#Ferragnez. Anatomia di un sincretismo mediale (original) (raw)

2021, Supertele. Come guardare la televisione

Quando un neologismo si afferma nell’uso quotidiano della lingua è segno che qualcosa è cambiato nel senso comune e nel patrimonio semantico di una società. Nel 2018, dopo che la Treccani decise di includere nel Libro dell’anno la parola Ferragnez, alcuni puristi della lingua si scagliarono con veemenza contro quello che consideravano un clamoroso episodio di degenerazione del vocabolario collettivo: «Il neologismo #Ferragnez mi crea un disagio disarmante»; «La lingua italiana sta andando a rotoli»; «La parola Ferragnez è entrata nel vocabolario Treccani, dovrebbero chiamarlo Treccani e Porci». A queste polemiche, veicolate attraverso Twitter, la Treccani reagì, dal proprio ac- count sullo stesso social network, ricordando che i neologismi rispondono «alla necessità di esprimere concetti nuovi, di denominare o qualificare nuove cose e istituzioni» e che «sono uno specchio di come parlano e scrivono gli italiani, non di quello che crediamo debbano dire o scrivere». E dunque che «rilevare un neologismo non implica giudizi morali» sui fenomeni che li hanno generati. Al di là delle querelle linguistica, dunque, la parola-macedonia derivante dalla fusione di Ferragni (cognome della nota Chiara) e di Fedez (nome d’arte dell’altrettanto noto rapper Federico Lucia) indica innegabilmente una nuo- va cosa e una nuova istituzione. Ciò che ci interessa è la necessità che una sola parola – per quanto urtante, perlomeno sul piano fonetico – esprima con immediatezza lessicale non tan- to la formalizzazione di una relazione sentimentale (l’hashtag #TheFerragnez è coniato dai due in occasione del loro matrimonio, il 1° settembre 2018), quanto la consacrazione di una nuova istituzione mediale. Un’istituzione dotata di un nome proprio che consente ai membri di una comunità di riferirvisi sen- za necessità di esplicitare il nesso fra i termini che la compongono. Il sincretismo, in fondo, non è che il corrispettivo linguistico dell’esigenza di unire saldamente in matrimonio due cam- pi semantici fino a quel momento distinti, e che ora hanno generato un oggetto culturale autonomo e diverso dalla semplice somma delle sue parti. Un’istituzione soprattutto mediale, perché ha la sua ragion d’essere nel vivere e alimentarsi in un ambiente che non esisterebbe senza le infrastrutture digitali e soprattutto senza le particolari dinamiche discorsive e relazionali che le sorreggono e animano, con concretissime ricadute sui processi economici.