Recensione a M. L. Doglio, M. Pastore Stocchi (a cura di), «Rime degli Arcadi I-XIV (1716-1781). Un'antologia», Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2019 (original) (raw)
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2014
Della produzione poetica del lucchese Pietro de ' Faitinelli detto Mugnone (1280/'90 ca.-23 novembre 1349 ci restano una canzone, sedici sonetti -di cui uno in tenzone con un ignoto L. da Pisa -e un sonetto triplo: testi che, per contenuti e taglio stilistico, gli hanno tradizionalmente valso l'ascrizione nel novero dei rimatori comici. Di nobile famiglia guelfa nera, la sua vicenda biografica è inscindibilmente legata agli eventi storico-politici lucchesi coevi, così come la gran parte dei suoi versi. Prodromo di una nuova edizione del corpus di rime -finalmente offerto secondo l'usuale dialettica testo/apparato critico, per la prima volta frutto dell'escussione dell'intera tradizione manoscritta -è stato un nuovo censimento della tradizione che ha permesso di ampliare in modo significativo la recensio, apportando notevoli miglioramenti ai testi sino a oggi vulgati. Risulterà a tal proposito esemplificativa la discussione ecdotica del sonetto Ercol, Timbrëo, Vesta e la Minerva.
2017
Gregorio d’Arezzo, frate, medico e fisico (XIV sec. in.–1365 ca.), epigono del suo illustre concittadino Guittone, è poeta che vanta una produzione meritevole di attenzione nel panorama, pure ad oggi ancora in buona parte da esplorare, dei rimatori minori del Trecento. Questo volume presenta la prima edizione critica dell’intero corpus di rime attribuitegli, tra le quali si segnalano canzoni indirizzate a figure di rilievo come Francesco Petrarca e Sennuccio del Bene, un poemetto allegorico in cinque canti rimasto fino ad oggi completamente inedito e due sonetti ritornellati. La sua produzione poetica si distingue per un rigoroso contenuto morale e non trascurabili spunti di specifico interesse storico-politico, sempre celati sotto un vivace, articolato e spesso arduo linguaggio figurato, all’insegna del trobar clus più oscuro.
Lirica in Italia, 1494-1530. Esperienze ecdotiche e percorsi storiografici. Atti del Convegno (Friburgo, 8-9 giugno 2016), a cura di Giacomo Vagni e Uberto Motta
1. Nella sua non lunga esistenza, Giuliano de' Medici (1479-1516) si trovò a stringere rapporti con i maggiori protagonisti della civiltà rinascimentale italiana di primo Cinquecento. In simile contesto, anche la settantina di rime da lui composte e mai pubblicate in vita (fuorché in un caso, di cui si dirà tra breve) acquista un valore e un interesse, storico e culturale, che va al di là di ogni valutazione estetica. Non fu poeta di professione, e però Machiavelli, inviandogli due sonetti dal carcere nel 1513, lo trattava da competente in materia 1 . Può dunque stupire l'esilità della traccia circa la sua scrittura nelle testimonianze coeve, anche considerando il numero di testi superstiti e la loro qualità non infima: così che Giuseppe Fatini, l'allievo di Vittorio Cian che nel 1939 per primo pubblicò le sue rime, esordiva nel saggio a esse dedicato affermando che «fama di poeta il Magnifico non l'ebbe neppure ai suoi giorni» 2 .