LE EPIGRAFI DI PIANURA IL PRAEDIUM MARCIANUM E LA TRANSLATIO DI S. GENNARO (original) (raw)

IL LINGUAGGIO DELLE IMMAGINI: AFRODITE (VENERE) -PRIAPO -EROS (AMORE/CUPIDO) E PSICHE BEROE -ERO E LEANDRO -IL GIUDIZIO DI PARIDE -ANCHISE E LA GENS JULIA

Monete Antiche n. 119, 2021

Afrodite, Venere per i romani, era la dea dell'amore in tutte le sue manifestazioni, da quello puro e romantico, a quello sessualmente più sfrenato, anche a pagamento. Ne deriva che numerosissime erano le peculiarità per cui veniva venerata, peculiarità che, non di rado, erano prettamente locali, tanto che l'accordo non c'era neppure sulle sue origini. Per Omero 1 , infatti, la dea era figlia di Zeus (Giove) e di Dione 2 che in Epiro, e in particolare a Dodona, era venerata come sua moglie, al posto di Era (Giunone), come del resto è ben documentato anche su alcune monete, anche di Locri nel Bruttium. 3 Secondo Esiodo, invece, la nascita di Afrodite era una diretta conseguenza dell'evirazione di Urano (il Cielo) a opera del figlio Crono (Saturno) che, dopo averle recise, scagliò le "vergogne" del padre in mare, dove formarono una bianca schiuma, da cui nacque una fanciulla, Afrodite, appunto, che, spinta dagli Zefiri, approdò dapprima all'isola di Citera e poi a Cipro 4 (fig. 1). Nell'inno orfico 5 a lei dedicato la dea viene descritta così:

LA MATERIA DEGLI ANGELI: PER UN’INTERPRETAZIONE DELLA “PRATTICA” DELLO PSEUDO-CAMPANELLA, prima pubblicazione in Atrium, anno III n°4, dicembre 2001, pp. 9-28, pre-print version.

Più volte edito e commentato senza soverchio sforzo critico, questo noto e citato testo anonimo tratto dal codice Magliabechiano VIII: 6 della Biblioteca Nazionale di Firenze, è un raro caso – nell’ambito della tradizione occidentale – di descrizione non criptata di un metodo meditativo-immaginativo con dichiarata finalità estatico-illuminativa, scevro di qualsiasi riferimento mistico-religioso. Pur nella sua enigmaticità il testo presenta una evidente ascendenza ermetica che permette di inquadrarlo nell’ambito di quadri teoretici effettivamente interni ad una temperie campanelliana. Tale temperie è del resto identificabile, già nel titolo, nella definizione di “estasi filosofica”, una delle cinque specie di estasi identificate dal Campanella nel libro XIV dei Theologicorum. In tale contesto sono da iscriversi gli evidenti prestiti dalle teorie di Telesio e del Persio che affiorano nel breve scritto. Scopo del presente studio è appunto rintracciare e sottolineare i riferimenti ideologici di alcuni dei passi più interessanti del testo, la cui trascrizione è posta in apertura del lavoro.

S. PINNA (a cura di), M. AROSIO, La mariologia di san Bernardo

Il volume propone l’attenta indagine compiuta da Marco Arosio sulla mariologia di san Bernardo di Clairvaux, tema di un corso tenuto alla Pontificia Facoltà Teologica Marianum (2001- 2002), e costituisce un ausilio per tutti coloro che desiderano approfondire questo aspetto della teologia di san Bernardo. Il contenuto delle pagine traccia la linea di una ricerca capace di dare risalto al pensiero del Dottor Mellifluo. Lo studio può interessare sia agli esperti di cultura monastica medievale, sia a quanti vi si accostano per la prima volta.

UN GIOIELLO DELLA MICROSTATUARIA DI EPOCA ROMANA. LA SCULTURA EBURNEA DI DIONISO E PAN NEL RELITTO DI PROCCHIO

2023

The author re-examines the causes of the sinking of the cargo ship 'A' of Procchio on the island of Elba, as well as three of the luxury products found there: the wooden box containing huntite, the fragments of goblets with geometric gold decoration, and the ivory figurine depicting Dionysus and Pan originally coated with gold leaf. This figurine, in reality, was not, as long believed, a stopper for a precious perfume container or a decorative element of furniture, but rather an exceptionally high-quality handle for a folding knife, making it one of the finest examples of imperial-era ivory micro-statuary. L’Autore riesamina le cause dell’affondamento della nave oneraria ‘A’ di Procchio nell’isola d’Elba, nonché tre fra i prodotti di lusso lì rinvenuti, ossia la cassetta lignea contenente huntite, i frammenti di calici con decorazione geometrica in oro e la sculturina d’avorio raffigurante Dioniso e Pan in origine rivestita con foglia d’oro. Sculturina che, in realtà, non era, come si è creduto a lungo, un tappo di un prezioso portaprofumi o un elemento decorativo di un mobile, bensì un manico di coltello a serramanico di qualità straordinaria, tanto da costituire uno degli esempi più alti della microstatuaria eburnea di epoca imperiale.

