RIVISTA DI DIRITTO CIVILE (original) (raw)

L'ALTRO DIRITTO RIVISTA

L’ALTRO DIRITTO RIVISTA Carcere, devianza, marginalità e governo delle migrazioni, 2019

The paper discusses the legal aspects of the Italian criminal law governing assisted suicide from a European perspective, starting with an analysis of the relevant European Court of Human Rights’ case law. As a matter of facts, the European Court of Human Rights has developed a quite cautious case law, affirming and reiterating that no right to die, whether at the hands of a third person or with the assistance of a public authority, can be derived from Article 2 of the Convention. At the same time, this same Court has introduced the principles of personal autonomy and human dignity, which seem to be the most dynamic perspectives for future developments of the case law on this subject. The Italian case shows to which extent the judicial power is actively engaging in a redefinition of the rights connected to end of life issues, covering for the idleness of the policy makers.

IL DIRITTO CIVILE E LA LAICITÀ

Sui mobili confini del diritto Tra pluralità delle fonti ufficiali e moltiplicarsi di formanti normativi “di fatto” Scritti in onore di Massimo Paradiso, 2022

SOMMARIO: 1. Laicità inclusiva e pluralismo valoriale nei rapporti fra privati. – 2. Il principio di laicità fra libertà e solidarietà. – 3. Le due ondate di secolarizzazione nel diritto di famiglia. – 4. Segue. Secolarizzazione e diritti umani. – 5. Le nuove sfide alla laicità: il modello islamico di famiglia e il poliamore.

ANNO LXV -N. 4 PUBBLICAZIONE BIMESTRALE RIVISTA DI DIRITTO CIVILE

SOMMARIO: 1. Premessa. -2. La situazione giuridica facente capo al legittimario prima dell'apertura della successione: aspettativa di fatto o aspettativa di diritto? -3. Sulla possibilità per i terzi creditori del legittimario di impugnare le disposizioni testamentarie che eludano in qualche maniera il diritto alla quota di riserva. Prospettazione del problema. -4. Prevalenza della libertà del testatore e della esigenza di tutela dell'interesse della famiglia rispetto agli interessi dei creditori dei legittimari.

CIVILTÀ COMUNALE, 7. LA RISCOPERTA DEL DIRITTO

2016

La civiltà comunale è strettamente legata a una istruzione diffusa, che consente un largo impiego della scrittura su ogni fronte. Si sviluppa così una cultura dello scritto che spazia dagli aspetti pratici all'elaborazione letteraria più complessa, dall'atto notarile sino alla compilazione che racconta la storia della città. Lo sviluppo degli studia, sul gradino più alto dell'istruzione, si legò strettamente alla riscoperta del diritto romano, in base alle esigenze sempre più vive di rafforzare l'attività legislativa e giudiziaria delle città. Attraverso lo studio del diritto, naturalmente, non si mirava solo a risolvere questioni di natura pratica, ma si aspirava a esemplare le istituzioni cittadine sul modello della res publica romana. Fondamentale fu la sempre più ampia diffusione del Corpus Iuris Civilis, che l'imperatore Giustiniano curò negli anni 533-554. Tra le quattro parti di questa enorme raccolta di leggi, il Digesto, in particolare, fu assai studiato, poiché presentava in modo sistematico estratti di sentenze, molto utili per affrontare l'applicazione delle norme. Già nel 1070 un manoscritto del Digesto è presente a Pisa, che fu l'apripista nel rinnovamento degli studi giuridici. Bologna acquisì ben presto un ruolo di primo piano in questo settore grazie all'opera del giudice Irnerio, attivo negli anni 1112-1125, e di lui ci rimangono le sole glosse, ossia le annotazioni apposte al margine dei testi legislativi. Egli era un professionista che si prestava agli studi giuridici, ma ben presto si formarono dei doctores in materia di diritto che anteponevano l'insegnamento all'attività sul campo. Tali furono i «quattro dottori» (Bulgaro, Martino, Ugo, Jacopo) che in occasione della dieta di Roncaglia (novembre 1158) formularono un parere a favore di Federico Barbarossa in merito alle sue pretese fiscali (iura regalia) sulle città padane. I doctores si appellarono al diritto romano come a uno ius commune, che doveva cioè essere riconosciuto da tutti, il che comportava la sua superiorità sullo ius proprium, vale a dire sul diritto esercitato dalle città sulla base delle proprie consuetudini. Il consiglio fornito all'imperatore fruttò un privilegio che pose le premesse allo statuto dell'università di Bologna. Questa posizione di principio così netta sarebbe stata poi progressivamente superata grazie a un'elaborazione sempre più attenta delle leggi e dei regolamenti, in modo che le norme locali (presto raccolte negli statuti municipali) fossero indirizzate verso livelli di qualità degni di un codice. D'altronde sin dagli anni 1130 una realtà come Milano, sia pure sprovvista di una università, poteva vantare dei legislatori che si basavano sul Corpus giustinianeo, dapprima per la risoluzione dei processi, e in seguito per l'elaborazione delle norme statutarie. La già citata Pisa ma anche Pavia,