Pico della Mirandola-Appunti (original) (raw)

Giovanni Pico della Mirandola

Profondo conoscitore della filosofia antica, anche se poco meno che ventiquattrenne, cultore di Platone più che di Aristotele, ma soprattutto del neoplatonismo tanto diffuso nella Firenze del Magnifico, dotato di una vivacissima curiosità intellettuale che lo portava ad occuparsi tanto dei testi esoterici dell'età ellenistica quanto dei commenti peripatetici dei filosofi arabi, senza dimenticare di conoscere a fondo la scolastica ed il tomismo, Pico nel 1486 si sentiva animato da un mandato per così dire storico: quello di indicare le vie della concordia universale alle scuole teologiche e filosofiche che si fronteggiavano. Il suo intento andava addirittura più avanti: non solo teologie e filosofie dovevano poter convergere, ma anche le religioni dovevano muoversi nella prospettiva di quella che lui stesso ebbe a definire pax unifica, pacificazione unificatrice. Il problema era semplicemente quello di cogliere gli elementi di convergenza dei vari orientamenti di pensiero e dei vari credo, per ricomporli in una visione articolatamente omogenea. Solo l'irruenza giovanile poteva spingere un signore

Pico della Mirandola, Giovanni

diritto canonico a Bologna e poi continuò la sua formazione tra Ferrara e Padova, dove conobbe Nicoletto Vernia, Elia del Medigo, Agostino Nifo, ai quali dovette la sua conoscenza dell'aristotelismo. Dopo un soggiorno pavese, nel quale si dedicò allo studio del greco, giunse a Firenze, che divenne la sua patria adottiva. Qui entrò in contatto con Marsilio Ficino e con gli ambienti platonici della città. Cominciò dunque a elaborare un modello sincretistico di concordia del sapere, che facesse convergere le antiche teologie come pure i diversi orientamenti filosofici in una comune pia philosophia. A tal fine si concentrò sullo studio della Patristica e della cabala, e apprese i rudimenti dell'ebraico e del caldaico, tramite l'ausilio prima di Elia del Medigo e di Yohanan Alemanno, e poi dell'ebreo convertito Flavio Mitridate. La stagione di studi sfociò nel progetto di una disputa, da tenere a Roma all'inizio del 1487, in cui il giovane conte avrebbe dimostrato al papa, ai cardinali e ai dotti provenienti da tutta Europa la con-

