Umberto Pappalardo, Massimo Cultraro, Sybille Galka, Amedeo Maiuri, Carlo Knight, Lucia Borrelli, Heinrich Schliemann a Napoli, Salerno 2021 (original) (raw)

5 Tutti conoscono il nome di Heinrich Schliemann, il mitico scopri-tore di Micene, Tirinto, Orcomeno e Troia, il cui nome ci riporta all'Iliade, all'Odissea e alla questione omerica, dove ci si domandava: ma Omero sarà mai esistito? Possibile che un cantore della fine dell'VIII secolo (la scrittura fu introdotta intorno al 750 a.C.) potesse descrivere con tanti dettagli una città messa a ferro e fuo-co intorno al 1250 a.C., ovvero 500 anni dopo? Tanti interrogativi Schliemann non se li pose, guidato dalla fede assoluta nella veridici-tà di Omero e bene armato di zappa e pala (come lui stesso scrive), scavò sulla collina di Hissarlik, in Turchia, e trovò Troia. Schliemann è stato a Napoli almeno dieci volte, non solo perché da qui prendeva la nave per raggiungere la sua casa ad Atene, ma an-che perché amava questa città nonostante non fosse più la splendida capitale europea del XVIII secolo ma fosse divenuta nell'Ottocento socialmente molto problematica. Non è quindi un caso che morì pro-prio a Napoli, a Natale del 1890, prima di imbarcarsi per Atene... voleva ancora rivedere le nuove scoperte di Pompei e le nuove acquisizioni del Museo Archeologico Nazionale. A Pompei aveva conosciuto il giovane ispettore Giuseppe Fiorelli, che avrebbe rivisto poi a Napoli come direttore del Museo Nazionale e nuovamente a Roma in qualità di Direttore Generale delle Antichi-tà del nuovo Regno d'Italia. Con Fiorelli ebbe dunque un lungo soda-lizio, testimoniato da un frequente scambio epistolare, in parte noto grazie al napoletano Domenico Bassi che nel 1927 pubblicò nell'ormai raro libro Il carteggio di Giuseppe Fiorelli, qui riprodotto in ap-pendice insieme alle trascrizioni dei diari di viaggio napoletani, i cui originali sono custoditi oggi presso l'American Academy of Athens.