Presentazione del libro Laura Ambrosini, Evan Gorga al CNR. Storia e immagini di una collezione, CNR Edizioni, Roma 2013. (original) (raw)
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Etruscologa, Ricercatrice presso l'Istituto di Studi sul Mediterraneo Antico del Consiglio Nazionale delle Ricerche e Professore a contratto di Etruscologia e Antichità Italiche presso l'Università di Napoli Federico II. Allieva di Giovanni Colonna, è stata per venti anni Collaboratrice della Cattedra di Etruscologia e Antichità Italiche della Sapienza-Università di Roma. Ha pubblicato cinque monografie e più di centodieci articoli in riviste scientifiche, atti di convegni e capitoli di libri. Tema del volume è lo studio di un cospicuo gruppo di materiali della Collezione del celebre tenore Evan Gorga (1865-1957), concessi in deposito alla Presidenza del CNR tra il 1977 ed il 1978, a seguito della richiesta presentata al Ministro dei Beni Culturali, Mario Pedini dall'allora Presidente del CNR, Prof. Ernesto Quagliarello. La pubblicazione fa seguito alla nuova sistemazione che la Collezione ha ricevuto nella Presidenza del CNR, per volontà dell'attuale Presidente Prof. Luigi Nicolais e curata dalla Dott. Laura Ambrosini del CNR-ISMA. Ancora attuale ed interessante, come dimostra anche la recente mostra sulla sua collezione curata dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, è la figura del Gorga, affetto da una "divorante passione collezionistica", al limite del patologico, che lo portò a stipare migliaia di reperti in ben dieci appartamenti affittati allo scopo in via Cola di Rienzo 285 in Roma, nei pressi della sua abitazione.
Ritratti di donne: una Storia di esperienze. Saggi per Paola Guglielmotti, 2024
Il contributo prova a delineare il ritratto di una donna che porta un nome germanico orientale, Egenanda, menzionata nel testo di un papiro documentario latino finora sconosciuto, che è stato di recente edito, tradotto e commentato dall’autrice del contributo in collaborazione con Teresa De Robertis e Stefano Zamponi. Il frammento, databile al secolo VI d.C. proveniente con ogni probabilità dalla Sicilia – il che farebbe di Egenanda una ostrogota – conserva parte di un testo più ampio, organizzato in forma di elenco, che descrive materiale documentario vario. Per la presenza di termini e fenomeni mai finora attestati nell’Occidente tardoantico in tradizione diretta, esso rappresenta una testimonianza scritta di assoluto rilievo. Le peculiarità che riguardano la menzione di Egenanda, a partire dal suo stesso nome, e gli aspetti straordinari del suo contesto di trasmissione si incrociano come in un gioco di specchi riflessi. The article aims to outline the portrait of Egenanda, a woman bearing a name of East Germanic origin, who is probably an Ostrogoth attested in a Latin documentary papyrus hitherto unknown and recently edited, translated and commented by the Author of the article in collaboration with Teresa De Robertis and Stefano Zamponi. Dating to the sixth century AD and likely coming from Sicily, the fragment preserves part of a larger text that was organized in the form of a list reporting various kinds of documentary material. Given the presence of terms and phenomena hitherto not attested in the late antique West in any direct tradition, it constitutes a written testimony of extraordinary importance. The peculiarities involved in the mentions of Egenanda, starting from her name, and the extraordinary aspects of their context of transmission meet like in a reflecting mirror game.
