CURRICULUM. ITALIANO (original) (raw)
(2018) LETTERATURA ITALIANA. MANUALE PER STUDI UNIVERSITARI (I)
LETTERATURA ITALIANA. MANUALE PER STUDI UNIVERSITARI. Dalle origini a metà Cinquecento, 2018
I due volumi propongono un racconto della storia della letteratura italiana, dalle sue Origini fino alla fine dell’Ottocento, attraverso la selezione di autori e questioni fondamentali. Articolato in dieci epoche, il manuale si propone come uno strumento mirato agli studi universitari; offre dunque una trattazione avanzata dei momenti principali della tradizione letteraria, intrecciando in modo equilibrato la discussione storica con una lettura approfondita dei testi più rappresentativi. Uno spazio significativo è infine riservato ai classici maggiori, presentati e commentati in capitoli autonomi (10 nel primo volume, 10 nel secondo), e individuati come testi decisivi per il definirsi di un’identità culturale italiana.
STUDI DI GRAMMATICA ITALIANA VOLUME XXXIV
Il saggio illustra un uso particolare di Mica presente nei dialetti irpini, a partire da alcune osservazioni svolte a San Mango sul Calore (Avellino) e da informazioni presenti in qualche vocabolario.
DSA, BES, ADHD… Chi sono costoro? E’ proprio parafrasando una frase dei tanto amati e odiati ‘Promessi Sposi’ che riesco a rendere bene la mia prima reazione a questi acronimi. Non ne avevo mai sentito parlare, fino a quando, avvicinandomi timidamente all’insegnamento, ho saputo che nel mio corso vi era un DSA. Da quel momento ho iniziato a documentarmi e i miei ristretti orizzonti di insegnante che distingueva soltanto tra ‘ragazzi portati per la materia e diligenti’ e ‘ragazzi meno portati, ma forse più che altro svogliati’, si è capovolto. Tutto quello che ho imparato sulle normative e sulle forme di tutela di questi apprendenti, l’ho inserito nel primo capitolo, dove fornisco un quadro generale, assolutamente non esaustivo, delle normative più recenti in materia, come la legge 170 e la D.M. del 27/12/2012 per quanto concerne l’Italia e le leggi nei due Paesi presi a campione che vantano la legislazione più esaustiva in materia: Stati Uniti e Regno Unito. Nel secondo capitolo ho pensato di focalizzare l’attenzione sulla presenza di studenti affetti da DSA a livello universitario, in un percorso di studi di Scienze della Mediazione Linguistica, perché sempre più spesso noi docenti siamo impreparati di fronte a questi disturbi e non sappiamo come adattare il materiale proposto alla classe, per far sì che la didattica non ne risenta e che tutti possano partecipare in egual misura alla lezione. Ho spiegato, dunque, cosa si intende per ‘interprete di comunità’, qual è la funzione del docente – mediatore e quali possono essere i macro-problemi che lo studente che soffre di questi disturbi si trova a dover affrontare, in particolar modo nella traduzione scritta dove ‘le parole scatenanti’ la fanno da padrone. Ho finito poi il mio lavoro con due proposte di unità didattiche, rispettivamente per la mediazione orale e per la traduzione scritta, cercando di ‘anticipare’ le difficoltà e proponendo, attività che stimolino sia il ciclo fonologico, sia il taccuino visuo-spaziale; componenti fondamentali, dell’altrettanto indispensabile memoria di lavoro.
