Lineamenti biografici di san Pietro da Salerno (+1105) committente della Cattedrale di Anagni, Geografie e delle committenze. Dinamismo politico, artistico e culturale nell’Italia centro meridionale (IX-XV secolo), Cerro al Volturno (IS), 2021, pp. 141-159 (original) (raw)

L. Bertoglio, E. Cecconelli, M.R. Picuti, Il santo e il vitello: un affresco con sant’Antonio abate nella chiesa di Santa Maria Infraportas, in Cultura Economia Territorio. La Storia come mestiere. Studi in onore di Fabio Bettoni, a cura A. Ciuffetti, R. Tavazzi, BSCFoligno, 43-4, 2020-1, 343-56

Cultura Economia Territorio. La Storia come mestiere. Studi in onore di Fabio Bettoni, a cura di A. Ciuffetti, R. Tavazzi, Bollettino storico della città di Foligno, 2020

Questo contributo nasce dalla segnalazione della presenza di un vitello accovacciato ai piedi di un sant’Antonio Abate, al posto dell’usuale porcello, in un dipinto realizzato nella prima metà del XVI secolo in una cappella viaria annessa alla chiesa di santa Maria Infraportas a Foligno. L’analisi dell’opera attribuita a un pittore in cui è ben riconoscibile l’influenza operata da Bernardino di Betto detto il Pinturicchio ha rappresentato l’occasione per esaminare con un approccio interdisciplinare questa iconografia così poco usuale nel panorama della storia dell’arte e di approfondire quali possano essere i motivi che hanno portato i committenti a tale scelta. “Ulteriore motivo d’interesse della raffigurazione di Sant’Antonio con il vitello scaturisce dalla possibile appartenenza dell’animale alla razza chianina, la monumentale specie di buoi dal manto bianco porcellana, che negli individui di meno di 6 mesi di età si presenta di colore fromentino, come nel nostro esemplare, e dalla suggestione che la sua raffigurazione voglia testimoniare il legame che unisce la valle Umbra a questa particolare varietà bovina. È noto come la bellezza e l’imponenza dei buoi di Bevagna, l’antica Mevania, costituiscano un topos letterario dell’antica Roma che prende avvio dai versi del secondo libro delle Georgiche, nei quali Virgilio, decantando le glorie italiche, ricorda il candore delle greggi e dei buoi lavati nelle sacre acque del Clitunno e il loro impiego nel trionfo dei condottieri vittoriosi, chiaro riferimento ai sacrifici che avvenivano a Roma sul Campidoglio, presso il tempio di Giove Ottimo Massimo, dove le cerimonie terminavano...”.

A.G. DIBISCEGLIA, La santità di Antonio Palladino: nel centenario della Pia Opera del Buon Consiglio a Cerignola (1921-2021), in Chiesa e territorio in Puglia. La storia “patrimonio di comunità”. Studi offerti a Pietro di Biase, a cura di V. RIVERA MAGOS, Barletta, Rotas, 2023, pp. 193-206.

Antonio Palladino (1881-1926) fu parroco nella chiesa di San Domenico a Cerignola dal 1909 al 1926, anno della sua prematura scomparsa. Sulla scia del magistero di papa Leone XIII (1878-1903) – che, con la Rerum novarum, aveva suggerito un impegno più evidente e incisivo dei cattolici per contrastare il diffuso anticlericalismo – fu un prete “fuori di sacrestia”, operando tra le vie dei quartieri contraddistinti dai significativi toponimi dei Senza Cristo, Pozzo Carrozza, La Cittadella, sede – quest’ultimo – della Pia Opera del Buon Consiglio, l’istituzione che, del giovane sacerdote, raccolse e perpetuò dallo ieri all’oggi con la spiritualità, il carisma sociale del giovane presbitero a difesa delle fasce più deboli della società. Rientrò nel progetto palladiniano anche la salvaguardia e la tutela della donna: non fu, quindi, un caso se fu una sua figlia spirituale, Tarcisia Vasciaveo, a raccoglierne l’eredità e a promuovere, in accordo con le locali autorità ecclesiastiche, l’avvio della causa di beatificazione già nel periodo immediatamente successivo la sua scomparsa, nella convinzione che la via per l’affiliazione della nascente congregazione delle suore del Santissimo Sacramento all’ordine domenicano avrebbe costituito la via per il riconoscimento della santità del Palladino.

