"Fortune e sfortune della Connoisseurship. Di un frammento, due pendants e alcuni martîri tra Filippo Paladini, Giovanni Balducci e un ipotetico Agostino Ciampelli" | «Ricerche di storia dell'arte», 132, 2020, pp. 63-78. (original) (raw)
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La storica sacrestia di San Giovanni dei Fiorentini era collocata all’interno dell’edificio dell’Ospedale, alla destra della basilica, demolito nel 1937. Attraverso alcuni disegni della Collezione Lanciani e del Cooper Hewitt Museum, si può ricostruire l’architettura dell’ambiente, opera di Giuseppe Palazzi, e la decorazione realizzata da Matteo Orta. La documentazione presente nell’archivio dell’Arciconfraternita dei Fiorentini permette di seguire le diverse fasi della costruzione (tra il 1792 e il 1795), dalla scelta del sito, alle modifiche apportate alla decorazione pittorica, sino alla realizzazione degli arredi lignei. Analizzando il progetto di Palazzi, anche sulla base di confronti con altre sacrestie sei e settecentesche, si può osservare come la necessaria funzionalità delle armadiature sia stata coniugata con istanze di rappresentatività e monumentalità, attraverso l’uso di un linguaggio sintetico e semplificato e con uno stretto dialogo tra la struttura architettonica della sala e la conformazione dell’arredo.
“Fortuna e sfortune della Presentazione di Gesù al Tempio di Andrea Mantegna ora alla Gemäldegalerie di Berlino” in Brigit Blass-Simmen, Neville Rowley and Giovanni C. F. Villa (eds.), Capolavori a confronto. Bellini/Mantegna. Presentazione di Gesù al Tempio, exh. cat. (Venice, Fondazione Querini Stampalia, 21 March-1 July 2018), Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2018, pp. 51-61.
My Essay aims to help shed light on one of the darkest aspects in the biography of Mattia Preti, namely his trip to Venice, and the effects this had on his Art. To this end, I examine some works that the archival documentation allows to connect – directly or undirectly – to his stay in Veneto, and to Venetian collectors.
Nessuna parte di questa pubblicazione può essere memorizzata, fotocopiata o comunque riprodotta senza le dovute autorizzazioni. Coordinamento redazionale CAROLINA MARCONI Collaborazione alla redazione 16 Francesco Sisinni Un sodalizio nel segno della Bellezza 20 Marco Dezzi Bardeschi Quell'ingegnoso (e fecondo) tempo di "Psicon" 28 Italo Tomassoni Un piccolo paragrafo su lucenti passaggi a margine della grande opera di Marcello Fagiolo 32 Vincenzo Cappelletti Europa e Università in dialogo 34 Franco Onorati Il mio sodalizio con Mario dell'Arco 38 Carolina Marconi L'epistolario di Mario dell'Arco: razionalità e sentimento all'insegna della poesia
Nella seconda metà dell’Ottocento ed all’inizio del Novecento, quando la Commedia dell’Arte aveva esaurito il proprio ciclo dal punto di vista teatrale, maschere come Pulcinella, Arlecchino e Pierrot, insieme ai saltimbanchi, ai clown ed agli acrobati, cominceranno a perdere la loro specificità per essere racchiusi nella definizione comprensiva del cosiddetto “intrattenitore”, che in pittura verrà rappresentato in molti modi, divenendo veicolo di messaggi differenziati e spesso contraddittori. Tale versatilità sarà la caratteristica principale anche degli intrattenitori rappresentati dal 1915 in poi, quando alcuni aspetti della Commedia dell’Arte verranno riscoperti e reinterpretati in chiave moderna, portando anche ad una sorta di “revival” della maschera di Pulcinella. In pittura la caratteristica principale della sua rappresentazione sarà una certa scissione tra la sua essenza più pura e la sua interpretazione, che porterà gli artisti a concedersi diverse libertà, oscillando con disinvoltura tra processi di umanizzazione, disumanizzazione, contaminazioni iconografiche, archetipazione o snaturamento. In questo contesto Pablo Picasso e Gino Severini sono due figure chiave; in maniera diversa, entrambi utilizzarono la maschera come pretesto per la sperimentazione di nuove soluzioni formali e per entrambi tale maschera era legata all’ “italianità”, nel caso di Picasso in senso folcloristico, nel caso di Severini in chiave esistenziale di riscoperta delle proprie radici. – In the second half of the nineteenth century and in the early twentieth century, when the Art Commedia had exhausted its cycle from a theatrical point of view, masks such as Pulcinella, Arlecchino and Pierrot, together with saltimbanks, clowns and acrobats, began to lose their specificity to be enclosed in the definition of the so-called "entertainer", which in painting will be represented in many ways, becoming a vehicle of differentiated and often contradictory messages. Such versatility will also be the main feature of entertainers represented from 1915 onwards, when some aspects of the Art Commedia will be rediscovered and reinterpreted in a modern way, leading to a kind of "revival" of Pulcinella's mask. In painting, the main feature of his representation will be a certain split between its purest essence and its interpretation, which will bring artists to enjoy several freedoms, oscillating with ease between processes of humanization, dehumanization, iconographic contamination, archetypalization or distortion. In this context, Pablo Picasso and Gino Severini are two key figures; in a different way, both used the mask as a pretext for experimenting with new formal solutions, and for both of these the mask was linked to the “italian”, in the case of Picasso in the folkloric sense, in the case of Severini in the existential key of rediscovery of his roots.