SIBILLA APPENNINICA, IL MISTERO E LA LEGGENDA - IL PURGATORIO DI SAN PATRIZIO, UNA FONTE COMUNE PER GUERRIN MESCHINO E ANTOINE DE LA SALE?

Il mistero del Monte Sibilla, in Italia, è un enigma antico e ancora inspiegato. La montagna innalza il proprio picco tra l'Umbria e le Marche. La grotta sulla cima è stata oggetto di visite, per secoli, da parte di uomini provenienti da ogni parte d'Europa, in cerca del leggendario reame sotterraneo della Sibilla degli Appennini. Una ricerca che non si è ancora conclusa. Questo articolo presenta una investigazione preliminare relativa ad alcune analogie sussistenti tra la leggenda della Sibilla Appenninica in Italia e la tradizione connessa al Purgatorio di San Patrizio in Irlanda.

IL TESORO DI SAN GENNARO

San Gennaro abita a Napoli da tempi immemorabili anche se conosciamo con precisione la data in cui fece ingresso per la prima volta in città. Sembra quasi che la Napoli Cristiana non possa esistere, nel concetto fideistico più esteso, senza la figura di questo Santo. Siamo al cospetto di due entità materiali ed indissolubili, ma anche due concetti affatto astratti che si compenetrano in ogni forma espressiva umana, abbracciando il campo della scultura, dell’architettura, della pittura, della poesia, della letteratura, della musica, del mosaico, del cesello, della ceramica, della gioielleria, della tessitura,... San Gennaro a Napoli, trova spazio in tutte le forme espressive dell’arte e la città con tutti i suoi abitanti è fiera di questo omaggio che non è generosità, ma devozione e ringraziamento. L’uomo manifesta in modo esplicito il proprio stato d’animo, la propria intima benevolenza e soprattutto la devozione in ogni modo, esprimendo inoltre i propri sentimenti umani in maniera non solo magniloquente attraverso l’arte, ma anche nella fraseologia umile e spesso affatto dotta della parola, del gesto, dello sguardo. Questo connubio sentimentale tra l’uomo e il Santo si traduce poi in uno straordinario e forse unico rapporto d’insieme quando Gennaro, trasformatosi in persona, abita e vive non solo nella città, ma in tutto il territorio vesuviano. Si tratta di una lenta metamorfosi che sul modello di un cambio o meglio di un adattamento antropologico, porta l’effige del Santo in ogni luogo della terra dominata dal Vesuvio. Sarebbe un’opera immane, un lavoro improbo censire le iconografie di San Gennaro in questa terra dominata dalle forze immani del vulcano. E non basterebbe un tomo a descrivere ogni ambito dove le due ampolle contenenti il sangue, si manifestano come vera essenza simbologica. Valgano solo ad esempio alcuni luoghi della terra del Vesuvio e servano a dimostrare senza ombra di dubbio, quanto questa figura di uomo e taumaturgo sia così fortemente compenetrata nelle attività del quotidiano, nella vita comune. Mi voglio riferire in questo esempio e solo per fini strettamente documentali, alla sfilata di busti e statue del Santo che ritroviamo ancora oggi lungo il percorso della Regia Strada delle Calabrie dal Ponte della Maddalena a Castellammare e proseguendo fino ad Amalfi. Non vi era e non vi è palazzo o angolo di questo importante percorso viario che non richiami alla sua figura ed inneggi anche alle sue gesta. Sul Ponte della Maddalena e su quella che è la sua schiena dal lato mare, San Gennaro apre la mano e stende il braccio destro verso la cima del Vesuvio opponendosi con questo gesto alle ire del vulcano durante l’eruzione del 1631 e questo è anche il movimento plastico nel quale io vedo il gesto di un grandioso maestro che indirizza le proprie forze, il proprio sguardo e la mente tutta a contrastare la natura ostile di questa terra. In quel punto preciso della città di Napoli, dove il Sebeto viene scavalcato dal Ponte, sul confine occidentale con tutta la terra vesuviana, inizia anche un percorso iconografico e quindi simbolico del Santo che sarà presente in quasi tutte le ville del Miglio d’Oro, in moltissime cappelle e chiese, in tantissime strade, tra la gente e nelle case. Quel gesto forte crea una vera e propria estensione di grazie su tutta quella terra e non teme affronti, forte della fedeltà del suo popolo. Ogni villa, per questo avrà sul culmine del proprio tetto una statua dedicata al Santo, ogni città riprodurrà questa stessa iconografia in materiali diversi tra loro. Nel marmo, nella pietra lavica, nella terracotta saranno forgiate le sembianze del Santo, pronto a difendere tutti, pronto ad offrire ancora una volta il proprio sacrificio. San Gennaro con il volto al Vesuvio, con la sua mano destra benedicente, la mitria episcopale e le due ampolle contenenti il suo sangue, abita da secoli le case ed i palazzi della terra vesuviana e spessissimo lo ritroviamo, in quegli edifici il cui prospetto è rivolto al mare, in un gemellaggio direi sacro e salvifico nel messaggio, assieme alla Madonna.