"S. Pietro di Perugia e Sassovivo", in "Dinamiche istituzionali delle reti monastiche e canonicali nell’Italia dei secoli X-XII", a cura di N. D’Acunto, Il Segno dei Gabrielli editori, Verona 2007, pp. 157-174

Questo saggio si propone di affrontare la storia istituzionale dei due monasteri umbri di S. Pietro di Perugia e di Santa Croce di Sassovivo, per il periodo che va dall'inizio del secolo XI alla fine del XII, attraverso un'analisi di tipo comparativo. Gli elementi che legittimano, a mio parere, questo approccio sono molteplici, in quanto numerose sono le analogie fra i due enti. La prima e Á di carattere generale: fra XI e XIV secolo, all'inizio S. Pietro e poi Sassovivo costituiscono, a livello monastico, le due maggiori potenze economiche e politiche dell'attuale regione; inoltre, fondati a circa un secolo di distanza l'uno dall'altro ± S. Pietro nella seconda meta Á del X secolo, Sassovivo nell'ultimo quarto dell'XI ±, 1 entrambi sotto la regola di san Benedetto, acquistano ben presto il favore del papato ed a pochi decenni dalla propria fondazione ricevono l'esenzione dalla giurisdizione vescovile ed il diritto di appartenere nullo medio alla Sede apostolica. 2 Con altrettanta rapidita Á acquisiscono una base patrimoniale notevole ± per Sassovi-108 STEFANIA ZUCCHINI

L’Albero Serafico di Pietro Negri: note storiche, iconografia, committenza, in "Santa Maria Gloriosa dei Frari. Immagini di devozione, spazi della fede / Devotional Spaces, Images of Piety”, a cura di Carlo Corsato - Deborah Howard, Centro Studi Antoniani, Padova 2015, pp. 263-272

Pietro Negri’s Albero serafico is one of the paintings in the Frari that usually escapes notice, despite its conspicuously large size. This neglect is due not only to its unfavourable, poorly lit position, but also to the fact that it is surrounded by such world-famous masterpieces as Titian’s two altarpieces. The result of this accidental oversight is that the work has been given almost no attention in the art-historical literature, although it deserves more than a rapid glance, not least on account of its unusual iconography. This chapter reconstructs the commission and its sources in the context of the Franciscan tradition of such representations, starting with the Lignum vitae and genealogical trees, with reference to the writings of St Francis. It evaluates both the traditional and innovative aspects of Negri’s work in relation to that of his precursors; prints in particular were the most widely diffused and accessible sources of such iconography. Finally the chapter reconsiders the role of the patron, fra Agostino Maffei, an unusual figure in Franciscan patronage and a member of a Veronese noble family. His careful deployment of his own wealth was almost entirely dedicated to enhancing the glory of the church of the Frari, especially in relation to two important artistic commissions: Pietro Negri’s painting and the Altar of the Cross by the sculptor Juste le Court.

PAOLO VERONESE, “San Girolamo penitente”; GIOVANNI FRANCESCO CAROTO, “Madonna con il Bambino nel paesaggio con, sullo sfondo, i santi Cristoforo e Giovanni Battista”; DOMENICO BRUSASORZI, “Ritratto d’uomo in armatura”; DOMENICO CAMPAGNOLA, “Pietà tra i santi Michele Arcangelo e Cristoforo”; GIROLAMO TESSARI DETTO DAL SANTO, “Ritratto del cardinale Pietro Bembo, nelle vesti di Pietro Diacono”; ALESSANDRO BONVICINO DETTO MORETTO, Ritratto d'uomo; BERNARDINO LICINIO, “Ritratto di dama in abito rosso con petrarchino”; CIMA DA CONEGLIANO, “San Giovanni Evangelista”; MICHELE BONO DETTO GIAMBONO, “Velo della Veronica”; SCUOLA VENETA, METÀ DEL XVI SEColo, “Ritratto di vecchio”; PITTORE VENETO, PRIMA METÀ DEL XVI SECOLO, “Ritratto d’uomo (un podestà veneziano?)”; PITTORE VENETO, QUARTO-QUINTO DECENNIO DEL XVI SECOLO, “Concerto campestre”; BOTTEGA DI BONIFACIO VERONESE, “Continenza di Scipione”; PITTORE VENETO, METÀ DEL XVI SECOLO, “La maga Circe che dà da bere ai compagni di Ulisse”; PITTORE VENETO, PRIMA METÀ DEL XVI SECOLO, “Sacra Famiglia con san Giovannino”; PITTORE VENETO DEL SECOLO XVII, “Il senatore e la cortigiana”; DERIVAZIONE DA JACOPO BASSANO, “Adorazione dei pastori”; COPIA DA GIOVANNI BELLINI, “Circoncisione di Cristo”; GIOVANNI MANSUETI, “Madonna con il Bambino tra i santi Giovanni Battista, Caterina d’Alessandria e due committenti”; PITTORE VENETO, PRIMO DECENNIO DEL XVI SECOLO, “Madonna con il Bambino in trono tra le sante Maria Maddalena e Caterina d’Alessandria”; PITTORE VENETO, SECONDA METÀ DEL XVI SECOLO, “Redentore”; PITTORE VENETO-FIAMMINGO, SECONDA METÀ DEL XVI SECOLO, “Paesaggio con andata ad Emmaus”, in La Pinacotaca Malaspina, a cura di Susanna Zatti, Milano, 2011, [22 schede di catalogo].