I giardini dei principi Pico della Mirandola

Graziella Martinelli Braglia, I Pico e i Gonzaga, Modena, 2000

"Giardini, fiori e vasi d'agrumi": il verde nella città di Mirandola Nell'anno 1524, il conte Giovan Francesco II Pico, principe umanista nipote del celebre Giovanni, costruì "presso la... rocca al ponente [del Castello di Mirandola] un'isoletta in mezzo di quell'acque, in cui piantò gran numero di diverse specie d'alberi e piante fruttifere per sua ricreazione, e vi edificò de' portici che adornavano e abbellivano il ponte..." Così lo storico Francesco Ignazio Papotti. L'Isola del Giardino, dunque ricavata nelle fosse del Castello e collegata alla terraferma da un ponte, costituiva una sorta di ortus conclusus, dove il principe poteva ritirarsi da ogni cura, dedicandosi agli ozii letterari. Un Carme, composto dallo stesso Giovan Francesco, descrive le suggestioni di questo paesaggio ricreato; vi crescevano querce, salici, gelsi, e alberi da frutto: pomarii, peri, vigneti, peschi, ciliegi, fichi...; quindi giardini di piante officinali, quali mirti e lauri, da un lato impiegate in farmacia, d'altro lato nobilitate da memorie classiche e mitologiche, in una visione umanistica della natura. Nel fortificato perimetro delle mura mirandolesi, palazzi nobiliari e conventi accoglievano le verdi presenze di orti e giardini. Ma erano soprattutto le fabbriche conventuali a contenere vasti spazi per orti e giardini. La disponibilità di terreno era d'altra parte condizione essenziale per l'economia di un monastero: le aree coltivate dovevano garantire il sostentamento alimentare della comunità religiosa; in molti casi, inoltre, le mura conventuali racchiudevano anche i cosiddetti giardini dei "semplici", ossia quegli orti botanici, costituitisi verso la metà del Cinquecento, per la coltivazione delle piante medicinali destinate al monastero stesso ma anche all'esterno, nell'esercizio della farmacia e delle pratiche assistenziali. Di particolare importanza era il monastero delle Clarisse di San Ludovico. “Pomposa mostra di natura”: il verde delle ville dei Pico "...Nel mezzo di vago giardino a montagnuola, con siepi, laberinti, boschetti, lavori di lusso, agrumi e piante diverse" s'innalzava una delle residenze estive dei Pico, il Casino della Motta, ubicato nelle vicinanze di Mirandola. Emerge dalle fonti una tipologia di giardino all'italiana, con i luoghi propri di una natura modellata dalle eleganze architettoniche, ad esempio nelle siepi sagomate e nel diffuso motivo del labirinto. Una splendida cornice verde attorniava anche il Palazzo di villeggiatura dei Pico già a Concordia, distrutto nel 1737, conservandone solo parte del piano terreno, per ordine del duca di Modena Rinaldo d'Este. Era un vastissimo giardino a fronte del Palazzo, con aiuole a disegni geometrici nella tipologia del "giardino italiano"; principesco completamento del suo arredo, seicentosessantasei pregiate piante di agrumi, naturalmente in vaso. A circa un miglio da Concordia si ergeva un'altra dimora estiva dei Pico, il Casino della Fossa, detto anche della Duchessa perché voluto da Alessandro II per la consorte Anna Beatrice d'Este. Costruito fra il 1682 e il 1683, sarebbe stato raso al suolo nel 1823. Prossime a corsi d'acqua, che potevano alimentare fontane e irrigare giardini, parchi e orti, le ville dei Pico s'inserivano armoniosamente nel contesto paesaggistico, e anzi vi si compenetravano, tramite sistemi di scalee, terrazze, logge traforate che rendevano la struttura edilizia permeabile all'ambiente circostante; e la stessa cornice naturalistica sembrava lasciarsi "contaminare" dalla progettazione architettonica che ne ridisegnava forme e profili.

Pico della Mirandola - La dignità dell'uomo

Tutti conosciamo Pico della Mirandola per averlo sentito nominare almeno una volta, e probabilmente ricordiamo anche qualche aneddoto relativo alla sua prodigiosa memoria; nonostante ciò, forse pochi di noi hanno confidenza con il suo pensiero o hanno letto una sola riga delle sue opere. Ci sarò capitato di trovare il suo nome citato in un manuale di filosofia come un importante pensatore... ma quanti di noi hanno avuto occasione di varcare la cortina di leggenda in cui questo filosofo dell'Umanesimo italiano è avvolto? L'epistola De hominis dignitate è il "manifesto" del pensiero di Pico e sintetizza gli esiti di ricerche da lui portate avanti per alcuni decenni. Quest'opera risulta estremamente interessante e stimolante in direzione della riscoperta di una concezione della filosofia non come fatto eruditivo o dialettico ma nel senso originario di amore e ricerca della saggezza.