Ad quadratum: la 'pianta bernardina' per la ricostruzione di Santa Maria Maggiore a Diano nel primo periodo angioino.

Salternum, Anno XXIV, nn. 44-45, pp. 101-114, 2020

La chiesa di Santa Maria Maggiore di Diano (Teggiano), si configura come una delle soluzioni architettoniche più originali ed importanti nel panorama delle costruzioni sacre del primo periodo angioino nel Principato Citra. Nell'adozione di uno schema planimetrico modulare del tempio, si riconoscono i segni del magister Melchiorre 'da Montalbano', da estendere anche alla costruzione della minoritica chiesa di San Francesco d'Assisi, in un clima di fervore costruttivo che interessa il castello dei Sanseverino e la ristrutturazione delle mura urbiche.

PLINIO IL VECCHIO, NATURALIS HISTORIA, TRADUZIONE PRAEFATIO

TRADUZIONE PRAEFATIO NATURALIS HISTORIA PLINIO IL VECCHIO, 2020

(consultando la traduzione in inglese dal sito: http://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0137%3Abook%3 D1%3Achapter%3Ddedication#note8, comparandola con quella in pdf) DOMINGA VALENZANO 1. Ho deciso di narrare per te con un'epistola più licenziosa, prossimo parto, i libri di Storia Naturale, prodotti da me, opera nuova per le Camene (Muse) dei tuoi Quiriti, o piacevolissimo imperatore Tito; questo, infatti, sia molto realmente il tuo titolo, mentre quello di grandissimo invecchia nel padre. E infatti tu solevi credere che le mie inezie valessero qualcosa, affinché addolcisca leggermente Catullo mio commilitone (anche tu conosci questa parola militare): infatti quello, come sai, cambiate le prime sillabe si fece più duro di quanto voleva essere stimato dai suoi Veranio e Fabio. 2. Allo stesso tempo affinché questa mia familiarità faccia ciò che poco fa tu rimproverasti che non avessi fatto in un'altra mia impetuosa lettera, affinché si renda pubblico e tutti sappiano quanto il potere duri meritatamente (secondo regime di giustizia) con te. 3. Tu sei stato trionfale e censore e sei volte console e partecipe della potestà tribunizia e, ciò che è più nobile per questi, mentre esegui ciò insieme a tuo padre e per l'ordine equestre, sei prefetto del pretorio e tutte queste cose hai fatto per la repubblica: certo come me (pl.maiestatis) nella compagnia militare, né la grandezza della fortuna cambiò qualcosa in te, ad eccezione del fatto che tu possa giovare tanto quanto tu voglia. 4. Pertanto, aumentando tutte le altre cose la venerazione (nei tuoi confronti) negli altri, per trattarti più familiarmente mi resta la sola audacia: dunque la imputerai a te stesso e rimetterai a te le mie colpe. Feci fronte e tuttavia non mi avvantaggiai, poiché per altra via tu vieni incontro grande e mi spingi più lontano con il peso dell'ingegno (=sei superiore rispetto a me per ingegno). 5. In nessuno mai può folgorare più autenticamente la forza detta dell'eloquenza, potenza tribunizia della loquacità. Con quanta voce intoni le lodi del padre, Quanto ami (quelle) del fratello, Quanto vali nella poesia, O grande fecondità d'animo! Hai immaginato come avresti imitato anche il fratello (Domiziano, la sua capacità oratoria è sottolineata da Svetonio)! 6. Ma chi è colui che possa intrepido valutare queste cose per venire sotto il giudizio del tuo ingegno, massimamente provocato? E, infatti, non è simile il caso di coloro che pubblicano le loro opere e di colore che esplicitamente te li dedicano. Allora che io possa dire: "Perché leggi queste cose, Imperatore?". Furono scritte per l'umile volgo, dei contadini, della schiera dei lavoratori, infine per gli occupati negli studi. Perché ti vuoi fare giudice? Componendo quest'opera, non eri in questa lista (di giudici=di lettori). Ti ritenevo alquanto superiore tanto da pensare che non avresti accondisceso fin qua. 7. Inoltre, c'è anche generalmente un certo rifiuto (delle opinioni) dei dotti. Di quello fa uso anche Marco Tullio, posto, quanto ad ingegno (compl. di limitazione) oltre ogni rischio e, cosa di cui ci stupiamo, è difeso da un avvocato: né per i più dotti. Non voglio che Manio Perseo legga queste cose, voglio che Giunio Congio (lo faccia). E, se Lucilio, che per primo introdusse lo stile satirico, pensò di dover dire ciò, se Cicerone pensò di dover prenderlo in prestito, soprattutto scrivendo riguardo La Repubblica, quanto più giustamente sono difeso io da qualche giudice.