1. Testi di circolazione manoscritta 2. Testi stampati 3. Modello comunicativo elettronico (problemi: fruizione del testo, limitati tempi di conservazione)
MANUALE DI LINGUISTICA E DI GRAMMATICA ITALIANA
recensione a Prandi, De Santis, Manuale di linguistica e grammatica italiana, 2021
apparsa anche la prima edizione di Le regole e le scelte del linguista pavese Michele Prandi, volume rivoluzionario e capace di condensare nel felicissimo titolo una visione innovativa secondo cui la grammatica non è fatta solo di regole, prescrittive o descrittive che siano, ma anche, e in buona parte, di scelte, con le quali il parlante seleziona, «all'interno della gamma di risorse che la lingua ci offre, i mezzi di espressione» che gli appaiono più adatti ai suoi scopi comunicativi (Prandi, 2019: XXIX). Da allora il binomio regole e scelte compare in moltissime pubblicazioni di tipo linguistico. Nel 2011 era poi uscita la seconda edizione del volume, con un sottotitolo: Le regole e le scelte. Manuale di linguistica e di grammatica italiana, che introduceva importanti novità, destinate in particolare a rendere la grammatica più fruibile per il pubblico degli studenti universitari e a far dialogare maggiormente due discipline un po' distanti, così come suggerito dal sottotitolo. La collaborazione di Cristiana de Santis-esperta di didattica della grammatica-comportava infatti l'introduzione di box di approfondimento, rubriche e titoletti a margine che facilitavano la lettura, oltre ad un utile apparato di esercizi e verifiche. Ora, intensi anni di studio, trasmissione e rielaborazione del pensiero, assieme ai suggerimenti ricevuti dagli utenti, hanno spinto i due autori ad un'ulteriore operazione editoriale, bipartita. Da un lato, nel 2019 è uscita la nuova versione del Manuale di linguistica e di grammatica italiana, pensata dai due autori, in particolare a fini didattici, dall'altro, nel 2020 è stato pubblicato Le regole e le scelte del solo Michele Prandi, privo della mediazione didattica e quindi non diretto esplicitamente a studenti. Se Prandi, De Santis 2019 è la seconda edizione del manuale Prandi, De Santis 2011 ed è esplicitamente dedicato alla didattica, Prandi 2020 si presenta come la seconda edizione della monografia di Prandi 2006 (Prandi, 2020: XVII): rinuncia quindi all'apparato didattico, che viene sostituito da alcune importanti pagine di riflessione teorica. Qui mi soffermerò in particolare sull'edizione del 2019, più indicata per il pubblico di insegnanti e studenti universitari cui si rivolge la rivista in cui scrivo, non senza qualche piccolo confronto con quella del 2020. Rispetto a quella del 2011, l'edizione del 2019 è stata profondamente rivista. Le principali novità riguardano l'aggiunta del capitolo 2, La lingua italiana tra norma ed usi, dedicato alla sociolinguistica, interamente elaborato da Cristiana De Santis, ed il re-inserimento della parte VIII, La valorizzazione estetica della lingua: le figure, presente nell'edizione 2006 ma nel 2011 spostata online. Prandi l'ha però approfondita sulla base degli studi compiuti per la monografia del 2017, Conceptual Conflicts in Methapors and Figurative Language. Si nota poi la maggior condensazione di alcuni capitoli, lo spostamento di verifiche, esercizi ed analisi di testi nel materiale online (nel sito dell'editore), e l'aggiunta di nuovi box che chiariscono concetti spinosi, riflettono sul rapporto tra grammatica e
STORIA DELLA SCUOLA ITALIANA (Fabrizio Dal Passo
Capitolo Primo Il sistema scolastico dalla fase preunitaria all 'Italia unita (1848'Italia unita ( -1948 1 STORIA DELLA SCUOLA ITALIANA (Fabrizio Dal Passo) 1. Nascita del sistema scolastico italiano Nella penisola italiana del XVIII secolo, l'insegnamento elementare e medio appare una diretta conseguenza della precettistica privata, più che una reale istituzione pubblica. Dalla seconda metà del '700 si manifesta, al contrario, un'attenzione maggiore all'organizzazione della scuola pubblica, anche a livello popolare, specie con i progetti di riforma illuministici. Oltre ai tentativi di riforma dell'istruzione superiore, viene impostata una politica scolastica aperta al popolo, nella quale si distingue per prima la Lombardia di Maria Teresa, seguita dagli altri Stati italiani. I principi diventano i portatori di un nuovo concetto di Stato laico ed autonomo, sganciato dal controllo ecclesiastico (sotto questo aspetto l'abolizione della Compagnia di Gesù nel 1773 diede un contributo decisivo). Tuttavia, i