Atlas of European Historiography. The Making of a Profession 1800-2005. Edited by Ilaria PORCIANI and Lutz RAPHAEL (original) (raw)
Ritrarre la storia nazionale: Medaglie e ritratti in Europa al servizio della storia (1680-1750)
2025
The essay examines the role of the medal in the visual strategy of monarchy in Europe. After a first chapter on the links between antiquarian culture and modern medals in the French monarchy, the next one considers the history of metal as a portrait of the State and the Nation from a European perspective. Finally, the last chapter focuses on a case study, Malta in the 18th century, allowing the author to assess the effectiveness of the medal and the history of metal as a medium for constructing the royal and state image.
Il mestiere dello studioso di storia
a cura di Giuseppe Battelli e Daniele Menozzi Estratto vieHa GIUSEPPE BATTELLI Il "mestiere" dello studioso di storia 2. Ivi, p. 163. 3. M. Bloch, Apologie pour l'histoire oa Métier d'historien, Paris 1949. «Da qui la sua [di CantimoriJ preferenza a definirsi studioso di storia e non "stori co'· ... }) (G. Mieeoli, La ricerca storica come ((storia positivQ), in «Studi storici», 34 [1993J, pp. 757-768, p. 760). 4. Sarà lo stesso Miecoli a richiamarla, indicandone una puntuale colloca zione: «Più da lontano, dalla mia fOlmazione e dalla mia militanza cattolica della prima metà degli anni '50 ... » (Per continuare la discussione ... , in «Rivista di sto ria e letteratura religiosa», 32 [1996J, pp. 416-433, p. 429). Sul peso di questa giovanile dimensione di fede nell'orientare le indagini storiografiche di Miccoli tra gli anni Cinquanta e l'inizio anni Sessanta ha insistito, con acume, O. Capitani, Dove \"O la storiografìa medioevale italiana?, in «Studi medievali», III s., 8 (1967). pp. 617-662, p. 644 nota 44. 5. Precisa::ioni dopo Trieste: la nostra funzione di universitari cattolici, in «Ricerca», 10 dicembre 1955, pp. 1-2; In margine al decennale della Resislen::a, ivi. p. 3; Le '"ie degli intellelluali di oggi, ivi, IO febbraio 1956, p. 3; /v/omenti del Il "mestiere" dello studioso di storia poco più che ventenne per i problemi del proprio tempo e per il compito/impegno che doveva svolgere a riguardo un intellettuale. Non conosco materiali, a tutt'oggi editi, che permettano un'analisi approfondita della questione; gli scarni elementi disponibili con sentono tuttavia di intravvedere in quel percorso giovanile un in treccio di problemi, sollecitazioni, letture, di varia appartenenza culturale e ideologica: Maritain,6 Congar e Chenu,7 i preti operai,8 il proprio "mito politico" Dossetti,9 Gramsci. dibattito politico e culturale intorno all'Università italiana, ivi, p. 4. Gli articoli vennero scritti mcntre ricopriva a Roma il ruolo di incaricato per la cultura della Fuci nazionale (intervento di Miccoli in: Il ruolo della Faci e del movimento cat tolico nella vita del paese, ivi, n.s., 13 [1997J, nr. 10-12, pp. 32-34, spec. p. 32). Il citato numcro di «Ricerca» del IO febbraio 1956 venne mandato al macero prima della distribuzione perché nell'editoriale Miccoli stigmatizzava i recenti ripetuti episodi nei quali la forza pubblica era intervenuta in Italia meridionale contro i dimostranti (la sua testimonianza in Il ruolo della FlIci, p. 34). 6. «Qui si aprirebbe la questione delle ascendenze, delle radici di questi at teggiamenti. Certamente ascendenze francesi: Maritain -facevamo in realtà un po' di minestrone -, il gruppo di Esprit» (ivi, p. 33). 7. «Fu Frugoni a portarmi a Pisa e a falmi leggere, nei pl'imi mesi del 1955, Jalons pour une théologie du laicat del padre Congar, e ad indirizzanni alla lettu ra di alcuni scritti medievistici del padre CheDU» (Gli «Incontri nel Medio Evo» di Arsenio Frugoni, in «Studi medievali», III s., 24 [1983J, pp. 469-486, p. 470; an che in Per continuare la discussione ... , p. 429). I rinvii bibliografici presenti nelle pubblicazioni di Miccoli dclla seconda metà anni Cinquanta consentono di ipotiz zare come tra quegli scritti medievistici di Chenu letti per indicazione di Frugoni ci fosse soprathltto Moines, clercs, laicat au carrefollr de la vie évangéliqlle (Xl!' siècle), in «Revue d'histoire ecclésiastique», 49 (1955), pp. 59-89; giudicato in seguito «suggestiva e fondamentale sintesi» (Orientamenti bibliografici, in E. Per roy, Il J'v/edioevo. Espansione dell 'Oriente e nascita della civiltà occidentale, Fi renze [1958J, pp. 551-572, p. 564) e «fondamentale saggio» (Chiesa gregoriana. Ricerche sulla Riforma del secolo Xl, Firenze 1966, p. 288 nota 164). Sui Ja!ons di Congar egli tornerà più volte in La questione della laicità nel processo storico contemporaneo, in Fra mito della cristianità e secolari:::zazione. Studi sul rap porto chiesa-società nell 'età contemporanea, Casale Monferrato 1985, pp. 474 498), affelmando tra l'altro: «Le pagine del padre Congar su questi problemi re stano, mi sembra, fondamentali» (ivi, p. 495). Interessanti peraltro i rilievi mossi dallo stesso Miccoli alla scuola teologica francese del secondo dopoguerra in Bi lancio di lIn pontificato, in «Mondo nuovo», 21 luglio 1963, pp. 17-18. 