Archivi di disegni, disegni in archivio. Atti della giornata di studi, Università Ca' Foscari Venezia, Biblioteca Servizio didattico, Zattere, 20 maggio 2010 (original) (raw)

2012, Archivi di disegni, disegni in archivio. Atti della giornata di studi, Università Ca' Foscari Venezia, Biblioteca Servizio didattico, Zattere, 20 maggio 2010

tre la bellezza da lui riconosciuta nelle opere di Perenzuolo sembra risiedere anche nella verosimiglianza, nella aderenza al naturale, una attenzione testimoniata nel Trecento dai capolavori scultorei di Palazzo ducale: tra i capitelli e bassorilievi del palazzo, eseguiti dagli anni quaranta di quel secolo, rinvio in particolare ai capitelli con animali e all'episodio di Noè ebbro, dove appare un nudo di vecchio di altissima resa realistica nella rappresentazione del ventre molle e nella secchezza del corpo, accanto all'arbusto di vite florido, da cui pendono frutti polposi becchettati da uccelli. È una rappresentazione non sintetica, discesa dallo studio della natura e da una volontà mimetica della realtà dell'artista. Se quel pulcra tradisce la passione di Forzetta per Perenzuolo, l'insistenza nel cercare ovunque i suoi disegni («ubicumque pignorata et deposita»), colora questa passione di ossessione. Dalle vicende della successione ereditaria di Forzetta sappiamo che tra i suoi lasciti c'erano effettivamente disegni 10 : possiamo quindi dedurne che le sue intenzioni del 1335 si siano tradotte in realtà, come avvenne per i libri, certamente in gran parte posseduti alla sua morte e destinati per sua volontà a istituzioni religiose. La sua collezione artistica non ebbe la stessa sorte, dato che egli dispose di lasciarla alla Scuola dei battuti di Treviso per finanziare con le vendite doti per giovani povere. Il precoce interesse collezionistico di Forzetta non si tradusse quindi in una permanente aggregazione destinata a sopravvivergli: era troppo presto, forse, perché un insieme determinato dalle sue curiosità e da interessi pre-umanistici trovasse una collocazione pubblica proto museale. Prevaleva invece il carattere economico di quei beni, il cui valore sul mercato doveva essere elevato, se potevano garantire la creazione di doti rimettendoli in circolazione. Quella antica raccolta di disegni, che possiamo solo immaginare, andò incontro dunque ad una dispersione graduale. Diversamente, ci è giunta-tramite la pianta della civitas Veneciarum contenuta nell'opera Chronologia magna di Paolino da Venezia 11-una documentazione indiretta di un'altra prassi disegnativa sicuramente riconducibile alla pratica del governo del territorio dello stesso secolo XIV. Altre piante (successive) sono testimonianza di una tradizione cartografica in cui Venezia è presentata con visione zenitale e orientata con l'estremità orientale e il lido in alto, con una forma simile a un pesce 12 che verrà soppiantata dalle modalità di rappresentazione della città vista da sud con il fuoco su piazza San Marco, a partire dalle xilografie moderne-Reuwich ma soprattutto il de' Barbari, da cui dipenderà tutta la cartografia successiva 13-fino alle innovazioni ottocentesche. Nella rappresentazione trecentesca, più precisamente riferibile agli anni venti per la stesura del manoscritto marciano della Chronologia 14 la città è rappresentata storicamente, connotando alcuni spazi peculiari (la zona marciana sede del potere, l'Arsenale) in evidente sfasatura storicizzante, non come erano effettivamente in quel momento, ma con modalità rappresentative (le mura merlate del recinto marciano, lo specchio dell'arsenale ancora limitato alla darsena più antica, mentre era già ampliato) che le qualificano come "speciali". Ciò che emerge soprattutto in questa rappresentazione è la strutturazione urbana, con le chiese (rappresentate in facciata con i campanili addossati) che la punteggiano, costituendo i punti di aggregazione e organizzazione della vita urbana, ma soprattutto le vie d'acqua, interne e lagunari: i tratti di rio costituiscono la maglia della viabilità acquea della civitas 15 e intorno ad essa sono evidenziati con una diversa colorazione i canali principali di comunicazione lagunare e le bassure, con una verificabile coincidenza con le attuali rappresentazioni batimetriche 16. La rappresentazione quindi mira a collocare la città nello spazio agibile e percorribile e nel territorio: una o più carte tecniche dunque devono essere le fonti e i modelli riprese dall'illustratore di Paolino per l'immagine di Venezia. Lo stesso tipo di cartografia deve essere stata accessibile per le altre città (Roma, Gerusalemme, Antiochia, Acri e Ferrara) illustrate nel codice 17 , sempre con una particolare attenzione alle vie di accesso e ai principali assi di percorrenza, con una flessione "simbolica" solo per Roma. L'illustratore del manoscritto di Paolino, quindi, aveva a disposizione carte tecniche, sicuramente approntate per il governo del territorio: la rappresentazione del mondo e del territorio governato era infatti essenziale nelle sedi del potere, oltre che ovviamente garantita dagli uffici preposti 18. Molte di queste piante sono perdute, saccheggiate, disperse, proprio in virtù della loro autonoma bellezza e validità intrinseca, e a causa anche delle oggettive difficoltà di conservazione che spesso le facevano collocare distintamente dalla documentazione cui erano collegate 19. La mappa veneziana inserita nel codice di Paolino da Venezia documenta dunque ben di più della sua immagine: una prassi e un'attività disegnativa e tecnica, largamente documentata per l'età moderna 20 , ma che era ben presente anche nel medioevo.