problemi a cui si doveva far fronte erano enormi: le condizioni miserevoli del popolo, la mancanza dei maestri, gli scarsi investimenti statali e l'assenza quasi totale della didattica, unite ad una coscienza ancora poco chiara della funzione civica dell'istruzione, resero vani i numerosi tentativi dei sovrani illuminati. A partire dalla Rivoluzione francese, con il nuovo assetto dell'Europa dopo il periodo napoleonico, con l'estendersi della rivoluzione industriale, con l'accentuarsi del ruolo statale nel settore della pubblica istruzione anche ai fini del governo della società, con l'acquisizione della coscienza degli effetti della scolarizzazione sulla dinamica sociale, il quadro generale degli orientamenti dell'istruzione pubblica cambia notevolmente. La scansione delle possibili presenze scolastiche si estende dalle scuole infantili all'università; in questo periodo nasce la diversificazione delle funzioni della scuola elementare da quelle della scuola media, al cui interno si accentua la separazione tra gli indirizzi professionali e quelli umanistici-letterari (licei) e si fanno più diffusi i tentativi di operare correttivi didattici per rendere più vivibili e interessanti gli studi e la scuola. L'Italia giacobina elimina, almeno temporaneamente, la concezione dell'educazione come precettistica privata per sostituirvi il concetto di formazione sociale, di cui deve interessarsi lo Stato fin dalla scuola popolare. D'altronde, è proprio nel triennio giacobino che si diffonde l'idea del citoyen come parte attiva per la costruzione ed il mantenimento dello Stato. In Italia è esemplare l'opera di Vincenzo Cuoco (1770-1823) Rapporto al Re G. Murat per l'organizzazione della Pubblica istruzione (1809) non tanto per gli esiti, purtroppo non efficaci, ma per le motivazioni e l'impianto didattico (1) . L'intersezione tra soggetti e gruppi sociali, tra divisione scolastica e differenziazione culturale diventa sempre più stretta. Cuoco insiste sul fatto che «l'istruzione, perché sia utile deve essere: 1. universale; 2. deve esser pubblica, 3. deve esser uniforme»; ma propone «la divisione dell 'istruzione pubblica in sublime, media, elementare: o volendo usare il linguaggio comune, alta, secondaria, primaria» (2) . Non si tratta solo di moderatismo, di pregiudizi: il modo di impostare i problemi, di comprendere le relazioni tra stratificazione sociale e gerarchie scolastiche, di concepire l'educazione e l'istruzione come strumenti emancipatori, non deve travalicare la questione del ruolo stesso dell'istruzione: il popolo, non avendo alcuna funzione nell'esercizio del potere esecutivo, dev'essere istruito solo per ubbidire "ai sapienti" e da loro "trarre profitto". 1 Nel Rapporto si afferma: «È necessario che vi sia un'istruzione per tutti, una per molti, una per pochi. La prima non deve formar del popolo tanti sapienti; ma deve solo istruirlo tanto, quanto basta perché possa trarre profitto dai sapienti. Quella de' pochi è destinata a conservare e promuovere le scienze, le quali, siccome abbiamo detto, non si perfezionano se non da persone addette solamente ad esse. L'istruzione di molti ha per oggetto di facilitare la comunicazione tra i pochi ed i moltissimi. I grandi scienziati, sempre pochi, non possono essere a contatto immediato con tutto il popolo; molte loro utili scoperte non possono essere dal popolo comprese, molti precetti non sono mai eseguiti, se alla ragione non si unisce l'esempio di persona dal popolo conosciuta e rispettata. Ad ottener tutto questo sono utilissimi i proprietari, i quali con istruzione e mezzi maggiori e con maggiore autorità di esempio, dal seno della loro famiglia, sono più facilmente in contatto con gli scienziati e coi libri, e sono più efficaci a persuadere il popolo». V. Cuoco, L'ordinamento delle scuole nel Regno di Napoli, in Il pensiero educativo e politico, La Nuova Italia, Firenze, 1948, pp. 222-225. 