Galeotto IV Pico della Mirandola e la sua ritrattistica

"Quaderni della Bassa Modenese", n. 82 (San Felice sul Panaro, Modena), 2022

Nella famiglia Pico, un personaggio rimasto sinora nella penombra è Galeotto Pico (1606-1637), figlio naturale, poi legittimato, di Alessandro I duca della Mirandola, principe ereditario noto come Galeotto IV anche se mai salito al trono perché premorto al padre, scarsamente ricordato anche dalla storiografia mirandolese. Eppure il ruolo di Galeotto fu fondamentale non solo per la continuità della dinastia dei Pico, ma anche per la vita dello stesso ducato, sempre in bilico in un sottile gioco di equilibri politici. Lo spunto per ricordare questo principe è dato da un Ritratto di giovane gentiluomo a mezzo busto recentemente riaffiorato in area tedesca, privo di attribuzione ad personam, ma spettante a esperto pittore operante nel circuito delle corti nell’ambito della ritrattistica “internazionale”. E’ copia parziale del Ritratto di gentiluomo con cane a tutta figura del veneziano Sante Peranda (1566-1638) affiancato da un collaboratore, probabilmente il figlio dell’artista Michelangelo, già nella quadreria dinastica di Alessandro I, nel 1716 trasferita dai Commissari imperiali con altri tesori d’arte dal Castello di Mirandola al Palazzo Ducale di Mantova, dove tuttora si conserva. Il ritrovamento del ritratto a mezzobusto sollecita quindi un profilo della figura di Galeotto – sulla base degli approfonditi studi di Enzo Ghidoni – e una disamina, iconografica e di storia del costume, della tela perandesca suo prototipo ora a Mantova, che ragionevolmente va riconosciuta nel “ritratto del Sig. Prencipe Galeotto in piedi”, in origine nella Sala di Psiche del Castello mirandolese. Si ipotizza poi che il ritratto “mantovano” di Peranda sia stato commissionato come effigie ufficiale legata alle nozze, celebrate il 18 novembre 1626, di Galeotto con Maria Cybo (1609-1652), figlia di Carlo I duca di Massa e principe di Carrara, da situarsi negli ultimi tempi della ventennale permanenza mirandolese del pittore, che ebbe termine nel 1628. (per gentile concessione del Gruppo Studi Bassa Modenese) In the Pico family, a character who has so far remained in the shadows is Galeotto Pico (1606-1637), natural son, later legitimized, of Alessandro I, Duke of Mirandola, hereditary prince known as Galeotto IV even if he never ascended the throne because he predeceased his father, scarcely remembered by Mirandola historiography. Yet Galeotto's role was fundamental not only for the continuity of the Pico dynasty, but also for the life of the duchy itself, always poised in a subtle game of political balance. The inspiration for remembering this prince is given by a half-length portrait of a young gentleman recently resurfaced in the German area, without attribution ad personam, but by an expert painter operating in the court circuit in the field of "international" portraiture. It is a partial copy of the full-length Portrait of a Gentleman with a dog by the Venetian Sante Peranda (1566-1638) flanked by a collaborator, probably the son of the artist Michelangelo, already in the gallery of Alexander I, transferred in 1716 by the Imperial Commissioners with other art treasures from the Mirandola Castle to the Ducal Palace of Mantua, where it is still preserved. The discovery of the half-length portrait therefore calls for a profile of the figure of Galeotto - on the basis of studies by Enzo Ghidoni - and an iconographic and costume history examination of the canvas of Peranda, its prototype now in Mantua, which reasonably should be recognized in the " ritratto del Sig. Prencipe Galeotto in piedi", originally in the Hall of Psyche of the Mirandola Castle. It is then hypothesized that the "Mantuan" portrait of Peranda was commissioned as an official effigy linked to the wedding, celebrated on 18 November 1626, of Galeotto with Maria Cybo (1609-1652), daughter of Charles I, Duke of Massa and Prince of Carrara, to be placed in the last days of the painter's twenty-year stay in Mirandola, which ended in 1628.

Appunti di piemontese.pdf

Some notes on Piedmontese language: history and geography, dialects, writing system and morphology: articles, classifiers, nouns, adjectives, verbs, negation. Some new perspectives on verbal system and its partitions.

