LA CONSTITUTIO ANTONINIANA DEL 212 D.C. E IL PARADIGMA URBANO. UNA “DIVERSA” LETTURA DI P. GIESSEN 40.I (original) (raw)

Caracalla, i dediticii e il paradigma urbano. una ‘diversa’ lettura di P. Gissensis 40.I

Liber amicarum et amicorum Festschrift für / Scritti in onore di Leo Peppe herausgegeben von / a cura di Evelyn Höbenreich, Michael Rainer, Giunio Rizzelli, 2021

Sino al primo decennio del secolo scorso, le sole principali notizie del provvedimento, peraltro coeve, provenivano da un sunto di Xifilino del resoconto di Cassio Dione 3 , ma soprattutto, per quanto concerne la sostanza normativa, da un brevissimo frammento di Ulpiano:

LA LEGISLAZIONE PER LE CLARISSE DEL 1263: LA REGOLA DI URBANO IV, LE LETTERE DI GIOVANNI GAETANO ORSINI E DI SAN BONAVENTURA, in Collectanea Franciscana 87 (2017) 65-157

Collectanea Franciscana, 2017

Riassunto: Viene offerta l'edizione critica della Regola che Urbano IV promulgò per le Clarisse il 18 ottobre 1263. Vengono pubblicati anche altri testi giuridici, emanati dal cardinale protettore dell'Ordine e dal ministro generale (san Bonaventura), che illustrano il difficile processo di introduzione della nuova normativa e permettono di interpretare meglio il suo contenuto e l'intento del pontefice. Si analizzano le fonti della Regola urbanista e le effettive novità introdotte nella legislazione monastica, mettendo in rilievo anche alcune immediate mitigazioni di certe norme. Abstract: A critical edition of the Rule of the Poor Clares promulgated by Urban IV on 18 October 1263 is offered here. The other legislative texts by the Order's Cardinal Protector and its General Minister (St Bonaventure) are also given here and they serve to illustrate the difficult process of implementing the Rule and to facilitate a better interpretation of its contents and the intent of the pontiff. The sources of Urban IV's Rule and the actual innovations introduced into the monastic legislation thereby are also analysed, highlighting some immediate mitigations of certain norms.

Agostino da Tarano in un testamento del 1302: tra dimensione eremitica, contesto cittadino e vita istituzionale

Hagiografía agustiniana : santidad, devoción y política hagiográfica en la Orden de San Agustín: actas del Congreso (Roma, 16-21 Octubre 2023), a cura di I. González Marcos, J. Sciberras, J. Álvarez Fernández, Institutum Historicum Augustinianum, Roma 2023 (Studia Augustiniana Historica, 23), pp. 99-109

Doppia cittadinanza e pluralità degli ordinamenti. La Tabula Banasitana e le linee 7-9 del Papiro di Giessen 40 col I, in Archivio Giuridico Filippo Serafini, vol. 236 (2016) pp. 461-491.

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L.Masone,Spàrtene - Magnesia. L’architettura istituzionale della nuova colonia delle Leggi. Nuovi confronti a conferma di una tesi, in Rudiae. Ricerche sul mondo classico (nuova serie), 8, 2022, pp. 33-52

L.Masone,Spàrtene - Magnesia. L’architettura istituzionale della nuova colonia delle Leggi. Nuovi confronti a conferma di una tesi, in Rudiae. Ricerche sul mondo classico (nuova serie), 8, 2022, pp. 33-52, 2024

The debate concerning one of the most important platonic dialogue, have been recently revitalized by the latest studies on Magnesia, the city presented in the Nomoi, have revitalized the debate on one of Plato’s most important dialogues. The new polis of Laws does not completely depart from the ‘utopia’ of the Republic. Kallipolis remains the virtuous point of reference to which all potential administrative constructions must strive. In the Laws, however, there is an undeniable attempt to a continuous search for concreteness, through specific rules and towards a more concrete urban organization. Plato point out in a very detailed way the institutional aspects that would have significantly contributed to the creation of the new functional made up of the best Greeks, functional and unchangeable: the assembly, the council, the laws keepers, the night council and all the other magistrates. But what are the historical examples that Plato really refers to? A mixture that delivers the Platonic originality sense.