2 V. Cuoco, op. cit., p. 225. FABRIZIO DAL PASSO, Storia della scuola italiana Capitolo Primo Il sistema scolastico dalla fase preunitaria all 'Italia unita (1848'Italia unita ( -1948 2 Con il 1848 cominciò a diffondersi un dibattito acceso sulle condizioni delle classi meno abbienti e sul diritto all'istruzione pubblica: si comprese il rapporto tra capitalismo, borghesia ed organizzazione scolastica (3) . L'istruzione inizia a confrontarsi con l'economia, i processi produttivi, il ruolo dei lavoratori, gli strati e le classi sociali. Al modello scolastico liberale, contrassegnato dalla differenziazione e dalla subalternità, è ora contrapposta una scuola funzionale al proletariato ed ai ceti meno abbienti. Un modello scolastico che si affida alla sperimentazione, ma anche alle forze, ai partiti, alle organizzazioni politiche. Se prima si trattava di gestire una società stratificata, ormai il confronto avviene all'interno dei gruppi e delle classi sociali, di impostazioni filosofiche ed ideologiche molto differenziate, tanto che gli obiettivi dei ceti e della classe liberale o, almeno, del ceto egemonico sarà duplice: controllare la mobilità sociale anche tramite il controllo della mobilità scolastica; contenere e controbattere le impostazioni ideologiche e culturali alternative rispetto al sistema. La conseguenza immediata è stata la burocratizzazione del sistema scolastico: una fitta rete di leggi, circolari e norme si infiltra negli spazi di libertà e di autodecisione. Per quanto riguarda la situazione italiana risultano esemplari le relazioni sul progetto per la riforma della pubblica istruzione nel Regno di Napoli (Rapporto sul progetto di legge per il riordinamento dell'istruzione primaria e Rapporto sul progetto di legge sulla riforma dell'insegnamento secondario) stese dalla Commissione per la Riforma della Pubblica istruzione (segretario Francesco De Sanctis), nominata in seguito alla Costituzione concessa da Ferdinando II (29 gennaio 1848), e le iniziative dell'I.R. Istituto Lombardo di Scienze, Lettere ed Arti per «promuovere lo studio di alcune proposte riguardanti lo stato dell'istruzione in Lombardia, la frequenza, la distribuzione, l'educazione». Nel Rapporto sul Riordinamento dell'istruzione primaria steso da De Sanctis viene sottolineata la differenza tra istruzione ed educazione (più legata alla religione) e si afferma che solo dall'educazione «ci sarà dato ottenere quell'amoroso consorzio degl'intelletti, che fa di tutto un popolo una famiglia di fratelli e di amici» (4) . Al secondo punto si propone che «questa sorta d'istruzione, o primaria, o popolare, o elementare che vogliamo chiamarla,(debba) essere obbligatoria e gratuita». Riguardo all'istruzione secondaria, si afferma che «esser deve preparazione non ad alcune, ma a tutte le professioni» evitando il sistema di potere che favorisce alcune professioni (medici ed avvocati) rispetto ad altre importanti, quali quelle esercitate nel settore delle arti, delle industrie, dell'agricoltura, del commercio (5) . Nella preparazione della relazione Sull'ulteriore sviluppo del pubblico insegnamento in Lombardia, Carlo Cattaneo (1801-1869) si servì di numerosi schemi, proposte, suggerimenti oltre che del materiale e delle statistiche raccolte ed elaborate nell'ambito dell'Amministrazione teresiana, ma l'insurrezione di Milano (marzo 1848) mise in discussione il lavoro della Commissione e la necessità di apportare integrazioni e cambiamenti di indirizzo. Il progetto tiene conto dei mezzi finanziari occorrenti e delle fonti a cui attingere; inoltre, il gruppo di lavoro, ed in particolare Cattaneo, muove da un'impostazione più razionale dei diversi ordini 3 Friedrich Engels (1820-1895) in La situazione della classe operaia in Inghilterra (1844) denuncia le condizioni drammatiche degli operai sotto l'aspetto morale, culturale, economico, occupazionale. Non meno negativa appare la situazione dell'infanzia, in parte abbandonata, in parte occupata nell'industria, senza l'apporto di famiglie in grado di fornire loro educazione e sostegno scolastico. Marx e Engels si facevano promotori di un'istruzione pubblica, gratuita in grado di conciliare l'educazione con la produzione materiale, specie a partire dai nove anni. La suddivisione dei fanciulli e degli adolescenti in tre classi (9-12 anni; 13-15; 16-17) prevedeva un'occupazione lavorativa con un orario adeguato alle diverse età ed un'istruzione politecnica: «Per istruzione noi intendiamo tre cose. Prima: formazione spirituale. Seconda: educazione fisica, quale viene impartita nelle scuole di ginnastica e attraverso gli esercizi militari. Terza: istruzione politecnica, che trasmette i fondamenti scientifici generali di tutti i processi di produzione, e che contemporaneamente introduce il fanciullo e l'adolescente nell'uso pratico e nelle capacità di maneggiare gli strumenti elementari di tutti i mestieri». Di contro alla tendenza a sviluppare nell'operaio «una sola delle sue attitudini a spese di tutte le altre», e, quindi, a preferire un soggetto unilaterale, veniva...
