RISCHI DELL'INTEGRAZIONE COMMERCIALE CINESE PER IL MODELLO DI SPECIALIZZAZIONE INTERNAZIONALE DELL'ITALIA (original) (raw)
Introduzione. Questo articolo vuole studiare i rischi per il modello di specializzazione italiano che emergono dall'integrazione commerciale della Cina, un paese con una specializzazione sempre più simile a quella italiana ed elevate quote di mercato, in settori rilevanti anche per l'economia italiana. Secondo la teoria di Hecksher-Ohlin-Samuelson (HOS) o delle dotazioni fattoriali, i paesi si specializzano in beni intensivi nei fattori di produzione di cui sono abbondantantemente dotati. Di conseguenza, la loro specializzazione internazionale dipende dalla loro dotazione fattoriale, ma anche dall'integrazione commerciale dei concorrenti. Cioè, da un lato, essa è influenzata dall'accumulazione dei fattori produttivi e dal progresso tecnologico: i paesi che maggiormente investono in ricerca, tenderanno ad avere abbondanza di fattori produttivi più sofisticati e quindi a specializzarsi in produzioni più avanzate. Dall'altro, i vantaggi comparati possono cambiare perché l'integrazione di altri paesi nel commercio internazionale muta la dotazione relativa di fattori produttivi e quindi il loro costo. Ad esempio, l'integrazione dei paesi emergenti-e in particolare della Cina-con abbondanza di lavoro non qualificato, ha aumentato la dotazione mondiale di tale fattore, e ridotto quella relativa dei paesi più avanzati, che di conseguenza trovano meno conveniente produrre beni che lo usano intensivamente. La competitività internazionale di un paese non è indipendente dal suo modello di specializzazione. Se esso tende a polarizzarsi su produzioni a bassa crescita della domanda o che mostrano vantaggi di costo e di qualità decrescenti nel tempo, inevitabilmente la quota sul commercio internazionale tende a diminuire. In quest'ottica, la specializzazione internazionale italiana potrebbe essere il motivo della sua recente perdita di quote sulle esportazioni mondiali che, a prezzi costanti, sono calate dal 4,3% del 1993 al 3,6% del 2002. In Francia, dove la quota è rimasta stabile al 5,6-5,7%, e in Germania, dove essa è cresciuta dal 10,2% al 10,4%, non si