Uomo-Stato (original) (raw)
Per la presenza di un determinato clima culturale prevalente o per l'assunzione di paradigmi teorici forti ed esclusivi, l'antropologia e l'antropologia politica si sono spesso divise al loro interno in campi antagonisti. Alla societas si è opposta la civitas, al gruppo l'individuo, al sangue il territorio, alla struttura il processo. Se per molti studiosi, in tema di organizzazione politica e sociale, il conflitto costituisce la chiave interpretativa, per altri tale ruolo è svolto dall'integrazione. La dicotomia conflitto/integrazione può pertanto costituire un utile strumento per comprendere le modalità con le quali l'antropologia, e la sua branca specialistica cioè l'antropologia politica, hanno guardato e guardano al posto che il potere, la sua continuità, il suo esercizio e il suo mantenimento, hanno tra i popoli "senza scrittura", "tecnologicamente arretrati", tra i popoli cioè cosiddetti "primitivi". I.2. Il primato della parentela nelle ricostruzioni di J.J. Bachofen e J.F. McLennan L'enorme ampliamento delle conoscenze archeologiche ed etnografiche, l'introduzione della ricerca sul campo, lo sviluppo stesso del pensiero antropologico dovevano necessariamente condurre ad una impietosa evidenziazione delle manchevolezze e degli errori commessi dagli studiosi diffusionisti ed evoluzionisti dell'Ottocento che tentavano una ricostruzione dell'origine dell'umanità, della società e della cultura a livello universale e perlopiù con speculazioni teoriche. Per gli studiosi successivi essi compivano un errore metodologico; la storia universale venne quindi tralasciata e l'antropologia divenne particolaristica in USA con lo studio di singole culture o singoli elementi culturali, e a-storica in UK, orientata all'analisi sincronica della cultura e della struttura sociale delle società primitive studiate dai ricercatori con la ricerca sul campo e l'osservazione partecipante. Eppure molte idee che costituiscono oggi il sapere antropologico hanno avuto origine grazie alla ricerca speculativa dell'Ottocento. L'uso spregiudicato del metodo comparativo e la teorizzazione su larga scala, mirata alla ricerca delle somiglianze più che delle differenze, consentì loro di giungere a conclusioni valide anche oggi, tralasciando ciò che è errato. I ricercatori dell'Ottocento posero come centrale il problema dell'ordine sociale e politico per comprendere quali fossero gli elementi costitutivi delle diverse società in un determinato stadio del loro sviluppo e per capire come avessero avuto origine e potessero trasformarsi con il mutamenti, di cui erano da ricercare le cause, dei loro istituti fondamentali. J.J. Bachofen, J.F. McLennan e altri studiosi si cimentarono su questi argomenti, sull'origine e lo sviluppo dell'organizzazione sociale primitiva, basata, secondo loro, sui rapporti di parentela e affinità, e si servivano di queste basi etnografiche per spiegare l'origine del potere e della società di tutta l'umanità. Le conclusioni potevano essere però discordanti tra loro: per Maine la società originaria era patrilineare e patriarcale. Per Bachofen invece venne prima quella patriarcale per via del superiore senso religioso delle donne, soppiantata dal patriarcato per la ribellione degli uomini. McLennan sosteneva che inizialmente vi fosse una certa promiscuità sessuale e la parentela fosse determinabile solo per via matrilineare, e che fu inventata la poliandria per sopperire alla mancanza di donne, le orde si frantumavano e ci si scambiava le donne (McLennan conia i termini esogamia ed endogamia). Non sempre questi studiosi esplicitano chiaramente gli stadi di sviluppo e le loro caratteristiche, ma il procedimento appare sempre lo stesso: Si prende in considerazione un aspetto (in questo caso l'assetto sociale basato sulla parentela e il matrimonio) e se ne seguono gli sviluppi dall'inizio allo stadio finale, quello in cui vivono gli studiosi stessi, considerato il massimo della perfezione. Il materiale etnografico veniva usato per provare questi concetti e talvolta veniva fortemente decontestualizzato.
Francesco Viola ( 1942), professore ordinario di filosofia del diritto, lavora presso il Dipartimento di Studi su politica, diritto e società dell'Università di Palermo ed è condirettore della rivista "Ragion pratica" della casa editrice Anabasi. Ha pubblicato numerosi articoli sulla scienza e sull'interpretazione giuridica, sui rapporti tra etica e diritto e sui problemi dell'identità culturale e del riconoscimento politico. Ha scritto libri sul pensiero di Hobbes, sul concetto di autorità nel diritto, sui diritti dell'uomo e sulla filosofia ermeneutica.
Analisi dell'opera di Giovanni Botero "Della Ragion di Stato" nel contesto culturale del 16° secolo e in risposta a Machiavelli.
breve biografia di Renè Magritte e analisi dei dipinti: la condizione umana ; la condizione umana II