Pico della Mirandola Oratio de hominis dignitate.pdf

«Non ti abbiamo dato, o Adamo, una dimora certa, né un sembiante proprio, né una prerogativa peculiare affinché avessi e possedessi come desideri e come senti la dimora, il sembiante, le prerogative che tu da te stesso avrai scelto. 19.La natura agli altri esseri, una volta definita, è costretta entro le leggi da noi dettate. 20. Nel tuo caso sarai tu, non costretto da alcuna limitazione, secondo il tuo arbitrio, nella cui mano ti ho posto, a decidere su di essa. 21. Ti ho posto in mezzo al mondo, perché di qui potessi più facilmente guardare attorno a quanto è nel mondo. 22. Non ti abbiamo fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché come libero, straordinario plasmatore e scultore di te stesso, tu ti possa foggiare da te stesso nella forma che avrai preferito. 23. Potrai degenerare negli esseri inferiori, che sono i bruti; potrai rigenerarti, secondo la tua decisione, negli esseri superiori, che sono divini». 122. Infatti il celebre medèn agàn (nulla di troppo) giustamente prescrive quale regola e norma di ogni virtù il criterio della medietà, di cui tratta la morale. 123. Segue poi il famoso gnoti seauton (conosci te stesso), che ci incita e ci sprona alla conoscenza della natura tutta, della quale la natura dell’uomo costituisce l’elemento intermedio e per così dire la miscela. 124. Chi infatti conosce se stesso, in se stesso conosce ogni cosa, come ebbero a scrivere prima Zoroastro e poi Platone nell’Alcibiade.

L'itinerario qabbalistico di Giovanni Pico della Mirandola

Appena iniziato a studiare la lingua ebraica Giovanni Pico della Mirandola nell'estate del 1486 tentò l'esperienza della qabbalah, ossia della mistica ebraica, detta anche torah še be-'al peh, ossia 'lex ore tradita', profittando soprattutto delle conoscenze di uno dei suoi maestri, il siciliano Samuel ben Nissim Abulfaraj, convertitosi al cristianesimo col nome di Guillermo Raymundo Moncada e lo pseudonimo filosofico di Flavio Mitridate.

La Mirandola dei Pico fra le "città ideali" padane

testo della conferenza tenuta presso U.T.E., Università Terza Età di Modena, a.a. 2013-2014

The fame of powerful military stronghold would have accompanied Mirandola for centuries, even if this would not have remained unscathed by conquests and looting. On the other hand, the image of Mirandola as a city subject to that Renaissance urban planning regularization which correlates it to the nearby city-states of the Gonzagas, such as Novellara, Guastalla, Sabbioneta, Pomponesco, Bozzolo, is less widespread. And in fact, in the second half of the sixteenth century its urban nucleus was largely configured according to lines of aesthetic regularity and pragmatic functionality. Today's road network, within the belt of avenues obtained from the demolition of the famous walls between 1878 and 1886, still maintains the polygonal shape plan conferred on it in the thirty years between 1560 and 1590 by Count Ludovico II (1568 m. ) and by his widow, the regent Fulvia da Correggio, daughter of Ippolito lord of Correggio. La fama di potente roccaforte militare avrebbe per secoli accompagnato Mirandola, anche se questa non sarebbe rimasta indenne da espugnazioni e saccheggi. Meno diffusa è invece l'immagine di Mirandola come città oggetto di quella regolarizzazione urbanistica rinascimentale che la correla alle vicine città-stato dei Gonzaga, quali Novellara, Guastalla, Sabbioneta, Pomponesco, Bozzolo. E infatti, nella seconda metà del Cinquecento il suo nucleo urbano viene in vasta parte configurato secondo linee di regolarità estetica e di pragmatica funzionalità. L'odierno reticolo viario, entro la cintura dei viali ricavati dall'abbattimento delle celebri mura fra il 1878 e l'86, ancora mantiene quella planimetria di sagoma poligonale conferitagli nel trentennio fra il 1560 e il 1590 dal conte Ludovico II (m. 1568) e dalla vedova di lui, la reggente Fulvia da Correggio, figlia di Ippolito signore di Correggio.

Lo studio del paesaggio di Miranduolo

Approccio allo studio di un paesaggio sfruttato da un insediamento medievale. Analisi geo pedologiche con formulazione di una metodologia di approccio ad un paesaggio storico, studio delle fonti storiche, sia quelle di carattere documentale che quelle cartografiche. In particolare uso della cartografia storica (catasto ottocentesco) per avere un quadro sincronico del paesaggio precedente alla meccanizzazione delle campagne e per la valutazione di fossilizzazioni negli elementi paesaggistici. Incrocio dei risultati con i dati di scavo (con particolare attenzione all'archeologia ambientale) e proposta ricostruttiva sullo sfruttamento delle paesaggio.