IL GIUDIZIO UNIVERSALE NELLA CHIESA DI S. AGOSTINO A BAGNOREGIO

Lungo Corso Mazzini in direzione dell'antico borgo di Civita, stilla sinistra s'incontra Piazza S. Agostino al cui centro è collocata la statua che comme-mora la figura di S. Bonaveiitnra nato a Bagnoregio, uno dei maggiori teologi del130rdine Francescano. Di fronte, sul lato est della piazza, sorge la chiesa di S. Agostino e l'annesso convento con il cinquecentesco chiostro disegnato da Michele Sanmicheli. Originariamente la chiesa era dedica-ta alla SS. Annunziata, poi con I'asse-giiazione all'Oi-dine degli Agostiniani, a S. Agostino. Purtroppo i documenti che si cono-scono, conservati nell'Archivio Agostiniano di Bagiioregio, partono dal 1508 e non permettono un riscontro delle varie fasi di costruzione e dei suc-cessivi interventi sulla chiesa prima di questa data. Probabilmente, in prece-denza, esisteva solo nn piccolo oratorio che fu ingrandito a seguilo della costitn-zione del convento e della maggiore importanza ricevuta dalla riforma ales-sandrina del 1256, che riunificò i vari romiti in uii unica casa. Del convento si hanno notizie dall'elenco dei conventi dell'ordine già intorno agli ultimi decenni del XIII secolo. Possiamo supporre che l'edificazione della nuova e più grande chiesa, avven-ne nella seconda metà del XTII secolo in un austero stile roinanico-gotico, ed è da mettere in sti-etto rapporto più con la crescente importanza che I'Ordiiie Agostiniano voleva avere, che con le csigenze della popolazione di Bagnoregio, la quale già usul'ruiva della presenza di numerosi luoghi di culto. Vari interventi furono effettuati nella chiesa durante i secoli, coine le iiumero-se imbiancature delle pareti e dell'absi-de, o la costruzioni di molti altari e di alcune cappelle con decorazioni in stuc-co. Nel 1632 fu iiinalmto il ictto' che, come vedremo, modificò sostaiizial-mente l'arco trioiifale. Nel secolo scorso, a seguito delle vicende storiche legate alla Repubblica Romana, subì un saccheggio da parte della stessa popolazioiie di Bagnoregio e, causa la chiusura del seminario e delle numerose richieste di danaro per il fisco, andò in decadenza fino a giungei-e alla chiusura del convento nel 1810 e successivamente alla vendita dell'intero iinmobile. La chiesa come ci appare oggi non è altro che il risultato dei radicali restauri voluti dal Cardinale Angelo Maria Dolci iniziati nel 1933 e concliisi nel 1940 con la riapertura al culto con i grandi Cesteggiameiiti del 28 aprile dello stesso anno. 11 progetto fu affidato a l prof. Ezio Zalaffi, architetto del13Ufficio delle Belle Arti di Firenze, che disegnò anche alcune parti (altari, pulpito, fregio e vetrate), mentre della direzione dei lavori fu incaricato l'inge-gnere Francesco Petrangeli Papini e il restauro degli affreschi fu eseguito dal prof. Cecconi Principi. Nella I-elazione sui lavori di restauro, Papini parla di rifaciineiito e di ricostruzione ma, con-siderato che vennero completamente distrutti tutti gli interventi dal XVI secolo in poi, con particolare accani-mento per quelli barocchi, in sintonia con l'alloi-a dominante avversione per questo stile, é forse più giusto parlare di ripristino dell'oi-iginario stile roinano-gotico in quanto l'attuale ricorda solo in pianta quella pi-ecedente ai restauri. La chiesa ha un'unica navata con copeitura a capriate dopo la riinozione del tavolato; l'abside è a pianta quadra-ta, divisa dalla navata dal ricostituito arco a sesto acuto iii pietra basaltina che sostituisce quello a sesto ribassato eret-io nel XVII secolo. Le pai-eti sono a cortina di tufo, inter-rotte a destra da un altare con arco acuto ricavato iiella parete e da un pulpito; in quella sinistra si trova un altare a forma di ciborio, disegnato da Zalafi'i. Sulle pareti sono stati posti. senza seguire costantemente il criterio di ricollocarli dove erano precedentemente, alcune tavole e i numerosi affreschi staccati venuti alla luce durante i lavori di restauro, che dovevano ricoprire gran parte delle pareti della chiesa. Durante lo spicconamento della pare-te che divide l'abside dalla navata, emersero alcuni frammenti-sette-di un affresco, dai quali è possibile ricono-scere il soggetto che viene rappresenta-to: un Giudizio Universale. La superfi-cie dell'arco trionfale e le proporzioni dei frammenti rimasti fanno supporre che si trattasse di un vasto affresco che ricopriva l'intera parete. Purtroppo gran parte di questa opera è andata distrutta, una porzione durante i lavori di restauro, con la demolizione dell'arco a sesto ribassato e il ripristino di qi~ello a sesto acuto, di proporzioni diverse rispetto al precedente. Ma anche la costmzione di quello a sesto ribassa-to, nel XVII secolo, oltre la sicura scial-baiura, recò gravi danni all'affresco. La ricostruzione coinpleta dell'ampio affresco viene così impedita, ina iin aiuto può venire da un'altra opera con lo stesso tema, già pubblicata su questa rivisia', che si trova nella chiesa di S. Maria Maggiore a Tuscania (fig. I). Anche se l'affresco di Tuscania è stato eseguito nel XIV secolo, esso può risultare utile per la descrizione icono-grafica, che nel "Giudizio Universale" di Bagnoregio non si discosta da quella in uso fino a buona parte del '400. L'affresco è racchiuso da una sem-plice cornice con decorazioni geometii-che interrotta da losanghe, nella parte superiore delimitata da un fregio, che doveva corrispondere all'aiilica coper-tui-a della chiesa. piìi bassa di quella attuale di circa due metri. Ai lati del Cristo (scomparso), dovevano stare gli Apostoli. Di questi restano alcune figure incomplete nel lato destro (fig. 21, tutte con lo sguardo rivolto verso il Cristo. La priina, però, sembra essere