Gli estimi padovani tra XVI e XVII secolo (original) (raw)

Le sommosse degli studenti padovani nel Settecento

Historia Regni, 2022

Riccardo Pasqualin, Le sommosse degli studenti padovani nel Settecento, in «Historia Regni», 27 aprile 2022: https://www.historiaregni.it/le-sommosse-degli-studenti-padovani-nel-settecento/

Le visite pastorali dei vescovi capodistriani tra il XVII e il XVIII secolo

2020

Le visite pastorali dei vescovi capodistriani tra il XVII e il XVIII secolo Le visite pastorali, importante strumento nelle mani dei vescovi per la conoscenza della diocesi a loro affidata, costituiscono per gli studiosi una rilevante fonte, che fornisce diverse informazioni che spaziano dalla storia religiosa a quella sociale ed economica, alla storia dell'arte e dell'ambiente. Mediante la lettura, lo studio e l'analisi degli atti visitali si può venire pertanto a conoscenza dei diversi aspetti della storia della chiesa locale, e, più in generale, dell'intera comunità, ma anche dei principi ispiratori e degli interessi specifici dei singoli vescovi, come pure dei loro interventi operati per gestire in modo più incisivo la realtà diocesana. Con il presente studio si è cercato di approfondire le conoscenze concernenti la storia della diocesi di Capodistria (sia dal punto di vista pastorale sia da quello amministrativo e burocratico), nel periodo compreso tra la seconda metà del Seicento e la prima metà del Settecento, mediante lo studio e l'analisi di questa particolare fonte e di altri documenti ad essa strettamente legati (ad esempio le relazioni ad limina). Concretamente sono stati analizzati i verbali delle visite pastorali compiute, in ordine di successione, dai seguenti vescovi capodistriani: Paolo Naldini (1686-1713), Antonio Maria Borromeo (1713-1733) ed Agostino Bruti (1733-1747). La diocesi di Capodistria, nel periodo preso in esame, conobbe, nonostante il perenne problema della scarsità dei mezzi, uno sviluppo importante, che si concretizzò con la costituzione e l'avvio del seminario vescovile, con la convocazione di diversi sinodi e con l'imponente lavoro di restauro della cattedrale. Grazie alla costanza e alla diligenza dei vescovi giustinopolitani, si sono potuti evidenziare dei concreti segni di miglioramento nella pratica sacerdotale e nelle sacre funzioni. Sicuramente le ripetute visite svolte dai presuli, sono state molto importanti in quanto tese pazientemente a migliorare l'efficacia dell'azione pastorale.

La tradizione padovana del De vulgari eloquentia

La tradizione "padovana" del De vulgari eloquentia Da quando nel 1896 Pio Rajna e un cinquantennnio dopo Giuseppe Billanovich proposero un'origine padovana per due dei tre codici relatori del De vulgari eloquentia (da qui in avanti Dve), vale a dire il ms. 1088 della Biblioteca Trivulziana di Milano (= T) e il ms. 580 della Bibliothèque municipale di Grenoble (= G), nessuno studioso ha messo in dubbio, o quantomeno avanzato perplessità, riguardo a questa localizzazione 1 . Le prove sarebbero, secondo quanto scrive Billanovich, «la lezione, la grafia, i possessori antichi, le note, i luoghi dove furono ritrovati» 2 . In realtà nelle pagine seguenti Billanovich non si occupa della lezione e della grafia dei codici, limitandosi a prendere in esame solo i punti successivi, a partire dai possessori antichi. Grande attenzione in particolare è rivolta a T, che a c. 30v, registra alcune note di possesso di cittadini padovani: «Liber iste Bartolomey de Zambellis dicitur esse» e soprattutto poco sotto: «Hic liber Est Iacobi M. Clementis Padue Causidici». I personaggi evocati sono Bartolomeo Zambelli e Giacomo Clementi, quest'ultimo notaio a Padova du-

Le signorie dei Rossi di Parma tra XIV e XVI secolo

in quegli anni aveva assunto un marcato carattere di assise feudale), ricordò a Galeazzo Maria Sforza «che li feudatarii sono pur una potissima parte del stato vostro et de li quali V.E. in ogni caso se può assay adiutare; ma quando pur a V.S. paresse che a le communitade se compiacesse de qualche cosa, ricordamo ch'el se porìa prendere et servare quella mezanitade in questo facto la quale altre volte, cum licentia et consenso de V.S., nuy ordinassimo et scripsemo se dovesse servare». ASMi, Sforzesco 885, 1468 luglio 12, Milano. 9 Per le relative indicazioni bibliografiche rinviamo al contributo di Giuseppa Zanichelli in questo volume, non senza segnalare il bel lavoro di t.

Stranieri nella Cagliari del XVI e XVII secolo

La felice posizione della Sardegna al centro del Mediterraneo ha sempre favorito l’arrivo e la permanenza di quanti, provenienti da tutte le parti del Mediterraneo, intendessero esercitarvi un’attività economica, finanziaria, commerciale, imprenditoriale, artistica, di cui purtroppo non è certa l’esatta dimensione. Dai documenti in nostro possesso, sappiamo che le relazioni commerciali via mare erano intense con i porti spagnoli, catalani - Barcellona in testa - , valenzani, baleari, con i porti tirrenici italiani, Genova, Livorno, Napoli, Trapani in primo luogo, con quelli provenzali, Marsiglia e Nizza, e con Venezia. Oltre ai mercanti arrivarono nell’isola anche numerosi artisti, pittori e scultori ed artigiani spesso legati al mondo dell’arte, che, insieme ai sardi, produssero statue, retabli ed affreschi, tabernacoli, pulpiti per abbellire le chiese parrocchiali di tutti i centri dell’isola.

la nobiltà napoletana negli arazzi e nei ricami del XVII secolo

Dimore signorili a Napoli. Palazzo Zevallos Stigliano e il mecenatismo aristocratico dal XVI al XX secolo, 2013

Nel corso del XVII secolo la più alta nobiltà napoletana propagandò l'immagine dei suoi avi più insigni attraverso arazzi e panni ricamati destinati all'arredo delle loro dimore.