Battista Spagnoli e la rifondazione dell’umanesimo in Il carmelitano Battista Spagnoli, ‘Virgilio cristiano’ per l’Europa dell’Umanesimo, Convegno di studi, Mantova, 10 febbraio 2018, «Accademia Nazionale Virgiliana di Scienze Lettere e Arti. Atti e memorie » 86 (2018), pp. 79-99 ISSN 1124-3783 (original) (raw)

10-11 maggio 2018 - La codificazione umanistica dell'epistolografia in volgare tra Quattro e Cinquecento: da Feliciano a Machiavelli. In Rinascimento letterario: la ricerca dei giovani studiosi. Napoli, Accademia Pontaniana, 10-11 maggio 2018.

L’individuazione di precisi modelli per i generi e per lo stile nelle letterature del mondo classico, e il recupero filologico della purezza originaria della lingua latina, consentirono alla letteratura umanistica di raggiungere, tra Tre e Quattrocento, una dimensione cosmopolita. Per il genere dell’epistolografia familiare, il modello di riferimento fu identificato nelle epistole ciceroniane. La loro riscoperta fu dovuta all’insistente attività di ricerca di codici antichi di Francesco Petrarca, che, nel 1345, rinvenne nella cattedrale di Verona i XVI libri delle Epistulae ad Atticum. Da quelle lettere, lo scrittore aretino ricavò il modello retorico-stilistico per la composizione delle sue Familiares. Una forma di comunicazione privata diveniva oggetto, così, dei processi di codificazione propri dei generi destinati ad una fruizione pubblica. Il confronto con le lettere ciceroniane significò innanzitutto un recupero del loro stile. Il sermo (lo stile quotidiano e colloquiale proprio anche della lettera privata), era stato a lungo materia di competenza esclusiva delle artes praedicandi, le quali avevano proposto come modello quello humilis delle Sacre Scritture. Con la scoperta delle lettere ciceroniane, lo stile colloquiale poté ritrovare nuova dignità letteraria in una dimensione finalmente laica. Durante il ’400, gli umanisti riproposero con forza il problema dei modelli per il sermo. Il lessico quotidiano degli antichi, infatti, apparve ai loro occhi inadatto a rappresentare la realtà del loro tempo. Alcuni, allora, suggerirono di rifarsi ai generi comici della letteratura volgare, ed in particolar modo alla novellistica e alla facezia. Questi generi di fatto costituirono modelli validi di sermo mediocre almeno fino al Cortegiano di Baldassar Castiglione. Negli anni a cavallo tra Quattro e Cinquecento la letteratura in volgare, confinata per decenni entro ambiti di fruizione ristretti alle singole realtà municipali, si avviava finalmente ad assumere un carattere metaregionale. I processi di definizione retorico-linguistica che avevano garantito alla tradizione umanistica lustro e diffusione ecumenica, si stavano trasferendo ai generi della scrittura in volgare. Il fenomeno risulta ampiamente indagato per molti dei generi della letteratura italiana (dalla lirica cortigiana, ad esempio, al romanzo cavalleresco). Manca, invece, uno studio complessivo per l’epistolografia in volgare. Eppure, è proprio in questi decenni che vanno rintracciate le radici di uno dei più rilevanti fenomeni culturali del secolo successivo: quello, cioè, dei Libri di lettere. Scopo della mia comunicazione è quello di illustrare le ricerche da me svolte sulle origini umanistiche dell’epistolografia letteraria italiana. In modo particolare, la mia attenzione sarà rivolta alla produzione epistolare di Felice Feliciano e di Niccolò Machiavelli.

Recensione a A. Marcone, Giuliano. L’imperatore filosofo e sacerdote che tentò la restaurazione del paganesimo, in Rivista di Archeologia Cristiana 95 (2019), pp. 472-475.

Il cultore di Antichità Cristiane e dunque anche il lettore di questa Rivista, sfogliando il bel volume che Arnaldo Marcone ha appena dedicato alla figura dell'imperatore Giuliano, corre subito verso quei capitoli, che sviluppano il tema nevralgico del revival paganeggiante, che costruisce l'imperatore nel secolo della tolleranza, per scorgere quella sorta di contraccolpo della civiltà religiosa della tradizione all'interno di un diagramma evolutivo, che sembrava accompagnare inesorabilmente il mondo tardoantico verso l'ufficialità del Cristianesimo, sia pure con le ben note resistenze degli "ultimi pagani" arroccati nell'entourage senatoriale e nella più alta aristocrazia dell'Urbe e dell'impero.

L’Umanesimo e i suoi mostri. Rinascite e naufragi dell’humanitas tra Hieronymus Bosch, Friedrich Nietzsche e Thomas Mann, in A. Giacomelli-S. Givone (a cura di), Umanesimo, Humanismus, Humanisme, in «Paradosso», 2/2019, Il Poligrafo, Padova, ISSN: 1128-3459, pp. 125-141. [Preview].

The contribution aims to question the traditional and classicist interpretation of Humanism. Through a brief analysis of the theme of “madness” in the late Medieval and Renaissance eras, it is intended to highlight Humanism as an age of transition and crisis. The “dark” side of this enigmatic phase of the history of Western thought is then investigated through the description of Hieronymus Bosch’s painting. The painting Ship of Fools, in particular, constitutes the most convincing representation of Nordic Humanism and its “monsters”. The critique of traditional Humanism understood as a philological, erudite and rational movement emerges again in the controversy between Nietzsche and Wilamowitz on the approach to Greek antiquity. The final section of the paper is dedicated to the correspondence between Th. Mann and Kerényi, who wonder whether a Humanism-renaissance is possible after the tragic events of Nazism and war.

Epitaffi per i Corsini

Coluccio Salutati e l’invenzione dell’Umanesimo, Catalogo della mostra (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, 2 novembre 2008 - 30 gennaio 2009), a cura di T. De Robertis, G. Tanturli, S. Zamponi, Firenze, Mandragora, 2008