STUDI DI GRAMMATICA ITALIANA VOLUME XXIX-XXX
Direttore: Teresa Poggi Salani (Firenze) Comitato di direzione e redazione: Jacqueline Brunet (Parigi) Nicoletta Maraschio (Firenze) Francesco Sabatini (Roma) Gunver Skytte (Copenaghen) Harro Stammerjohann (Francoforte) Marco Biffi (red.; Firenze) Domenico De Martino (red.; Firenze) Periodico annuale Amministrazione: (fascicolo doppio): SOLO CARTA: Italia A160,00 -Estero A 175,00 CARTA + WEB: Italia A185,00 -Estero A200,00
DIDATTICA ITALIANO A STRANIERI PRE A 1 RELAZIONE
Relazione di Nicolò Maggio sulla masterclass della professoressa Fernanda Minuz di giorno 02/02/2107 sul tema "Didattica dell'italiano a migranti analfabeti o scarsamente alfabetizzati". Nella giornata del due febbraio 2017 si è tenuto presso i locali del Dipartimento di civiltà antiche e moderne di Messina, un'interessante corso di didattica dell' italiano a stranieri di livello pre A-1 organizzato dai professori Fabio Rossi e Fabio Ruggiano e diretto dalla rinomata professoressa Fernanda Minuz, già docente dell'University Johns Hopkins di Bologna, e grande esperta in materia. Nella prima parte della giornata la professoressa Minuz ha introdotto l'argomento dell'insegnamento della lingua italiana a stranieri, definendo un profilo degli apprendenti di livello pre A-1 (debolmente alfabetizzati), pre-alfabeti e analfabeti. Nel contesto migranti diversi sono infatti i gradi di scolarizzazione, alfabetizzazione e conoscenze linguistiche da individuo a individuo, e occorre distinguerli per approcciare nel miglior modo possibile con i soggetti apprendenti e ideare dei piani di studio ottimali per l'apprendimento della lingua italiana da parte di questi. Come appreso e specificato durante la masterclass tra gli analfabeti (lv. Alfa A1) rientrano coloro che sanno cos'è la scrittura -la loro lingua madre ha un sistema scritto -ma non sanno nè leggere nè scrivere. Un esempio valido può essere fornito dalla grande percentuale di donne marocchine non scolarizzate. Tra le caratteristiche degli analfabeti vi sono l'impossibilità a suddividere la lingua in unità morfosintattiche e la mancanza di pensiero astratto. I pre-alfabeti (lv. Pre-Alfa A1) sono invece coloro i quali non sanno leggere e scrivere ma parlano una lingua che non è nè scritta nè scolarizzata -possono avere un'idea generale delle lingue coloniali. Faticano a comprendere che un testo scritto, o anche una parola, portano un significato. Manca quindi tra i pre-alfaberi la nozione di PAROLA e di SCRITTURA, che sono intrensicamente legate. Quindi si consiglia ai docenti di basare una parte del lavoro didattico a sviluppare la nozione di scrittura e di parola, ad esempio proponendo attività che mettano in relazione rappresentazioni iconiche, fotografie, parole scritte e parole dette. I debolmente alfabetizzati rientrano nel livello pre A-1, poiché hanno ricevuto una breve scolarizzazione in lingua madre (generalmente meno di 5 anni di studi scolastici), ma possiedono insufficenti capacità tecniche di letto -scrittura, comunque non in grado di utilizzarle nella vita quotidiana. Diversamente un'alfabeta (lv. A-1) è un individuo che sa leggere e scrivere un semplice enunciato o asserto della propria vita e lo comprende. E' stato fatto osservare come l'obbiettivo fondamentale per il docente che si appresta ad insegnare la lingua italiana ad un gruppo di individui analfabeti o pre-alfabeti è sviluppare in loro la consapevolezza fonologica, ossia il saper riconoscere la corrispondenza tra lettera(grafema) e suono(fonema), poichè senza consapevolezza fonologica non vi è alfabetizzazione. Per un analfabeta è infatti impossibile suddividere la lingua in unità morfosintattiche. A differenza dagli apprendenti scolarizzati, gli analfabeti o debolmente scolarizzati hanno bisogno di elaborare (tra l'altro): A livello metalinguistico: consapevolezza della lingua come "oggetto" di osservazione, manipolazione, comparazione, sperimentazione ecc. A livello linguistico: capacità di codificare/decodificare la lingua scritta, competenza testuale, competenze socio-culturali (quando, quale lingua usare). A livello comunicativo: riconoscimento dell'evento scrittorio, riconoscimento di/ ricorso a diversi codici (iconici, grafici, numerici ecc.), convenzioni (es. ordine alfabetico)-A livello culturale: informazioni -schemi interpretativi -modi di relazione con la cultura
ITALIANO L2 AL NIDO E ALLA SCUOLA D'INFANZIA
L'articolo è rivolto agli studenti di didattica e scienze della formazione ma anche a tutte quelle insegnanti, educatrici, quei genitori che si trovano ad affrontare la questione dell’apprendimento dell’italiano come lingua seconda nella fascia d’età 0-6 anni e che sentono prioritaria l’esigenza di una maggiore conoscenza finalizzata alla tutela della “qualità”, oltre alla “quantità”, del modello di lingua offerto
This paper analyzes the linguistic variability of students' answers to the questions administered within the Invalsi tests for grade 8 in the school year 2017/2018. From a quantitative point of view, the open-ended questions were classified on the basis of the linguistic variability of the relative answers; this classification made it possible to observe different behavioral patterns and deduce general indications. From a didactic point of view, the study allows to outline focused reflections on the verbalization of answers to reading comprehension questions. From a practical point of view, the study may guide further reflection on how to formulate open-ended questions in order to reduce the variability of answers.