Il fantasma dell’Unità. Riletture del Risorgimento tra Grande Guerra e Fascismo (original) (raw)

L’Alfieri di Gobetti: il profeta di un Risorgimento liberale mancato, in Il fantasma dell’unità. Riletture del Risorgimento tra Grande Guerra e Fascismo, a cura di Pellegrino Favuzzi e Alessandro Metlica, Milano, Mimesis, 2013, pp. 27-40.

Accingendosi a realizzare il progetto, lungamente cullato 1 , di fornire un'approfondita esegesi del Risorgimento, Gobetti apre il primo libro de La rivoluzione liberale con questa considerazione: «Gli ultimi fatti della vita italiana ripropongono il problema di una esegesi del Risorgimento, svelandoci le illusioni e l'equivoco fondamentale della nostra storia: un disperato tentativo di diventare moderni restando letterati» 2 . Tali parole, che escludono pregiudizialmente la possibilità che le qualità di "moderno" e "letterato" possano convivere, costringono ad interrogarsi sul senso di cui il torinese investe questi due termini.

Il Risorgimento e l'interpretazione del fascismo

Fra tutte le parole, “rivoluzione” è senz’altro quella più importante per il compito che ci siamo assunti. Essa è caratteristica del mondo moderno e della nostra epoca in particolare. De Maistre sosteneva che la rivoluzione non è un episodio, non designa un singolo evento, ma nel nostro tempo sta ad indicare un’epoca (un’epoca che egli pensava a partire dalla rivoluzione francese in poi, ma noi potremmo dire: già dal Machiavelli e dalla Riforma). Per l’Europa la “Rivoluzione” per eccellenza resta, è vero, quella francese – non tanto quindi quella americana che è da intendersi più propriamente come una guerra d’indipendenza coloniale, o prima ancora quella inglese che precedono la grande rivoluzione – e da essa si sviluppa un periodo nel quale possiamo scorgere tre momenti ...

The “Ghost” of the National Unity. Images of Risorgimento between First World War and Fascism

Il fantasma dell´Unità. Riletture del Risorgimento tra Grande Guerra e Fascismo, 2013

La rilettura ideologica e intellettuale del Risorgimento, negli anni che seguono l'Unità faticosamente raggiunta, alimenta uno dei miti costitutivi dell'identità italiana. Al processo di unificazione e d'indipendenza le fragili istituzioni del Paese risalgono con regolarità, cercandovi una legittimazione collettiva che altri esiti della Storia nazionale, non di rado traumatici, sembrano viceversa negare. Al mito dell'Unità si rivolge, soprattutto, la generazione di intellettuali che vive la cesura tra Grande Guerra e Fascismo: una generazione che insegue, nel Risorgimento -e spesso in una delle sue molteplici rappresentazioni: nel suo "fantasma" -la propria collocazione all'interno di un'Italia in rapida e drammatica metamorfosi. Ciò che ne emerge è il più ostico e paradossale tra i tratti della nostra coscienza nazionale: la drammatica pluralità dei punti di vista.

Risorgimento e identità italiana nel giallo contemporaneo

Biblioteca di Studi di Filologia Moderna

By analysing three Italian crime novels – Piero Soria’s Cuore di lupo (1999), Massimo Siviero’s Il terno di San Gennaro (1999) and Marcello Fois’s Dura madre (2001), – this essay investigates how Italian crime fiction set in present times reflects on the Risorgimento and its legacy. It argues that by referring to a crucial period of Italian history, the crime stories analysed in this chapter address an unsolved relationship between the North and the South of Italy brought to light in the 1990s by the success of controversial political parties such as the Lega Nord. In particular, I show how with Dura madre, Fois indicates a way of uniting Italy through a mutual understanding that preserves regional identities and cultures.

Massoneria e Risorgimento: fra storia e leggenda, in Gli Italiani in guerra. Conflitti, identità, memorie dal Risorgimento ai nostri giorni, vol I, Fare l'Italia: Unità e disunità nel Risorgimento, a cura di Mario Isnenghi ed Eva Cecchinato, Torino, Utet, 2008, pp. 164-171.

Il 16 maggio 1925, intervenendo alla Camera nella discussione del disegno di legge sulla regolarizzazione dell'attività delle associazioni, meglio nota come legge contro la massoneria, l'illustre storico Gioacchino Volpe affermò senza mezzi termini che dopo la caduta di Napoleone «la massoneria si era addormentata quasi nella sua generalità; che fra massoni e carbonari non c'era nessun rapporto o poco rapporto, che molti carbonari rifiutarono nettamente di essere considerati massoni». La massoneria, proseguiva Volpe, cominciò a risorgere verso il '60 e solo da allora riprese a tessere la sua rete. In questi 40 anni intermedi, la sua azione fu, in ordine al Risorgimento italiano, insignificante o nulla. Molti, i più dei patriotti, non erano massoni. Molti, fieri nemici di massoneria. Anche quelli che erano massoni, avevano operato quello che avevano operato, non in quanto massoni, ma in quanto italiani e qualche volta anche contravvenendo a cose che erano nello spirito della massoneria 1 . 04_21-impa 12-04-2008 16:24 Pagina 164