8. La prima pubblicazione di Miccoli fu se non erro una recensione ai volu mi di G. Cesbrol1, Les saints vont en enfer, Paris 1952, e 1. Anglade, Le chien du Seigneur. Roman, Paris 1952 (G. Niccoli [sicJ, L'esperimento de! prete operaio,
Partendo dallo stimolo offerto dalle più recenti riforme scolastiche, questo libro vuole fare luce sulla Didattica della Storia in Italia, in comparazione con la situazione vigente in altri importanti paesi europei (Francia, Germania, Olanda e Svizzera). Ampio spazio è inoltre dedicato, al suo interno, ad alcune esperienze di didattica laboratoriale condotte in Italia ai fini di ripensare la trasmissione del sapere storico nelle scuole secondarie di secondo grado e più in generale negli istituti scolastici taliani.
Il mestiere di storico nell’Europa dell’Est tra stalinismo e destalinizzazioni
Clio nei socialismi reali. Il mestiere di storico nei regimi comunisti dell'Europa orientale, 2020
Gli anni che vanno dalla fine della Seconda guerra mondiale al crol-lo dell'Unione Sovietica hanno rappresentato per i paesi europei del blocco sovietico una fase storica di omogeneità reciproca ma anche di alterità rispetto ai paesi occidentali. L'alterità fu imposta dall'ideo-logia sovietica. Con il 1948, le democrazie "borghesi" vennero messe fuori gioco: i partiti comunisti locali imposero il proprio monopolio, con l'appoggio militare e politico di Mosca. Questa omogeneità, alla quale solo la Jugoslavia di Tito si sottrasse proprio nel 1948, perdurò in tutti gli altri paesi d'oltrecortina fino alla morte di Stalin ma in Alba-nia, Cecoslovacchia, Romania e Repubblica democratica tedesca (Rdt) i meccanismi innestati dallo stalinismo hanno lasciato tracce profonde ancora per lunghi decenni (Tismăneanu 2003). Al fine di analizzare la diversità che progressivamente i paesi del socialismo reale hanno mostrato rispetto al modello politico e culturale dello stalinismo so-vietico, lo studio di Clio, delle sue pratiche e forme, dei riti che prende-vano piede nelle sue cattedrali (le istituzioni di ricerca e le università) da parte dei suoi chierici-laici (gli storici), così come nei nuovi templi profani dedicati alla scrittura della storia dogmatica di partito, può mostrare non solo come le rotture rispetto all'uniformità stalinista siano state localmente imposte a livello continentale, ma fare anche luce sulle comunità epistemiche che hanno riaffermato la propria voce (Iacob 2012) nelle cosiddette "vie nazionali", il compromesso ricono-sciuto da Nikita Chruščëv come necessario per salvare l'unità del co-munismo. Questo processo si è affermato con modalità e tempi differenti a seconda delle esigenze delle élite di ogni partito comunista nell'arco di più di un decennio (
The extension of meanings and values relating to the concept of landscape, which has occurred in recent decades, has had multiple consequences: on the epistemology of the disciplines that deal with landscapes (from geography, to history, to archaeology, to natural sciences); on protection, no longer linked to individual monuments, but enforced through planning together with specific economic and social management policies. These themes will be analyzed in this paper. The principles and methods of study of historical landscapes developed by the medieval archeology team of the University of Padua are investigated in relationship with the current models of participation and sustainable development promoted by the main international institutions that deal with the protection and management of cultural heritage.
The study of the "Germans" has characterized much European historical research, since the 17th century and up to today. This study has been used to sustain political and ideological ideas, and even the extreme nationalistic and racial Nazi ideas. It is, however, a very important issue for the history of Archaeology, as these theories influenced research and the formulation of interpretative models. In this paper, the author explains and discusses the use of archaeological data and its importance in the construction of the European nationalisms. Key words: Early Middle Ages, Barbarians, Europe, Historiography