennio, alcune specifiche manifestazioni della sua natura, i suoi attributi, i suoi trofei e le sue armi divengono proprie di altre divinità, come Marduk e Nabû. Si tratta dunque, come si è potuto notare, di una tra le più interessanti e complesse figure del pantheon mesopotamico. Come detto prima, vogliamo qui concentrarci su un oggetto con caratteristiche peculiari appartenente a questa divinità: Šarur. Potente arma dalle grandi capacità distruttive, Šarur è fido consigliere e aiutante di Ninurta, un oggetto dotato di propria volontà ed autonomia nel corso delle battaglie in cui il suo padrone è impegnato. Il suo nome è attestato in connessione col dio già al periodo di Sargon di Akkad, in un inno templare (Texts from Cuneiform Sources 3, 31, 20) che sebbene in un contesto frammentario, lo mette in relazione con il dio Ninĝirsu. Šarur è attestato fino in testi di epoca neo-assira e neo-babilonese, anche se la redazione originaria di questi risalirebbe probabilmente al periodo medio-babilonese, dove sarà divinizzato e diverrà una stella della costellazione dello Scorpione. Šarur non è l'unica arma di Ninurta: in quanto divinità guerriera questo dio possiede tutta una serie di armi, il cui elenco più completo si trova in un testo noto come Il ritorno di Ninurta a Nippur o,
Studi Epigrafici e Linguistici 34-36, 2017-2019: 269-285, 2019
In this contribution, I present some preliminary results of my ongoing investigation into money lending practices in Ur III Babylonia. More specifically, I offer a discussion of the še ur5-ra system of institutional loans of barley, which were granted to state dependents in the form of advances, usually interest-free, to be returned to the central administration. Here, I focus in particular on the še ur5-ra loans from the Ĝirsu-Lagaš province dating between years 12 and 39 of Šulgi. Besides, the full edition of eleven previously unpublished cuneiform tablets kept in the British Museum and in the de Liagre Böhl is provided.
La versione armena del libro di Giosuè [Rivista Biblica 3/4 (2022)]
Rivista Biblica, 2022
Lo studio della versione armena della Bibbia è un ambito promettente per una più profonda comprensione non solo degli albori della letteratura armena, ma anche della «Settanta», che ne costituisce la Vorlage, e della Vetus Latina, con cui mostra interessanti punti di contatto. Nonostante edizioni e strumenti siano ancora approssimativi e gli studi ad uno stadio incipitario, i primi risultati stanno fornendo materiale meritevole di riflessione: l’indagine della traduzione armena del libro di Giosuè, qui presa in esame, vuole contribuire ad arricchire tale filone di ricerca. Essa mostra di dipendere da un testo greco fortemente imparentato con il Codex Alexandrinus, ma segnato da una penetrazione massiccia e distratta di glosse derivate in ultima analisi dalle Hexapla origeniane. Pare inoltre possibile rinvenire, in alcune varianti testuali, tracce sporadiche di una più antica redazione della versione armena della Bibbia (Arm1), complessivamente soppiantata dal testo tràdito (Arm2). Tali tracce sono imparentate con la versione greca cosiddetta «lucianica» o «antiochena» e con la Vetus Latina. Tale carattere (Arm1 antiocheno e Arm2 esaplare) pare essere una costante nel blocco dei libri storici della Scrittura armena e può costituire un primo importante elemento di sintesi.