storiografia dell'opera ha subito una svolta importante. Intorno alla ricchissima collezione Rolandi, giunta nell'isola il 9 maggio 1957, e grazie ai convegni annuali sul melodramma, promossi da Gianfranco Folena dal 1972, una fitta schiera di studiosi, compresi quanti scrivono di musica o di teatro in Partenope sul lido etrusco, libretto
Il Capitale Culturale, 2024
Nel 1904 «Nuova Antologia» ospita un contributo della marchesa Laura Gropallo (1872- 1937). Genovese, scrittrice e giornalista, ricordata dal poeta Eugenio Montale suo concitta- dino, redattrice della rivista «Cultura», cugina del collezionista e conoscitore d’arte Guido Cagnola, amica intima di Bernard Berenson fin dai suoi primi soggiorni italiani e anche nota per il volume Autori italiani d’oggi (1903), la nobildonna diede alle stampe un precocissimo profilo dello studioso di origini lituane, soffermandosi sugli aspetti metodologici e sulle teo- rie estetiche alla base del suo lavoro. L’analisi condotta da Gropallo sugli studi di Berenson, sino a comprendere l’edizione di The drawings of the Florentine Painters (1903), può anche essere considerata la spia di un rapporto duraturo del noto storico dell’arte con la Liguria. Qui Gropallo abitava nella cittadina rivierasca di Nervi, a poca distanza da Genova, in una villa dove Willhelm Suida, nel 1906, vide persino una Lucrezia ritenuta del Bramantino.
La quarta mostra della Rassegna "Arte contemporanea-Lavori in corso" è dedicata alla figurazione. Dieci artisti di generazioni diverse, attivi a Roma, che si sono espressi con tecniche differenti nell'ambito del gusto figurativo. Questo testo non pretende di essere un saggio storico-critico, come quelli che l'Autrice ha scritto per gli altri cataloghi, ma una risposta dovuta a Cesare Vivaldi e a Marco di Capua, che pur avendo accettato di scrivere nel catalogo e ben conoscendo i nomi degli artisti invitati alla mostra, si sono appropriati dell'occasione per esprimere - all'interno dello stesso catalogo -un dissenso assai bizzarro rispetto a questa Rassegna. Il vero saggio critico nel catalogo, dal titolo Frammenti, è a firma di Cinzia Virno
C’è stato un tempo in cui le persone viaggiavano anche a piedi – e comunque fino a poco più di cinquant’anni fa in maniera spesso disagiata – per rendere visita a luoghi e a opere d’arte; poi, quasi paradossalmente nell’epoca dei facili spostamenti, hanno cominciato a viaggiare le opere per ricomporre, a volte in decontestualizzati altrove, storie e immaginari lontani dai luoghi della loro memoria storica. Qualche volta queste ‘ricomposizioni’ hanno dato esiti sensazionali consentendo di ricostruire intere collezioni disperse, il percorso fino ad allora frammentario di un singolo autore oppure approfondendo lo studio di periodi o di movimenti storico-artistici conosciuti in forma frammentaria. Altre volte abbiamo assistito purtroppo a improbabili quanto inutili puzzle, improntati dall’unico criterio di attirare il pubblico. In un futuro prossimo, si rischia che il viaggio diventi virtuale, e delle persone e delle opere: attraverso sofisticate tecnologie si andrebbe a perdere il contatto diretto con le opere, le quali saranno sostituite dalla loro stessa icona. E’ vero che la fotografia delle opere d’arte è uno strumento di studio; basti pensare a quello che significò il fondo di Aby Warburg negli anni tra le due guerre, in particolare dal 1933 quando fu trasferito a Londra dalla Germania a causa del nazismo e ai contemporanei studi di Erwin Panofsky, emigrato negli Stati Uniti in quegli stessi anni e per gli stessi motivi. Costretto all’allontanamento anche dalle opere sulle quali stava lavorando Panofsky si avvalse prevalentemente di riproduzioni fotografiche per fondare la disciplina iconologica. Ma è altrettanto vero che, oggi, non si può conoscere o studiare soltanto attraverso la fotografia. Ci dovrebbe essere un solo hic et nunc per il fruitore: quello in cui senza intermediari sta al cospetto dell’opera. La negazione della diretta conoscenza dell’opera d’arte, la scorciatoia di venirne a contatto soltanto attraverso la sua riproduzione virtuale, più o meno fedele, fa pensare alla tradizione orale, alla libera