Teramo: tracce del passato, fotografie del presente, disegni del futuro. Le radici e le ali delle migrazioni teramane (original) (raw)
La Barba M. (2020). Teramo: tracce del passato, fotografie del presente, disegni del futuro. Le radici e le ali delle migrazioni teramane. In Rapporto Italiani nel Mondo, Todi: Tau, pp. 436-445.
TERAMO. T disegni del futuro: le radici e le ali delle migrazioni teramane 1 Viaggiatori, pastori, stagionali, briganti, emigranti, partigiani: lo sguardo degli altri e la storia nostra «Secondo gli studiosi dell'antichità, la parola Abruzzo è derivata dai Praetutii, popolazione che anticamente abitava nella parte settentrionale del territorio che ora fa parte del regno di Napoli; i Longobardi poi cambiarono Praetutia in Aprutium, che per gli italiani divenne Abruzzo. Oggi la Teramana è il nome corrente di una di queste province in cui quasi si nasconde la voce Interamna, la capitale dei Pretuzi e il sito dell'odierna Teramo. La parte d'Italia ora nota come i tre Abruzzi una volta era abitata da Piceni, Praetutii, Vestini, Marrucini, Frentani, Peligni, Marsi e Sabini» 2 . Così l'inglese Edward Lear descriveva la provincia di Teramo nella prima metà dell'Ottocento, sul solco di una tradizione di viaggiatori, scrittori, artisti del Nord (dell'Europa) in cerca d'ispirazione, attratti dall'aspetto "pittoresco", arcaico del Sud. Prima degli storici accademici e degli economisti delle grandi inchieste agrarie dell'Italia pre e post-unitaria, erano stati gli stranieri a descrivere l'Abruzzo. Lear, visitando la regione, rileva l'aspetto geomorfologico e umano delle "province degli Abruzzi": «Le grandi vallate nel cuore degli Appennini sono soggette a scosse di terremoto, e ciò accade frequentemente e fatalmente; gli abitanti per la loro gentilezza, semplicità e ospitalità sono divenuti proverbiali tra gli italiani e gli stranieri». Lear guarda alle tipologie umane, e quello che meglio rappresenta lo spirito del luogo è il pastore: «Mi pare che la transumanza sia una lieta attività pastorale che la vita del pecoraro abruzzese rappresenti il bel idéal di vita di un pastore. Nelle pianure della campagna lo si può vedere lavorare a maglia, calze o mentre legge un libro di devozione. In verità, non ho mai incontrato persone più inoffensive e felici di esistere di tali pastori, benché di Morena La Barba, Università di Ginevra. 1 La stesura di questo articolo non sarebbe stata possibile senza il prezioso aiuto di Lia Giancristofaro, Giovanna Di Lello, Roberto Ricci, Goffredo Palmerini che dall'Abruzzo mi hanno spedito materiale bibliografico indispensabile, vista la mia impossibilità di rientro a causa del confinamento. Ringrazio Claudio Micheloni per avermi iniziato alla ormai ventennale avventura nella conoscenza e valorizzazione del patrimonio umano e sociale dell'associazionismo migrante. E, last but no least, Marlène Micheloni per i motivi che si evinceranno dalla lettura del testo.