interpretazione dei fatti che si tramandavano per generazioni, ma per necessità, gli analfabeti. Sottraendo il testo non può che darsi una versione adattata e quindi distorta. Certo è maggiormente stimolata la fantasia. Ma se, come ben sappiamo, l’opera stessa è il testo, per quale motivo distorcerne la lettura? In primo luogo nessun’opera visiva riprodotta e trasmessa via cavo assomiglierà mai a se stessa e la perdita dell’originalità inficerà qualsiasi osservazione e qualsiasi esegesi. In secondo luogo la fantasia non attiene alla disciplina storico-artistica, né alla sua fruizione, semmai alla sua produzione. Ma abbiamo ben visto quanto la diffusione massificata e la cosiddetta semplificazione dei linguaggi abbiano implementato anche il numero dei sedicenti artisti. I curatori di Incontri reali mi correggeranno se sbaglio, ma mi è sembrato di riconoscere anche queste ragioni nello speciale interesse che il progetto ha suscitato in me fin dalla prima edizione, nel 2001, dedicata a cinque capolavori della pittura e della storia dell’arte moderna. Al pubblico e agli studi sono proposte non soltanto la visione e quindi la conoscenza diretta di opere antiche, moderne e contemporanee, ma il loro essere parte di collezioni pubbliche, dunque la loro storia. E’ la prima volta, dalla sua riapertura al pubblico, che la Galleria Comunale d’arte moderna e contemporanea di Roma presta un nucleo tanto cospicuo di opere così importanti. E ciò accade, accanto ai motivi che ho appena esposti, per far conoscere una raccolta che ha sofferto anni di disagio, dalla sua istituzione al 1995, quando finalmente, dopo un lungo e assai complesso lavoro di riordino, di catalogazione e di restauri, che ho avuto l’onore di dirigere, le collezioni sono state riunificate e, sia pure soltanto in parte, aperte al pubblico. La decisione del prestito è stato agevolata dal prestigio della sede ospitante, il Centro Trevi, che ha promosso e curato iniziative rilevanti e di qualità: tra le altre, Un Paese unico. Italia, fotografie 1900-2000, la mostra e le manifestazioni culturali intorno alla figura di Pier Paolo Pasolini e, ancora, Mutamenti e analogie, la rassegna sui non luoghi della cultura. Per questa mostra la Galleria Comunale ha scelto 57 opere, tra dipinti e sculture, fino agli anni Cinquanta. Si offre, ovviamente, una visione parziale rispetto agli oltre cinquemila numeri che costituiscono l’inventario della Galleria, ma si raccontano le vicende della costituzione delle raccolte e il loro incrementarsi attraverso alcuni degli autori e dei movimenti, strettamente collegati tra loro, che delineano con chiarezza la storia dell’arte figurativa italiana fino ai primi anni del secondo dopoguerra.
Scripta Edizioni, Verona, 2023
La ricerca ha avuto origine dal fortunato ritrovamento di alcuni esemplari postillati del catalogo della prima asta milanese (1916) di Alfredo Geri, l'antiquario fiorentino divenuto celebre per avere contribuito alla restituzione al Louvre della "Gioconda" di Leonardo, dopo il furto del 1911. L'incanto era relativo alla collezione di un «eminente patrizio bergamasco» che viene ora identificato in Costanzo Cagnola (1867-1925), cugino del più noto Guido (1861-1954), l'animatore della raccolta ancora oggi custodita nella Villa Cagnola di Gazzada (Varese). Avvocato-imprenditore, ricordato come «scapestrato, bugiardo e simpatico», Costanzo fu costretto a vendere la collezione che aveva raccolto dalla famiglia e dai Lattuada di Casatenovo (Lecco), parenti da parte della moglie. La dispersione inizia con l'alienazione, nel 1912, al banchiere e filantropo americano John Pierpont Morgan di quasi tutti i rilievi della bottega degli Embriachi provenienti dalla Certosa di Pavia e ora al Metropolitan Museum di New York. Nel volume si seguono le tracce di alcune delle opere più rilevanti della collezione, quasi tutte conservate nella dimora milanese di Costanzo, il Palazzo Stampa di Soncino Borgazzi, e – in seguito all'asta e passaggi successivi – confluite in raccolte private o musei internazionali. Tasselli per riannodare le fila di un considerevole episodio di collezionismo lombardo tra Otto-Novecento, rimasto sino ad oggi inesplorato.